28 novembre 2007

Enciclica "Spe salvi": immagini di speranza così care a Papa Benedetto (Avvenire)


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Immagini di speranza così care a Papa Benedetto

ELIO GUERRIERO

Dopo «Dio è carità» è stata annunciata l’enciclica sulla speranza. È facile, di conseguenza, immaginare che il Papa voglia dedicare un’enciclica a ciascuna delle virtù teologali, così come Giovanni Paolo II ne dedicò tre a ciascuna delle persone della Trinità.
L’interrogativo a questo punto verte sul motivo per cui Papa Benedetto XVI abbia voluto iniziare dalla carità, anziché dalla fede, secondo l’ordine del catechismo. A sostegno della sequenza scelta dal Papa vi è la decisione di partire non dall’uomo, sia pure credente, bensì dal saldo fondamento dell’amore di Dio. Ha scritto Benedetto XVI: «Dio è in assoluto la sorgente originaria di ogni essere; ma questo principio creativo di tutte le cose è al contempo un amante con tutta la passione di un vero amore» (Deus caritas est, n. 10).
Di qui l’origine della speranza cristiana, la virtù teologica definita nel modo più convincente da san Paolo nella Lettera ai Romani: chi fa esperienza dell’amore di Dio vive secondo lo Spirito; ha la promessa sicura di essere figlio di Dio e la speranza certa della vita eterna. A questo serrato ragionamento teologico hanno attinto la letteratura (Dante), l’arte figurativa e la musica per edificare un universo simbolico presente nelle chiese e nella cultura del nostro Paese e del mondo.
Radicate nell’intimo dell’esperienza e della fede cristiana, le immagini di speranza hanno generato una «millenaria foresta di simboli» (Baudelaire).
La prima immagine cara a Papa Benedetto, che l’ha voluta riprodotta nel Compendio del Catechismo, è quella dell’albero della vita, o trionfo della Croce, rappresentato nel mosaico absidale della basilica di san Clemente a Roma. Attorno al Cristo sofferente vi sono dodici colombe che simboleggiano i dodici apostoli, ai piedi della croce stanno Maria e Giovanni. Un cespo di acanto cresce alla base della croce e dà origine all’albero lussureggiante della redenzione. Ai piedi dell’albero sgorga una sorgente d’acqua zampillante, che dà vita a quattro rivoli, che simboleggiano i Vangeli, ai quali si dissetano i fedeli.
Un’altra immagine di speranza molto cara a Benedetto XVI è quella della natività.
Nella tradizione francescana essa ha dato origine al presepe con lo scopo di rendere ogni volta contemporanei le persone e gli eventi che accompagnarono la nascita di Gesù. Nel presepe vi è un bambino che «si è fatto così vicino a noi che possiamo dargli tranquillamente del tu e accedere direttamente al cuore di Dio». Vi sono poi Maria e Giuseppe, i pastori e i magi, i primi della schiera dei poveri, dei miti, e dei perseguitati cui sono rivolte le beatitudini di Gesù, questi sanno di non poter attendere giustizia dai potenti e dai giudici del mondo, perciò sperano nella misericordia di Dio che ricolma di beni gli affamati. Vi sono poi il bue e l’asino che, secondo la profezia di Isaia, rappresentano il mondo animale che riconosce l’avvento del Messia, mentre il popolo si rifiuta di capire. Con la sensibilità contemporanea possiamo riconoscervi l’anelito del cosmo a sua volta in attesa di salvezza.
La terza immagine è quella dell’Agnello mistico raffigurata nel modo più compiuto dal pittore fiammingo Jan van Eyik nella cattedrale di san Bavone a Gand. È l’immagine della Gerusalemme celeste nella quale martiri e confessori, chierici e laici, dotti e semplici rendono onore, gloria e benedizione a Dio Padre e a Cristo che ha redento gli uomini con il suo sangue. A lui sono affidate le chiavi della storia.
Per questo i suoi discepoli e gli uomini tutti possono riporre in Lui la loro speranza.

© Copyright Avvenire, 28 novembre 2007

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