29 settembre 2008
Mons. Fisichella: «Il vero progresso? Una laicità positiva» (Paolini)
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«Il vero progresso? Una laicità positiva»
Il vescovo Fisichella: dimensione etica imprescindibile
DAL NOSTRO INVIATO A SIENA
DANILO PAOLINI
All’Italia serve un patriottismo nuovo, condiviso, pienamente repubblicano e democratico, che vada oltre gli steccati della storia e i pregiudizi ideologici. La necessità di declinare negli anni Duemila termini come «Patria», «Nazione» e «bene comune » è stata riaffermata nella seconda e ultima giornata di lavori del seminario organizzato a Siena dalla Fondazione Liberal di Ferdinando Adornato.
Al presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi è stato conferito il Premio Liberal 2008 proprio per ciò che ha saputo e voluto fare per risvegliare negli italiani lo spirito di Patria e l’orgoglio nazionale.
Sentimenti che appartengono anche, se non soprattutto, ai cattolici, ha sottolineato nella sua prolusione monsignor Rino Fisichella, rettore dell’Università Lateranense e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, oltre che cappellano di Montecitorio.
Il recente incontro di Parigi tra papa Benedetto XVI e il presidente francese Nicolas Sarkozy, ha ricordato Fisichella, ha riportato al centro del dibattito il tema della «laicità positiva», quella cioè che riconosce, per usare le parole del Pontefice, «la funzione insostituibile della religione » nella vita di un popolo. Del resto, ha aggiunto il vescovo, «il vero progresso non è la rottura con il passato ma il coerente sviluppo della propria cultura e della propria tradizione».
Cultura e tradizione che, in Italia come in Europa, sono impregnate di Cristianesimo e di Cattolicesimo. Per Fisichella, che ha citato a riguardo le pagine ancora attualissime di Toqueville, è fondamentale «l’apporto che il Cattolicesimo può offrire al mantenimento e allo sviluppo di una vera democrazia ». Sbaglia perciò chi, in nome di una malintesa «laicità », vorrebbe cancellare la dimensione etica dalla legislazione.
Infatti «l’istanza etica è una conquista della ragione e dell’umanità, prima che una peculiarità del cattolicesimo»: non a caso era già contenuta nel diritto romano.
E gli stessi concetti di laicità e di democrazia «trovano nel Vangelo il loro ambiente naturale». Ma è evidente che la laicità dello Stato non può indurre i politici cattolici «a venir meno all’obbligo di coscienza» di fronte a leggi contrarie ai propri principi, altrimenti diventa «arduo pensare alla sopravvivenza dello Stato democratico ». In definitiva, ha concluso Fisichella, «conviene rafforzare la ragione: gli uomini di fede non potranno che rallegrarsene». Ciampi, da parte sua, si è detto convinto di aver soltanto sollecitato quei sentimenti nazionali (elencati anche da Adornato, lungo un percorso ideale che da Mazzini conduce a De Gasperi e poi allo stesso Ciampi) già presenti nel cuore di tutti gli italiani, di qualsiasi fede religiosa e appartenenza politica o culturale.
L’ex-capo dello Stato ha espresso rammarico per la crisi demografica in atto nel nostro Paese, perché - ha avvertito - «l’invecchiamento della popolazione porterà conseguenze sul sistema economico, previdenziale e sanitario che saranno gravi e di lungo periodo». Le poche nascite, ha detto ancora, denunciano «uno smarrimento della società civile in cui cresce e si alimenta la paura».
Aumenta così la sfiducia verso gli altri nei luoghi di lavoro e all’interno degli stessi nuclei familiari, l’aggressività diventa l’atteggiamento prevalente: «È un processo pericoloso che va arrestato al più presto, le istituzioni devono creare le condizioni perché si riaffermi la fiducia », ha ammonito Ciampi, contento che nelle scuole si torni a studiare l’educazione civica e la Costituzione repubblicana. Quest’ultima - ha assicurato - è «un testo ancora attuale, che con alcuni aggiustamenti può ben rispondere» all’odierna domanda di federalismo.
Anche l’ex-presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, chiamato a pronunciare una «laudatio» per Ciampi, ha osservato come «Patria, Nazione e bene comune siano oggi parole vive e non retoriche, garanzie della nostra identità e presupposto per la rinascita dell’Italia da una deriva che è morale, prima che politica». L’ancora di salvezza, secondo il leader dell’Udc, sono «la Carta costituzionale e le nostre radici», la nostra identtà di cui - ha osservato - «la fede cristiana è un connotato essenziale».
© Copyright Avvenire, 28 settembre 2008
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