13 marzo 2008

Novara, Messa in latino, ultimatum del vescovo ai preti “ribelli”


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Da Novara lettera che prelude al trasferimento

Messa in latino, ultimatum del vescovo ai preti “ribelli”

RENATO BALDUCCI

CREVOLADOSSOLA

Sono stati invitati a «lasciare volontariamente» le loro parrocchie i tre parroci che celebrano la messa in latino. Un ultimatum che potrebbe precedere la decisione di monsignor Renato Corti, vescovo della Diocesi, di trasferirli d’autorità. A Pasqua, don Alberto Secci, don Stefano Coggiola e don Marco Pizzocchi potrebbero già essere altrove, lontano delle loro parrocchie di Santa Maria Maggiore, Crevoladossola e Nibbiola. Pagheranno così, se non faranno passi indietro, la decisione di celebrare ad oltranza le messe sempre e solo in latino.
L’imminente allontanamento dei parroci sta suscitando proteste a Crevoladossola dove un gruppo di fedeli si è già mobilitato. Già a dicembre avevano scritto, senza esito, a Roma, al cardinal Dario Castrillòn Hoyos, presidente della Pontificia congregazione per la dottrina della fede.
I diretti interessati, invece preferiscono tacere. «Oggi non parlo. Mi richiami domani» risponde don Alberto Secci da Santa Maria Maggiore. In sua difesa erano scesi in campo molti fedeli, compresi alcuni amministratori, con una raccolta firma (oltre seicento), poi spedita al Vescovo e al Papa.
Un braccio di ferro iniziato a dicembre quando i tre preti avevano «scioperato» dopo aver ricevuto la lettera con cui don Piero Cerutti, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, li invitava «a non sostituire le messe nella forma ordinaria (in italiano) destinate all’intera comunità parrocchiale». Scriveva don Cerutti: «Va garantita la forma ordinaria soprattutto nei giorni di festa e nelle domeniche». La risposta non si è fatta attendere: i tre sacerdoti hanno continuato a far pregare solo in latino. «Non siamo preti juke box che oggi dicono una messa in un modo e domani in un altro» avevano replicato i parroci ossolani convinti più che mai della loro linea. E «sorretti» dalla solidarietà dei fedeli.
Tra Curia e sacerdoti «latinisti» il dialogo non si è mai interrotto. Ma finora le posizioni sono rimaste distanti. Per alcune settimane i «ribelli» del latino erano stati sostituti da sacerdoti inviati a dir messa in italiano. Ma queste sostituzioni, visti quasi come atti di crumiraggio, avevano scatenato tensioni. A Vocogno, in valle Vigezzo, qualcuno aveva addiruttura preso a male parole il vicario di zona, don Luigi Preioni.
Due giorni fa, l’invio da parte della Curia delle lettere con cui si invitano i tre preti «ad abbandonare» di loro spontanea volontà le parrocchie. Invio che non viene confermato né in Curia, né dal vicario dell’Ossola. Ma i «no comment» di rito non placano la polemica, anzi.
A Crevoladossola Marco Tanzarella, a nome di altri fedeli, ha scritto una lettera in difesa di don Stefano per anticipare «che i preti saranno rimossi dal loro incarico il giovedì santo, dopo una penosa e vessatoria campagna denigratoria nei loro confronti». Lo scrive, sostenendo di aver avuto conferma dal vicario di zona del trasferimento imminente. Poi, l’affondo di Tanzarella: «E’ questa la Chiesa moderna, è questa la chiesa del ventunesimo secolo che dovrebbe recuperare consensi e vocazioni; forse questa è la chiesa che Papa Benedetto XVI auspica nel Motu Proprio Summorum Pontificium. Forse no! Questa è la chiesa delle poltrone, delle cariche, dei numeri, dei preti burocrati che confondono il Vangelo con il libro mastro. La Chiesa si nasconde dietro la parola cambiamento, ma non lo vuole perché non porta vantaggio, anzi la responsabilizza di più nell’opera di fede che deve compiere».

© Copyright La Stampa, 13 marzo 2008

Il motu proprio e' chiarissimo: "Art. 5. § 1. Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del can. 392, evitando la discordia e favorendo l'unita' di tutta la Chiesa".

E' chiaro che un parroco non puo' celebrare solo la Messa tridentina perche' la cura pastorale dei fedeli non puo' in nessun caso escludere i parrocchiani che non vogliono partecipare all'antico rito.
E' ovviamente altrettanto chiaro che il parroco deve accogliere volentieri la richiesta del gruppo di fedeli che desidera la celebrazione della Messa secondo il rito tridentino.
Occorre armonizzare le due esigenze. Spero che si trovi una soluzione che non preveda necessariamente il trasferimento dei sacerdoti
.
R.


Il “no comment” della diocesi

Corti sceglie la via del silenzio

«Non intendo parlare delle eventuali lettere che mi sono state mandate dal vescovo monsignor Renato Corti perché si tratta di situazioni private. Non spetta a me rendere pubbliche comunicazioni di carattere personale. Di decreti di rimozione, comunque, ancora non ne ho visti». Reagisce così il parroco di Garbagna e Nibbiola don Marco Pizzocchi quando gli viene domandato un aggiornamento sulla situazione che, insieme a don Stefano Coggiola e don Alberto Secci, lo vede protagonista da qualche mese.
Anche il provicario della diocesi di Novara don Gianni Colombo preferisce osservare la consegna del silenzio: «Il vescovo mi ha chiesto di non rilasciare dichiarazioni. L’argomento delle messe in latino, come viene definito con semplicità dagli organi di informazione, cela una tematica molto più profonda. Per tale ragione in questa fase è meglio osservare silenzio». I parrocchiani di Garbagna e Nibbiola, tra l’altro, hanno ricevuto da circa un mese la visita del vescovo Corti. L’8 febbraio aveva guidato la Via Crucis nella parrocchiale di San Michele Arcangelo di Garbagna per preparare la prima domenica di Quaresima. Un incontro di preghiera che si era concluso con una serie di battibecchi sul sagrato della chiesa tra due «fazioni»: i favorevoli alla celebrazione in latino e i contrari che per protesta non mandavano più i bambini alle lezioni di catechismo.
Il 14 febbraio il vescovo aveva invece incontrato la comunità di Nibbiola, nella chiesa parrocchiale della Maria Vergine Assunta, e al termine del momento di preghiera aveva ribadito che la celebrazione ordinaria della messa prevede il rito in italiano. Anche l’incontro di Nibbiola, però, si era concluso all’insegna della tensione: un gruppo di fedeli, infatti, rimasto poco soddisfatto dalle spiegazioni del vescovo Corti aveva abbandonato la chiesa in segno di protesta.

© Copyright La Stampa, 13 marzo 2008

Armonia, accordo, tolleranza!
R.

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