22 marzo 2008

La Cina e i martiri cristiani nella Via Crucis del Papa (Bobbio)


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La Cina e i martiri cristiani nella Via Crucis del Papa

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Alberto Bobbio

Città del Vaticano La pioggia e il vento percuotono i fedeli e spengono le fiamme sulle grande Croce di fuoco in faccia al Colosseo, luogo del martirio dei cristiani. Sono collegate 61 televisioni di tutto il mondo per trasmettere in diretta la Via Crucis di Benedetto XVI. Il Papa è protetto da un gazebo di plastica e rinuncia a portare la Croce anche alle ultime tre stazioni. È il cardinale Ruini a reggere la Croce al suo posto. Poi Benedetto XVI, nella meditazione finale, spiega che spesso i «nostri sguardi sono distratti da afflizioni e interessi terreni». Invece essi vanno tenuti fissi alla Croce, simbolo delle «sofferenze e delle angosce di Cristo». Gesù, ha detto il Papa, è «amico di tutti, l'unico vero amico, ma purtroppo non sempre siamo capaci di percepire questo sconfinato amore»: «Gesù non fa differenza di razza, ma vuole affrancare l'intera umanità dalla schiavitù dell'odio e della violenza».
Il Pontefice ha denunciato la «libertà che esclude Dio» e ha detto che vi sono molti che «credono di non aver bisogno di Dio». Invece la Croce mette «in crisi le nostre umane certezze» e ci obbliga a vivere «secondo giustizia».
Il Papa ha seguito il rito dal Colle Palatino prima in piedi e poi in ginocchio. La Croce è stata portata oltre che dal cardinale Ruini da una suora africana, da una famiglia di Roma, dai frati della Custodia di Terra Santa, da un sacerdote cinese e da una ragazza handicappata in carrozzella aiutata da un barelliere e da una dama dell'Unitalsi, in memoria dei 150 anni dall'apparizione di Lourdes. Le meditazioni del cardinale Zen sono semplici, quasi disarmanti. Zen ricorda la Lettera dell'anno scorso ai cattolici in Cina di Benedetto XVI nella quale il Papa usava la parola «persecuzioni» e rammenta «le schiere di innocenti» condannati a «sofferenze atroci» che espiano con Cristo «i peccati del mondo». Poi quando parla di Pilato spiega che è «l'immagine di tutti coloro che detengono l'autorità come strumento di potere e non si curano della giustizia». Oggi, riflette il cardinale di Hong Kong, è «molto diffusa la tentazione di adulare il potente e di opprimere il debole». E i potenti solo coloro che «controllano il commercio e i mass media». Ma c'è anche gente che «si lascia manipolare dei potenti per opprimere i deboli».
Alla tredicesima stazione, quella della morte di Gesù, Zen parla dei martiri, uomini e donne che hanno dato «la più alta testimonianza del loro amore» e «non si vergognano» di Dio.
Il Papa all'inizio della Via Crucis ha anche ricordato che oggi «i Colossei si sono moltiplicati in tante parte del mondo dove i nostri fratelli vengono continuamente perseguitati».
Nel pomeriggio Benedetto XVI aveva presieduto, scalzo, in segno di penitenza, nella Basilica di san Pietro la celebrazione della memoria della Passione di Gesù. Si è inginocchiato davanti alla Croce. Ma al centro della celebrazione ci sono state le parole del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, a cui ogni anno è affidata l'omelia. Parte dal sacrificio di Cristo, dalla sua volontà di radunare «gli uomini dispersi». Poi le parole diventano un appassionata esortazione all'unità dei cristiani. La posta in gioco è molto alta: «Il mondo è andato avanti e noi siamo rimasti inchiodati a problemi e formule di cui il mondo non conosce più neppure il significato».
Padre Cantalamessa fa riferimento alla questione del rapporto tra le persone della Trinità, alla base dello scisma del 1054 degli ortodossi e alla dottrina della giustificazione della Riforma luterana e osserva che l'ecumenismo è una priorità da vivere con un «confronto paziente», che può arrivare al «compromesso fra le parti», solo quando «non è in gioco l'essenziale della fede». Ma avvisa che «non possiamo bruciare le tappe circa la dottrina, perché le differenze ci sono e vanno risolte con pazienza nelle sedi appropriate. Possiamo invece bruciare le tappe nella carità, ed essere uniti, fin d'ora». Per il predicatore pontificio, «non è in nostro potere decidere quando o come questa unità si realizzerà pienamente. Solo Dio potrà farlo». Avverte tuttavia che «la fondamentale distinzione tra i cristiani non è tra cattolici, ortodossi e protestanti, ma tra coloro che credono che Cristo è figlio di Dio e coloro che non lo credono».

© Copyright Eco di Bergamo, 22 marzo 2008

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