25 novembre 2007
Concistoro del 24 novembre: lo speciale di "Avvenire"
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Concistoro del 24 novembre: il "commentone" del "Corriere della sera"
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Concistoro 24 novembre 2007: tre video di Sky
Concistoro 2007: lo speciale di Radio Vaticana
Concistoro 2007: lo speciale di "Avvenire"
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Concistoro 2007: lo speciale de "Il Quotidiano Nazionale"
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Commento alla cerimonia di questa mattina (concistoro)
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Non la ricerca del potere e del successo, ma l’umile dono di sé per il bene della Chiesa deve caratterizzare ogni nostro gesto ed ogni nostra parola
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QUELLE VITE, TRIONFO DI UNA LOGICA CAPOVOLTA
MARINA CORRADI
L’immensità della Basilica splende come nelle più solenni occasioni. Il rosso della porpora dei cardinali e il viola delle vesti dei vescovi sotto l’oro degli affreschi è un quadro superbo, davanti all’altare centrale. In alto, sopra le teste, la vertigine della verticale della Cupola. Magnifico come una riunione di principi il Concistoro in San Pietro. E davvero 23 nuovi principi nella Chiesa ha nominato il Papa. Ma nell’investitura solenne, nella maestà della Basilica, è risuonato un passo del Vangelo di Marco. 'Quando sarai un re glorioso, facci stare accanto a te, seduti uno alla tua destra e uno alla tua sinistra', dissero Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, a Cristo. E si sentirono rispondere: se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servo di tutti - la scandalosa gloria dei cristiani.
Il Papa stesso torna su quelle parole, come meditate e volute nel giorno dell’investitura dei nuovi cardinali: nel giorno in cui San Pietro poteva quasi sembrare una reggia, uno sfarzoso centro di potere, nel senso in cui lo intendono gli uomini.
Benedetto XVI insiste su quello scambio lungo una polverosa strada della Palestina, duemila anni fa, ci indugia come fosse cosa d’oggi, come fosse stato appena ieri. La pretesa di quei due che volevano assicurarsi un 'posto' di prestigio, e tanto erano presi dai loro sogni di gloria, che non avevano nemmeno capito quale destino Cristo stava andando a abbracciare, fra le mura di Gerusalemme. Tanto avvinti nelle loro fantasie, che non lo avevano nemmeno ascoltato.
Uomini, i figli di Zebedeo, e uomini anche gli altri dieci, 'virtuosamente indignati', ha detto il Papa con una sfumatura di sorriso, delle pretese dei due compagni. Giacomo, Giovanni e gli altri, e anche Pietro, naturalmente inclinati a amare il potere e la gloria, a farne il loro dio - quello vero. Uomini cui quel singolare maestro spiegò, senza smettere di camminare, la sua rivoluzione, e come i canoni del merito, e dell’onore, dovessero capovolgersi, per chi voleva seguirlo. (E chissà che sbigottito silenzio, fra i dodici, quella sera, in cammino).
Duemila anni dopo, il successore di Pietro ricorda, nel consesso dei suoi principi, la via maestra. La logica cristiana, così radicalmente opposta al mondo. Ben conoscendo gli uomini, quelli di oggi come i loro padri lontani. Come quei dodici un giorno così simili a noi, ambiziosi e vanesi. Di cui Cristo non si sorprende né si scandalizza. Mostra con la sua stessa vita, e morte, un’altra strada. Gli apostoli, infantilmente intenti fino a poco prima a discutere su chi fosse, fra loro, il più grande, semplicemente lo seguono. Così, non da uomini più virtuosi degli altri, nasce la Chiesa.
E ancora, passati tanti secoli che la nostra memoria vacilla nell’immaginare quei giorni, sul luogo della sepoltura di Pietro c’è una chiesa, e sulla verticale di quella sepoltura un altare. Il Papa pone sul capo di ventitrè dei suoi la porpora, segno scarlatto di una dedizione promessa 'usque ad effusionem sanguinis'. Quelli inchinano le teste grigie nel riceverla. Vengono dall’Italia e dall’America, dalla Polonia e dall’Iraq. Torneranno nelle loro città lontane con quelle insegne da principi: ma in una logica capovolta, assurda per gli uomini, soprattutto per quelli che più amano il potere. Come eco e segno di una radicale contraddizione.'Super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam', sta scritto nell’anello della cupola michelangiolesca, su in alto, proprio sopra l’altare centrale. Duemila anni dopo la pietra è lì. La Chiesa continua. Con le stesse parole rivolte a quei dodici in cammino per Gerusalemme, in un mattino dell’anno 2007 il Papa ha mandato 23 dei suoi nel mondo - a servire.
© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007
INSIEME A PIETRO
Il giorno del Concistoro Creati ventitré cardinali
DA ROMA SALVATORE MAZZA
Cerimonia «emozionante». Occasione «provvidenziale». Emozionante per il suo esprimere l’unità dei cardinali attorno al successore di Pietro, e provvidenziale perché, questa «unità cattolica», la testimonia Urbi et Orbi, alla città di Roma e a tutto il mondo.
È stata la solenne cornice della basilica di San Pietro, ieri mattina, a ospitare la cerimonia con la quale Benedetto XVI ha creato 23 nuovi cardinali, ai quali ha ricordato che «non la ricerca del potere e del successo, ma l’umile dono di sé per il bene della Chiesa deve caratterizzare ogni nostro gesto ed ogni nostra parola», perché «la vera grandezza cristiana, infatti, non consiste nel dominare, ma nel servire».
La cerimonia, che già venerdì s’era deciso di tenere all’interno della Basilica, anziché in piazza, per la minaccia di pioggia incombente su Roma, è stata segnata dal forte richiamo alla «solidarietà della Chiesa intera e verso i cristiani dell’amata terra dell’Iraq», accompagnato dall’invito «a invocare da Dio misericordioso, per tutti i popoli coinvolti, l’avvento dell’auspicata riconciliazione e della pace».
Intenzioni sottolineate con forza anche dal neocardinale Leonardo Sandri, che al Papa, a nome di tutti i nuovi porporati, ha rivolto un indirizzo d’omaggio nel quale l’accento principale è stato posto sulla fedeltà al Successore di Pietro «sia quando si fa servitore della verità e proclama il primato di Dio, come quando guida la Chiesa nel rinnovamento che scaturisce dalla fedeltà alla tradizione; sia quando invoca la pace, indicando la grande forza della preghiera e del dialogo, come quando promuove l’unità dei cristiani e il rispetto di tutte le religioni e le culture nella reciproca esclusione di ogni genere di violenza ».
Benedetto XVI – che nel suo discorso ha ricordato anche monsignor Ignacy Jez, scomparso il giorno prima dell’annuncio della sua nomina a cardinale – ha parlato in una Basilica gremita di persone, cromaticamente segnata a sinistra dal rosso dei porporati e, a destra, dal viola dei vescovi, mentre altre migliaia di fedeli, all’esterno, seguivano la cerimonia dai maxischermi posizionati sulla piazza. Tra continui applausi, i nuovi cardinali sono andati a inginocchiarsi uno alla volta davanti al Papa, ricevendo dalle sua mani la berretta rossa e il possesso di una chiesa romana, sfilando secondo l’ordine con cui erano stati annunciati, a cominciare da Sandri. Il Pontefice li ha abbracciati tutti: ma particolarmente prolungato, e commosso, è stato l’abbraccio riservato al patriarca di Babilonia dei Caldei Emmanuel III Delly, con l’applauso, dentro e fuori la basilica, che si faceva scrosciante.
Al termine, a sorpresa, Benedetto XVI s’è affacciato sul sagrato per salutare i fedeli rimasti fuori: «Cari fratelli e sorelle! Benvenuti qui! Grazie per la vostra presenza, per la vostra partecipazione a questo importante evento della Chiesa cattolica, la creazione di nuovi cardinali, che riflettono l’universalità della Chiesa, la sua cattolicità. La Chiesa parla in tutte le lingue, abbraccia tutti i popoli, tutte le culture e preghiamo che il Signore benedica questi nuovi cardinali. A voi tutti auguro una buona domenica, buon ritorno! Grazie per la vostra presenza!».
© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007
Il Palazzo apostolico si apre alle «visite di cortesia» Migliaia di fedeli per l’abbraccio ai neo porporati
DA ROMA MIMMO MUOLO
Monta come una inarrestabile marea la folla dei fedeli che da piazza San Pietro, su per la Scala Regia, dilaga nel Palazzo Apostolico fino a riempire le bellissime sale di solito riservate e silenziose. Ma oggi è un giorno speciale, giorno di festa e di famiglia. E come sempre avviene in questi casi il Portone di Bronzo, «la porta della casa del Papa» (la definizione è dello stesso Benedetto XVI), resta per tutto il pomeriggio completamente spalancato e accoglie familiari, amici, conoscenti, anche semplici pellegrini, che si stringono intorno ai nuovi cardinali per far loro gli auguri.
È l’antica consuetudine delle visite di cortesia che si ripete con il suo fantasioso canovaccio interpretato di volta in volta secondo i moti del cuore e dell’affetto. Da una parte i nuovi principi della Chiesa, con il loro sfolgorante abito porpora indossato per la prima volta, ognuno in una sala prestabilita; dall’altro un flusso di uomini, donne, bambini che disegnano con il proprio andirivieni all’interno della Città del Vaticano arabeschi virtuali e mutevoli. Dall’immenso abbraccio del Bernini fino all’Aula della Benedizione che con le grandi vetrate offre una magnifica veduta di Piazza San Pietro; dall’Au- la Paolo VI, dove ci sono sette cardinali (Robles Ortega, Navarrete, Betti, Garcia-Gasco Vicente, Brady, Sistach e Vingt-Trois) alla Fabbrica di San Pietro (dove ricevono gli auguri Angelo Comastri e Giovanni Coppa), su su fino al Palazzo del Governatorato nel cuore dei giardini vaticani (dove c’è il «padrone di casa», Giovanni Lajolo), non esiste in pratica un angolo del centro della cattolicità in cui non si respiri quest’aria di festa.
Il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, è letteralmente assediato nella prima Sala dei Paramenti, all’interno del Palazzo Apostolico. Tra i primi a congratularsi con lui il cardinale Camillo Ruini, suo predecessore nell’incarico di presiedere la Conferenza episcopale italiana, e il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori. E poi i suoi diocesani di Genova, oltre a numerosi collaboratori, ecclesiastici e laici, della Cei. A ognuno l’arcivescovo della città ligure dispensa un sorriso, una stretta di mano, una parola di gratitudine. Ai giornalisti che gli si avvicinano in gruppo dice: «Vi ringrazio per i vostri auguri e ve ne faccio a mia volta. So quanto sia importante e delicato il vostro lavoro». Tanti giovani per monsignor Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, che sta nella Sala Ducale, a qualche decina di metri da Bagnasco. Sorridente e visibilmente emozionato, il neoporporato di origine polacca va con il pensiero alla prossima Gmg di Sydney. «Questa mia berretta cardinalizia è un grande riconoscimento anche per i ragazzi e le ragazze di tutto il mondo impegnati a evangelizzare i propri coetanei», dice a un gruppo che lo saluta con particolare affetto.
Commosso anche il patriarca di Baghdad, Emmanuel III Delly, che ringrazia il Papa per le sue parole sull’Iraq: «Il Santo Padre ha detto la verità », afferma parlando con i giornalisti. E poi, proprio rivolgendosi ai rappresentanti dei media, aggiunge: «Grazie per quello che fate per l’umanità e per l’Iraq, informando il mondo su ciò che accade nel nostro Paese. Dobbiamo amarci l’un l’altro ».
La folla preme per salutare tutti i porporati. Anche nell’Aula della Benedizione ce ne sono sette: oltre a Delly, si tratta di Sarr, Gracia, Di Nardo (al quale ha telefonato per congratularsi anche il presidente Usa, George W. Bush), Scherer, Njue e Karlic. Paul Josef Cordes (presidente di Cor Unum) è nella Sala Ducale, Raffaele Farina (archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa) nella seconda Sala dei Paramenti, John Patrick Foley nella Sala Regia, insieme con Leonardo Sandri, per salutare il quale molti attendono più di mezz’ora. L’ex sostituto della Segreteria di Stato (ora prefetto della Congregazione per le Chiese orientali) è in piedi quasi davanti all’ingresso della Cappella Sistina e nella Sala in cui tante volte ha accompagnato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per l’udienza al corpo diplomatico. Analoga fila per il cardinale Angelo Comastri, che per quanto visibilmente provato dalle emozioni di un giorno davvero straordinario, non si stanca di trovare per tutti coloro che vanno a salutarlo parole sempre diverse di gratitudine. Un tempo queste visite si chiamavano «di calore». Osservando il festoso affetto di tutti gli incontri non è difficile capire perché.
Ieri pomeriggio nel rispetto di un’antica consuetudine il Portone di Bronzo ha visto un flusso continuo di amici e parenti, lieto emblema di un «giorno straordinario»
© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007
PARAMENTI
Mitra e piviale per rafforzare la tradizione Ieri nel Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali, Benedetto XVI ha indossato paramenti sacri che vogliono rappresentare il segno della continuità liturgica con la tradizione. Il «piviale» (detto anche pluviale, cioè il mantello liturgico) era in preziosa seta dorata con lo stolone riportato appartenente a un paramento più antico – forse del XV secolo –, con alcune immagini che raffigurano episodi delle vite dei santi, tra i quali san Pietro e san Paolo. Il paramento era già stato usato da Giovanni Paolo II.
© Copyright Avvenire, 25 novembre 2007
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