26 novembre 2007

Concistoro: il Papa insiste sul tema della collegialità (Gazzetta del sud e Quotidiano Nazionale)


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Il Papa: la collegialità fondamento della nostra missione

Giovanna Chirri
Roma

Il Papa non si può fare da solo: serve la collaborazione e l'unità con i cardinali, e da questa unità verrà la pace tra i cristiani e la possibilità di lavorare per la pace di tutto il genere umano. Con questi messaggi rivolti al "senato" della Chiesa durante il suggestivo rito per la consegna degli anelli, Benedetto XVI ha concluso la tre giorni di Concistoro, dipanatasi tra appuntamenti lavorativi e liturgici.
Il Papa – apparso stanco durante la celebrazione ma pieno di energia quando, uscito sul sagrato di San Pietro, ha pronunciato un appello per la pace in Medio oriente alla vigila della conferenza internazionale di Annapolis (da domani) – ha indicato ai cardinali un modello di collegialità e un tipo di esercizio dell'autorità papale che non chiude alle altre Chiese cristiane.
Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, ha affermato, sono stati «autentici araldi della regalità di Cristo nel mondo contemporaneo» e da tale «missione» nasce «la preghiera per la pace tra tutti i discepoli di Cristo.
È per me motivo di consolazione – ha spiegato – poter contare sempre su di voi, sia collegialmente che singolarmente, per portare a compimento anch'io tale compito fondamentale del ministero petrino».
La discussione sull'esercizio del «ministero petrino» è entrata in un documento cattolico-ortodosso e al cammino di unità delle Chiese cristiane era stata dedicata la consultazione di venerdì scorso tra Papa e cardinali.
Ai 23 nuovi porporati – che provengono da Italia, Irak, Irlanda, Germania, Spagna, Francia, Polonia, India, Stati Uniti, Kenya, Argentina, Messico, Senegal e Brasile – Benedetto XVI ha chiesto, assumendo la «più alta responsabilità» di cardinali, di lavorare e pregare per «la pace e l'unità» perché la Chiesa sia «segno e strumento di unità per tutto il genere umano». Ha poi ricordato che sull'anello ricevuto è rappresentata la Crocifissione, a cui si dovrà ispirare il loro servizio. Benedetto XVI ha personalmente infilato l'anello al dito di ogni nuovo cardinale, pronunciando la formula in latino.
Il primo a ricevere l'anello è stato il patriarca di Bagdad Emmanuel Delly, la cui «promozione» ai più alti ranghi della Chiesa cattolica ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il dramma dei cristiani iracheni e in genere dell'intera popolazione.

© Copyright Gazzetta del sud, 26 novembre 2007


Il Papa: «Lavoriamo per una sola Chiesa

Benedetto XVI si è rivolto con passione ai cardinali. Ai nuovi cardinali la consegna dell'anello

dall’inviato GIORGIO ACQUAVIVA
— CITTÀ DEL VATICANO —

TORNA sul tema della collegialità nella Chiesa e su quello della unità dei cristiani Benedetto XVI. Usa di nuovo termini impegnativi come umiltà e speranza, nella giornata in cui celebra l’eucaristia con i 23 nuovi membri del Sacro Collegio.
Consegna a ciascuno di loro l’anello della dignità cardinalizia (carico di commozione l’incerto incedere dell’anziano francescano Betti), simbolo della «più salda comunione» con la sede di San Pietro e — nella giornata in cui i cattolici, a conclusione dell’anno liturgico, proclamano la «regalità di Cristo» — spiega perché su quell’anello ha fatto imprimere la crocifissione, come «invito a ricordare di quale Re siete servitori, su quale trono egli è stato innalzato e come è stato fedele fino alla morte».

IL BRANO del Vangelo di Luca letto durante la messa raccontava del «buon ladrone» che, a differenza del suo compagno di supplizio e dei personaggi raccolti sul Golgota, riconosce nell’uomo innocente inchiodato alla croce il Signore e gli chiede di entrare «nel suo regno», ricevendo la promessa: «Oggi stesso sarai con me in paradiso». Gesù, dunque, è riconosciuto «re» proprio mentre è crocifisso e l’accusa scritta sulla tavoletta («re dei giudei») posta sulla sua testa diventa in effetti «proclamazione della verità».

È QUESTO il messaggio che papa Ratzinger affida ai fratelli cardinali («siete costantemente richiamati a dare la vita per la Chiesa») e a tutti i fedeli in ascolto, dentro e fuori la Basilica e a quanti sono collegati attraverso la tv. In Gesù crocifisso avviene «la massima rivelazione di Dio possibile in questo mondo». E su quella croce si stipula la «pace fra cielo e terra».

CHE CONCLUSIONI tirare da questa visione? La Chiesa — dice il papa teologo — «è depositaria del mistero di Cristo: lo è in tutta umiltà e senza ombra di orgoglio o arroganza, perché si tratta del dono massimo che ha ricevuto senza alcun merito e che è chiamata a offrire gratuitamente all’umanità di ogni epoca, come orizzonte di significato e di salvezza. Non è una filosofia, non è una gnosi. È il mistero di Cristo; è Cristo stesso, Logos incarnato, morto e risorto, costituito Re dell’universo».

DA QUI la responsabilità del Romano Pontefice e dei suoi cardinali: «annunciare al mondo la verità di Cristo, speranza per ogni uomo e per l’intera famiglia umana». E — dopo una affettuosa citazione dei predecessori Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II — aggiunge: «È per me motivo di consolazione poter contare sempre su di voi, sia collegialmente che singolarmente, per portare a compimento anch’io tale compito fondamentale del ministero petrino».

IL RIFERIMENTO al «nodo» del primato spinge il Vescovo di Roma a chiedere di pregare per «la pace tra tutti i discepoli di Cristo, come segno della pace che Gesù è venuto a instaurare nel mondo».
La Chiesa allora — anche al di là del «recinto» cattolico — come «la nuova Gerusalemme, ancora imperfetta perché pellegrina nella storia». Poco prima il «canto delle ascensioni» per eccellenza — il salmo 121 — aveva parlato proprio della Città Santa, che nel suo nome ebraico fa riferimento alla pace messianica (shalom) e Ratzinger propone ai cardinali una riflessione così articolata: «Avete dedicato la vostra vita al servizio della Chiesa, ed ora siete chiamati ad assumere in essa un compito di più alta responsabilità. (...) La preghiera per la pace e l’unità costituisca la vostra prima e principale missione, affinché la Chiesa sia ‘salda e compatta’, segno e strumento di unità per tutto il genere umano». Ma è «l’intera comunità cattolica» a essere «impegnata a seminare nei solchi della storia il Regno di Cristo, Signore della vita e Principe della pace».

AL TERMINE della messa e delle cerimonie per la nomina dei nuovi cardinali, provenienti da Italia, Iraq, Irlanda, Germania, Spagna, Francia, Polonia, India, Stati Uniti, Kenya, Argentina, Messico, Senegal e Brasile il Papa ha pranzato con i nuovi porporati e con tutti i cardinali convenuti a Roma per il concistoro e per l'incontro di preghiera e riflessione del 23 novembre scorso.

© Copyright Quotidiano Nazionale, 26 novembre 2007


BAGNO DI FOLLA DOPO LA CERIMONIA

«La Vergine vegli su di loro»

— CITTÀ DEL VATICANO —

SETTEMILA fedeli all’interno della Basilica, ma oltre 20mila sono rimasti fuori, in piazza San Pietro, sotto la pioggia, a seguire la messa sui maxischermi. E alla fine della celebrazione — protrattasi oltre i tempi previsti — papa Benedetto XVI è uscito sul sagrato, ancora con i paramenti sacri indosso, per la recita dell’Angelus e i brevi saluti domenicali.

«DESIDERO rivolgere — ha detto — il mio cordiale saluto a tutti i presenti, compresi quanti sono rimasti all’esterno della Basilica. Speciale gratitudine esprimo ai fedeli venuti da lontano per accompagnare i nuovi cardinali e partecipare a questo evento, che manifesta in maniera singolare l’unità e l’universalità della Chiesa cattolica. Alle distinte autorità civili rinnovo il mio pensiero deferente. Rivolgo infine un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana, convenuti numerosi nonostante la pioggia per manifestare il loro affetto e la loro devota vicinanza ai sei nuovi cardinali italiani e a tutti i neo-porporati».

«IN OCCASIONI come questa — ha concluso il Santo Padre — si sente ancor più viva la presenza spirituale di Maria santissima. Come nel Cenacolo di Gerusalemme, ella è oggi in mezzo a noi e ci accompagna in questa tappa del cammino ecclesiale. Alla Vergine vogliamo affidare i nuovi membri del Collegio Cardinalizio affinché a ciascuno di essi, come pure a tutti i ministri della Chiesa, ottenga di imitare sempre Cristo nel servizio generoso di Dio e del suo Popolo, per partecipare alla sua gloriosa regalità».

© Copyright Quotidiano Nazionale, 26 novembre 2007


Papa e Vaticano in campo come garanti

UNA SOLUZIONE «giusta e definitiva» è quanto chiede Benedetto XVI ai partecipanti al vertice di Annapolis. E a conferma dell’importanza che la Santa Sede attribuisce all’appuntamento, arriva la notizia che ci sarà anche una delegazione vaticana. Oggi se ne conoscerà la composizione.
Che significato può avere questa partecipazione? E’ probabile che l’idea di coinvolgere la Chiesa nella faticosa ripresa di contatti e trattative sul Medio Oriente sia nata dopo l’incontro che in giugno il presidente Bush ebbe con la Comunità di Sant’Egidio, a Roma, seguito alla visita a papa Benedetto XVI. Peraltro anche all’incontro interreligioso di Napoli in ottobre — organizzato sempre da Sant’Egidio — si sperimentò una ‘via cattolica’ al dialogo israelo-palestinese. La presenza di una delegazione della Santa Sede — interessata alla soluzione dell’annoso conflitto, non foss’altro che per la tutela delle comunità locali e dell’integrità dei Luoghi Santi — farà certamente piacere ad Abu Mazen, ma anche la Siria dovrebbe trarne motivi di soddisfazione. Un po’ meno felici saranno Olmert e i suoi, date le recenti frizioni sul tema dei visti ai religiosi. Ma non potranno dirlo. E alla fine, probabilmente, quella presenza sarà una garanzia per tutti.

© Copyright Quotidiano Nazionale, 26 novembre 2007

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