12 maggio 2008

LA DOMENICA DEL PAPA (Zavattaro)


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"A Pentecoste la Chiesa viene costituita non da una volontà umana, ma dalla forza dello Spirito di Dio che dà vita ad una comunità una e universale" (Omelia della Santa Messa di Pentecoste)

LA DOMENICA DEL PAPA - La pace, la pace

Appello per il Libano

Fabio Zavattaro

La pace è il fil rouge della domenica di Pentecoste di Papa Benedetto; pace intesa come dono di Dio.
Così si riferisce al suo discorso alle Nazioni Unite, pronunciato durante il suo recente viaggio negli Stati Uniti per dire che la Chiesa “realizza il suo servizio alla pace di Cristo soprattutto nell’ordinaria presenza e azione in mezzo agli uomini con la predicazione del Vangelo e con i segni di amore e di misericordia che la accompagnano”.
Pace invoca dunque il Papa soprattutto per il Libano, i cui avvenimenti ha seguito con grande preoccupazione. Allo stallo dell’iniziativa politica ha fatto seguito, afferma il Papa, “dapprima la violenza verbale e poi gli scontri armati con numerosi morti e feriti”.
Certo nelle ultime ore la tensione è calata ma ritiene “doveroso” dover esortare i libanesi a abbandonare subito ogni logica di contrapposizione aggressiva, altrimenti si apre la strada verso “l'irreparabile”. Non è il primo appello che Benedetto XVI lancia per il Libano; due anni fa aveva denunciato le “forze oscure che cercano di distruggere il Libano”, e, più recentemente, aveva auspicato una soluzione pacifica della crisi istituzionale che da tempo attraversa il Paese.
Nella domenica di Pentecoste l’appello del Papa diventa ancora più sentito sia per il rischio che un nuovo conflitto possa insanguinare il Paese, sia perché “far vivere il Libano è un compito comune di tutti i suoi abitanti”, ma anche della comunità internazionale.
Parole che giungono in una piazza San Pietro affollata, e dopo la messa in San Pietro e il Regina Coeli dedicati alla Pentecoste. Così pensando al Paese dei cedri, Papa Benedetto dice: “Il dialogo, la mutua comprensione e la ricerca del ragionevole compromesso sono l’unica via che può restituire al Libano le sue istituzioni e alla popolazione la sicurezza necessaria per una vita quotidiana dignitosa e ricca di speranza nel domani”.
Anche perché il Libano, come più volte ha ripetuto il suo predecessore Papa Wojtyla, è Paese simbolo in Medio Oriente, che ha la coraggiosa vocazione di essere segno “della reale possibilità di pacifica e costruttiva convivenza tra gli uomini”. Le diverse comunità che lo compongono, “sono al tempo stesso una ricchezza, un’originalità ed una difficoltà”. Appello-preghiera a Nostra Signora del Libano, perché lo Spirito dell’unità e della concordia “ispiri pensieri di pace e di riconciliazione”.
Messaggio chiaro, in una regione dove difficili e precari sono gli equilibri e dove le armi sono sempre pronte a prendere il sopravvento. Ed è dunque la pace da perseguire, accettando le diversità, vivendo l’intreccio tra “molteplicità e unità”, sapendo ancora parlare le lingue di tutti, la chiave di questa domenica del Papa. Pace che passa anche attraverso le preghiere dei fedeli, due sono state recitate in cinese e in arabo.
Domenica di Pentecoste che ha visto Benedetto XVI celebrare in San Pietro e ricordare la discesa dello Spirito Santo sui discepoli, 50 giorni dopo la Pasqua. Una sorta di “battesimo di fuoco” per la nascente comunità cristiana, durante il quale la Chiesa “supera la maledizione di Babele” e impara “a parlare molte lingue”. È il momento in cui la Chiesa diventa universale, e assume su di sé la responsabilità “di essere costituzionalmente segno e strumento della pace di Dio per tutti i popoli”. Una pace non di questo mondo – afferma il Papa – ma che viene dalla “forza della verità”, “senza scendere a compromessi con la mentalità del mondo, perché il mondo non può dare la pace di Cristo”. Una pace, ancora, che si diffonde solo “tramite cuori rinnovati di uomini e donne riconciliati e fatti servi della giustizia, pronti a diffondere nel mondo la pace con la sola forza della verità”. È lo Spirito Santo che crea “unità nell’amore e nella reciproca accettazione delle diversità”, e questo può “liberare l’umanità dalla costante tentazione di una volontà di potenza terrena che vuole tutto dominare e uniformare”.
Al cronista che ha seguito la domenica del Papa, non sono sfuggiti due piccoli incidenti: il primo in basilica quando, proprio all’inizio della celebrazione, Papa Benedetto è inciampato su un gradino mentre si recava alla sede. Un sorriso ha accompagnato l’aiuto che i due cerimonieri hanno prontamente portato. Un secondo inconveniente al Regina Coeli. Per alcuni istanti la sua voce non è giunta in piazza San Pietro e si è visto Benedetto XVI voltarsi all’interno dello studio come per dire: che cosa è accaduto? Anche qui pronta la risposta dei tecnici e il Papa ha potuto iniziare il discorso scherzando: “Finalmente abbiamo la voce”.

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