25 settembre 2008

Francesco D’Agostino: «Dopo la sentenza su Eluana ora è necessaria una legge» (Alfano)


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«Dopo la sentenza su Eluana ora è necessaria una legge»

di Manila Alfano

No all’eutanasia. Sì ad una legge che aiuti i medici ad orientarsi. «Perché un buon giurista sa anticipare i problemi e non si ritrova a rincorrerli come sta succedendo ora». Francesco D’Agostino, giurista, docente di filosofia del diritto all’università di Roma Tor Vergata e presidente onorario del Comitato di Bioetica, spiega il significato di testamento biologico.

Una legge è necessaria?

«Stiamo assistendo per la prima volta ad un dibattito importante, e da parte dello stesso governo si inizia a vedere un impegno politico. Oggi, dopo il caso di Eluana, una legge non solo è necessaria ma auspicabile. Ma prima occorre fare una premessa».

Cioè?

«Se per testamento biologico si allude ad una forma di eutanasia, allora la richiesta è eticamente e giuridicamente inaccettabile. Serve invece una dichiarazione anticipata del paziente visto che oggi, con le innovazioni tecniche e scientifiche, il medico si trova davanti a diverse strade legittimamente percorribili».

Cosa è cambiato rispetto al passato?

«È cambiato il rapporto tra medico e paziente. Il paternalismo ha lasciato il posto all’accordo. I due soggetti in qualche modo devono stipulare una sorta di contratto. E soprattutto: dopo la sentenza di Cassazione sul caso Eluana tutto è cambiato. Ci sono troppe persone che rischiano di fare la stessa fine. Per la prima volta quella sentenza ha riconosciuto la validità di un testamento biologico orale».

Cosa dovrebbe prevedere la legge?

«Io da giurista e da studioso di bioetica vorrei una legge come quella pensata nel 2003 dal comitato di bioetica: la legge dovrebbe raccogliere le preferenze del malato e assicurare la piena libertà del medico ad accettarle o meno».

Cosa potrebbe migliorare con il testamento biologico?

«Con una dichiarazione anticipata i cittadini sarebbero sicuri di essere ascoltati su scelte terapeutiche fondamentali. A volte anche banali».

Ad esempio?

«Anche solo il fatto di voler morire a casa o in ospedale, di dare il consenso per il trapianto di organi, o solo certi organi».

Il testamento biologico faciliterebbe la medicina?

«Certamente. Aiuterebbe i medici a scegliere tra le terapie lecite, seguendo in modo più fedele la volontà del paziente.

Sull’Osservatore Romano, Lucetta Scaraffia ha riaperto la questione sui confini della morte. Va ridiscusso secondo lei il concetto di morte cerebrale?

«È un problema strettamente scientifico. Occorre affidarsi al più rigoroso dei criteri di accertamento. Il cuore può ricominciare a battere anche dopo mezz’ora. Quando invece a morire è il cervello, non si può più tornare indietro. Questo basta, per me, a dichiarare la morte».

Se una persona non lascia il testamento biologico, quando si può staccare la spina?

«Dipende. Se per staccare la spina si intende un intervento sproporzionato, costoso, invasivo, allora non ha alcun senso praticarlo. Per Eluana si parla invece di un atto umano, e non c’è niente di invasivo».

© Copyright Il Giornale, 25 settembre 2008 consultabile online anche qui.

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