18 gennaio 2008

Il Premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia: "Col Papa un «incidente» che fa male alla salute della scienza italiana"


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FEDE E RAGIONE

Rubbia

Col Papa un «incidente» che fa male alla salute della scienza italiana

«Le immagini del dileggio di Benedetto XVI hanno fatto il giro del mondo. Non si è dato altrettanto spazio alla voce della maggioranza che ha protestato» «Da vent’anni faccio parte della Pontificia Accademia delle scienze: è un’istituzione laica e tollerante, che lavora nel segno del dialogo»

DI PAOLO VIANA

Ha studiato la fisica ovun­que e ovunque l’ha inse­gnata, dalla Normale al­la Columbia, dal Cern ad Har­vard, passando per innumere­voli centri di ricerca e accade­mie scientifi­che di ogni la­titudine.
Non facendosi mancare nep­pure una tap­pa alla Sa­pienza. Mal­grado il pre­mio Nobel, ri­cevuto nel 1984 per gli studi sulle particelle ele­mentari, ab­bia fatto di lui stesso un pa­trimonio del mondo, anco­ra oggi Carlo Rubbia non na­sconde il disappunto di fronte allo sciupio nazionale della ri­cerca italiana – che lo ha visto protagonista di una clamorosa rottura con il governo Berlu­sconi – e al decadimento cul- turale dell’università. E il di­sappunto si trasforma in rab­bia quando qualche collega gli chiede conto di quelle notizie che raccontano, all’altro capo del mondo, di un’Italia univer­sitaria intollerante e anticleri­cale.

Certi suoi col­leghi, alla Sa­pienza, sono saliti sulle barricate per difendere la 'laicità' della scienza dal Papa: secon­do lei, scienza e Chiesa sono nemici?

Faccio parte di molte acca­demie in tutto il mondo e tra le tante anche dell’Accade­mia pontifi­cia. Ne faccio parte da oltre vent’anni: siamo un’ottantina di scienziati, scelti non in base al nostro credo religioso ma al­le nostre competenze. Ne fan­no parte, per capirci, la Levi Montalcini, Cavalli Sforza e Stephen Hawking. Non credo che siano stati scelti perché sia­no dei difensori della fede cri­stiana, anzi, ne sono certo.

Ne­gli ultimi anni, prima di diven­tare Pontefice, ha fatto parte di quest’istituzione anche il car­dinale Ratzinger, nostro 'colle­ga', con rispetto parlando. Eb­bene, io posso testimoniare che quest’uomo è un personaggio di grande cultura, straordina­riamente aperto e quello che ha detto in questi consessi le sue posizioni sono state sem­pre di estrema chiarezza e di grande rilievo nel campo del­le scienze storiche e umanisti­che.

Ma la stessa Accademia, che è parte della Chiesa catto­lica, come ho detto, funziona da sempre come un’istituzione laica e tollerante, che lavora nel segno del dialogo. A proposito, il presidente è Cabibbo, un fisico della Sa­pienza , che non è tra i fir­matari della lettera che ha scatenato la protesta.

E allora come spiega que­st’incattivi­mento anti­papale?

I cervelloni del diparti­mento di Fisi­ca della Sa­pienza hanno attaccato il Papa sulla base di ricostruzioni non del tutto cor­rette, come ha dimostrato il matematico Israel, trascuran­do la realtà storica, cioè che la posizione di Ratzinger sui rap­porti tra la chiesa e Galileo è sempre stata una posizione di estrema chiarezza. Accusare il Papa per il processo a Galileo sarebbe, se mi permette un pa­radosso, come attaccare Vel­troni in quanto sindaco di Ro­ma perché Pilato si è lavato le mani per Gesù.

Poiché però questi miei il­lustri colleghi non hanno di­ritto all’igno­ranza, dob­biamo consi­derare i loro 'errori' alla stregua di provocazioni.

Questa provo­cazione può interrompere il dialogo tra università e Chiesa?

Relativizzerei il caso, altri­menti lo so­pravvalutiamo. Il numero dei fisici che hanno sostenuto que­sta posizione è inquietante, ma gli studenti che hanno dato corpo alla gazzarra goliardica di questi giorni sono poche centinaia su molte migliaia di iscritti.

Il pasticcio lo hanno fatto i media amplificandola: le immagini del dileggio del San­to Padre hanno fatto il giro del mondo, le trovate su tutti i gior­nali del pianeta. Non si e´dato invece altrettanto spazio alla voce della maggioranza che non ha protestato.

Non possiamo dimenticare che il Pontefice gode del rispetto di un miliardo di persone, ed e´ stimato anche da molti non cattolici che hanno a cuore la libertà di pensiero di tutti. Al Cern, per capirci, il suo prede­cessore, Giovanni Paolo II è sta­to ricevuto con estremo rispet­to e interesse. Esattamente co­me il Dalai Lama. La grande maggioranza di chi lavora nel mondo scientifico non è catto­lica ma non per questo non a­scolta quel che dice il Papa.

Quanto fa male alla scienza i­taliana questo 'incidente'?

Tanto. Oggi la scienza italiana è in condizioni difficili. Ha grandi difficoltà a sostenere il confronto con il resto del mon­do: scienza vuole dire dialogo, cultura, tecnologia e noi anno per anno subiamo tagli finan­ziari e insuccessi nella ricerca e nella didattica. Questi sono i veri problemi su cui dovrebbe­ro applicarsi i miei colleghi del­la Sapienza. Ma lo sa che nel te­st Pisa, con cui l’Unesco ogni anno misura la preparazione di tutti gli studenti del mondo, l’I­talia è fanalino di coda? Se uno studente è somaro è colpa sua, la stessa cosa vale per due o tre studenti, ma se lo sono tutti è colpa dell’insegnante.

Scienza e fede possono convi­vere?

La scienza deve fare la sua stra­da liberamente – ma nessuno lo nega e men che meno il Pa­pa – e produrre dei risultati , che spesso trovano un riflesso nelle religioni. Pensiamo al­l’assonanza tra la ricostruzio­ne del Big Bang e il linguaggio poetico e suggestivo della Ge­nesi. La religione non impedi­sce allo scienziato di andare a guardare come sono fatte le stelle. Gli scienziati studiano il cancro e cercano di miglio­rare la vita delle persone sen­za il bisogno di 'scontrarsi' con la religione. Del resto, que­sto episodio ha poco a che fa­re con la scienza. Il vero ricer­catore non va in giro a star­nazzare con pupazzetti che di­leggiano il Papa.

© Copyright Avvenire, 18 gennaio 2008

Un vero peccato che il professor Rubbia non sia stato intervistato da uno dei giornaloni...questo la dice lunga sul livello dei nostri mass media...
R.

CHI È

IL NOBEL, IL CERN E L’ENEA

Carlo Rubbia è il quarto italiano ad avere ricevuto il Nobel per la fisica, dopo Marconi, Fermi e Segré. Il prestigioso riconoscimento arriva nel 1984, insieme all’olandese Simon van der Meer. Laureatosi nel 1957 alla Normale di Pisa, dopo un anno presso la Columbia University torna in Italia presso La Sapienza di Roma. Nel 1960 diventa ricercatore al Cern di Ginevra dove si occupa di ricerche inerenti la fisica delle particelle elementari. Lì promuove la modifica dell’acceleratore Spsp in un collisionatore protone-antiprotone; con questo nel 1983 scopre le particelle che sono responsabili dell’interazione debole. Riesce ad avere anche la conferma dell’unificazione della forza elettromagnetica e della interazione debole nella forza elettrodebole. Per queste ricerche viene premiato col Nobel.
Dal 1971 al 1988 insegna anche fisica presso l’Harvard University e dal 1989 al 1993 ha diretto il Cern di Ginevra. È stato presidente dell’Enea (1999­2005). Collabora con il Ciemat (Centro di ricerca sull’energia, l’ambiente e la tecnologia), un organismo spagnolo simile all’italiano Enea, per lo sviluppo del 'solare termodinamico'. È stato anche professore ordinario di Complementi di Fisica Superiore all’Università di Pavia. Attualmente è consulente per le questioni energetiche presso il ministero dell’Ambiente.

© Copyright Avvenire, 18 gennaio 2008

3 commenti:

brustef1 ha detto...

"I cervelloni del dipartimento di Fisica della Sapienza": l'ironia di Carlo Rubbia dice tutto

ondeb ha detto...

Rubbia dice di Ratzinger:

"Eb­bene, io posso testimoniare che quest’uomo è un personaggio di grande cultura, straordina­riamente aperto e quello che ha detto in questi consessi le sue posizioni sono state sem­pre di estrema chiarezza e di grande rilievo nel campo del­le scienze storiche e umanisti­che."

A chi credete? A Rubbia o a Scalfari?
:)

gemma ha detto...

anche questo è uno degli scienziati "falliti" e commisti ai palazzi della prima repubblica che difendono Ratzinger?