26 settembre 2008

Senza precedenti: Anglicani e Cattolici, pellegrini insieme a Lourdes (Sir e Osservatore Romano)


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ECUMENISMO

Senza precedenti

Anglicani e cattolici, pellegrini insieme a Lourdes

Un pellegrinaggio senza precedenti nella storia del movimento ecumenico.
Su invito del vescovo di Tarbes e Lourdes, mons. Jacques Perrier, l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, leader della Comunione anglicana, si è recato dal 22 al 24 settebmre al Santuario di Lourde, insieme ad un folto gruppi di vescovi, sacerdoti e laici della Chiesa anglicana di Inghilterra - per celebrare il 150° anniversario delle apparizioni della Madonna a santa Bernadette. Ad accoglierlo a Lourdes c'era anche il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione del'unità dei cristiani. Ripercorriamo le tappe più importanti di questo pellegrinaggio ecumenico.

La missione di Maria.

Il pellegrinaggio mariano è cominciato con la celebrazione di una messa internazionale presieduta dal card. Kasper. Il sermone è stato predicato dall'arcivescovo di Canterbury che ha offerto ai presenti una meditazione su Maria. "Maria ci appare qui come la prima missionaria" e "ci ricorda che la missione non inizia con la trasmissione di un messaggio fatto di parole, ma con un viaggio verso un'altra persona con Gesù nel nostro cuore". "il nostro primo e principale compito è portare Gesù con noi, con gratitudine e fede, in ogni nostra azione". L'arcivescovo ha sottolineato anche il rischio di vivere la missione cristiana come "qualcosa da compiere allo stesso modo con cui facciamo altre cose, dove tutto dipende dalla programmazione e dalla valutazione di come stiamo procedendo". Di fronte a questo rischio, ammonisce l'arcivescovo Williams, "la missione di Maria ci dice che esiste sempre una dimensione più profonda, radicata in Cristo che è all'opera, sconosciuto e silenzioso, andando oltre nel profondo del cuore di ognuno"; "vivendo con fede nel cuore della Chiesa, in mezzo ai suoi disastri, tradimenti e confusioni, continuando a dare se stesso senza riserve". "Tutto ciò che chiamiamo missione - ha ammonito il primate - dipende da questo". "La vera missione - ha aggiunto - è pronta a lasciarsi sorprendere da Dio" come Elisabetta che pur conoscendo tutta la storia di Israele "è rimasta sorpresa quando il bambino le è sussultato in grembo".

La speranza di Maria.

Kasper e Williams si sono poi confrontati sulla spiritualità mariana nel corso di una conferenza pubblica. "Lourdes - ha esordito il cardinale è conosciuta per i suoi miracoli, oggi anche noi siamo testimoni di un miracolo particolare". "Chi avrebbe potuto immaginare - solo venti o trenta anni fa che, come sta accadendo oggi, cattolici e anglicani avrebbero intrapreso un pellegrinaggio insieme"?. "Per coloro che sono consapevoli delle controversie e delle polemiche che ci sono state in passato su Maria tra cattolici e cristiani non cattolici, per chi conosce le riserve nel mondo non cattolico riguardo ai pellegrinaggi ai luoghi mariani come Lourdes, per tutte queste persone questo evento senza precedenti, di oggi, è una sorta di miracolo. Sì, in effetti, potremmo anche dire che tutto il movimento ecumenico può essere classificato tra i miracoli. Dopo secoli di divisione e spesso di inimicizia tra i cristiani di molte denominazioni, i nostri tempi moderni hanno segnato l'inizio di un comune pellegrinaggio verso l'unità per la quale Gesù ha pregato alla vigilia della sua morte". Nel ricordare alla fine che "Maria è la donna della speranza benedetta", il cardinale ha concluso. "Questa speranza - fondata non su un ottimismo superfiale ma sulla fedeltà a Dio - è ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro pellegrinaggio ecumenico. Non possiamo scappare e arrenderci quando sorgono difficoltà e quando l'immediato successo non è a portata di mano. Nell'ecumenismo così come nella vita di tutta la Chiesa si deve spesso passare per il tunnel dell'oscurità per raggiungere la luce della Pasqua. Abbiamo quindi bisogno della speranza di Maria. Abbiamo bisogno di speranza anche in questo nostro mondo di oggi".

Scheda

Il dialogo tra cattolici e anglicani su Maria ha portato nel 2005 alla elaborazione di un importante documento congiunto dal titolo "Maria: grazia e speranza in Cristo". Il testo è frutto di 5 anni di lavoro (dal 1999 al 2004) ed è stato realizzato dalla Commissione internazionale di dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese della Comunione Anglicana (Arcic) che fu costituita nel 1970 da papa Paolo VI e dall'allora arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, ed è oggi lo strumento ufficiale del dialogo teologico tra cattolici e anglicani. Nel testo cattolici e anglicani riconoscono "Maria come modello di santità, di fede e di obbedienza per tutti i cristiani " ed affermano che "Maria può essere vista come una figura profetica della Chiesa". Nel documento si affrontano (pur senza risolverli completamente) i nodi controversi relativi ai dogmi mariani dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione e della devozione mariana all'interno della Chiesa Cattolica. Ma nella conclusione si esprime l'auspicio che l'accordo raggiunto orienti cattolici e anglicani "verso la possibilità di un'ulteriore riconciliazione, nella quale i punti che riguardano la dottrina e la devozione verso Maria non debbano più essere visti come divisivi della comunione o come ostacolo a un nuovo passo nella crescita verso la koinonia visibile".

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L'intervento alla conferenza anglicana-cattolica a Lourdes

Il ruolo di Maria nell'unità della Chiesa

Si svolge mercoledì 24 a Lourdes il pellegrinaggio comune anglicano e cattolico, partito dal santuario di Nostra Signora di Walsingham, in Gran Bretagna. Il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, ha presieduto una celebrazione presso la Grotta delle apparizioni. L'omelia è stata pronunciata dall'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana. Nell'ambito del pellegrinaggio è stata prevista una conferenza sul ruolo di Maria nell'unità della Chiesa, durante la quale sono intervenuti il primate anglicano e il cardinale. Pubblichiamo quasi integralmente il testo del porporato.

di Walter Kasper

Lourdes è conosciuta per i suoi miracoli; oggi, anche noi siamo testimoni di un miracolo particolare. Chi avrebbe potuto immaginare solo venti o trenta anni fa che - come avviene oggi - dei pellegrini cattolici e anglicani avrebbero compiuto insieme un pellegrinaggio dal santuario nazionale di Nostra Signora a Walsingham, in Gran Bretagna, a questo luogo di pellegrinaggio mariano, riconosciuto internazionalmente, per la celebrazione del 150° anniversario delle apparizioni di Nostra Signora, e che in questa occasione un cardinale cattolico e l'arcivescovo di Canterbury, capo della Comunione anglicana, e altri sette vescovi anglicani avrebbero pregato insieme? Per quanti conoscono i dibattiti e le polemiche del passato riguardo Maria tra i cattolici e i cristiani delle Chiese non cattoliche, per quanti conoscono le riserve nel mondo non cattolico verso i luoghi mariani di pellegrinaggio come Lourdes, per tutte queste persone l'evento odierno, che non ha precedenti, è una sorta di miracolo.
Certo, possiamo perfino dire che tutto il movimento ecumenico potrebbe essere considerato un miracolo. Dopo secoli di divisione e spesso d'inimicizia tra i cristiani di molte denominazioni, i nostri tempi moderni hanno segnato l'inizio di un pellegrinaggio comune verso l'unità per la quale Gesù Cristo ha pregato alla vigilia della sua morte, quando ha chiesto al Padre che tutti i suoi discepoli fossero una cosa sola. Il concilio vaticano ii ha giustamente affermato che il movimento ecumenico non è un'impresa e uno sforzo meramente umano, bensì un impulso dello Spirito Santo per rispettare il testamento di Gesù al termine della sua vita terrena. Pertanto, dal concilio vaticano ii, la Chiesa è in missione per l'unità di tutti i cristiani, come sottolineate con il vostro pellegrinaggio, e mi congratulo con voi per questa splendida iniziativa.
Riflettiamo dunque questo pomeriggio su un tema che non è comune od ovvio tra gli ecumenisti, ma che ciononostante è importante. Parliamo di Maria e dell'unità della Chiesa, di Maria e del movimento ecumenico verso la piena e visibile unità.
Non si tratta di una questione insormontabile come qualcuno potrebbe pensare. La devozione mariana è esistita in tutti i periodi della storia della Chiesa, come Nostra Signora stessa aveva profetizzato: "D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata"! Come cattolici condividiamo la venerazione per Nostra Signora specialmente con i nostri fratelli e con le nostre sorelle ortodossi, che in molti splendidi inni la lodano come Theotokos (Madre di Dio), Aeiparthenos (Sempre Vergine) e Panhagia (Tutta Santa).
Ma la devozione mariana esisteva anche al tempo della Riforma. Nel 1521 Martin Lutero ha scritto un testo splendido e ammirevole sul famoso cantico di Maria, il Magnificat, testo che solo 17 anni dopo è stato pubblicato anche in inglese. Lutero per tutta la vita ha venerato con fervore Maria, che professava, con i Credi antichi e i concili della Chiesa indivisa del primo millennio, come vergine e Madre di Dio. Era critico solo riguardo ad alcune pratiche, che considerava abusi ed esagerazioni. Esistono anche molti altri testi dei riformatori del XVI secolo, che nel secolo scorso sono stati raccolti e pubblicati con il titolo Das Marienlob der Reformatoren (La lode mariana dei riformatori, 1987).
Nella Riforma inglese del XVI secolo osserviamo lo stesso fenomeno. Sebbene il santuario medievale di Our Lady of Walsingham, risalente all'xi secolo, fosse stato tristemente distrutto per ordine di re Enrico viii, i riformisti inglesi continuarono ad accettare la dottrina della Chiesa antica riguardante Maria - Maria come sempre vergine, come Madre di Dio - perché consideravano queste dottrine sia scritturali sia corrispondenti alla tradizione antica comune. Pertanto, il Libro della preghiera comune anglicano del XVI secolo conservò le solennità mariane tradizionali dell'anno liturgico: Concezione di Maria, Natività di Maria, Annunciazione, Visitazione e Purificazione o Presentazione.
Purtroppo - specialmente dal tempo dell'Illuminismo - negli ambiti protestanti, e anche in alcuni ambiti anglicani, ha prevalso principalmente uno spirito noto come minimalismo mariologico. Nostra Signora è stata spesso trascurata e le testimonianze bibliche su di lei sono state ignorate; alcuni hanno perfino ritenuto di dover completare la riforma rifiutando ciò che i riformatori ancora conservavano dell'antica e comune tradizione.
Ai nostri giorni, attraverso una lettura e una meditazione rinnovate e nuove delle Sacre Scritture, osserviamo un cambiamento lento ma decisivo. Oggi, non sono poche le donne evangeliche e anglicane che scoprono Maria come loro sorella nella fede. Nel Catechismo evangelico per adulti, testo ufficiale tedesco, pubblicato esattamente venti anni fa, nel 1988, si trova l'interessante e in qualche modo sorprendente affermazione: "Maria non è solo "cattolica"; è anche "evangelica"". È evangelica perché appare nell'Evangelio, nel Vangelo. Un'altra dichiarazione luterano-cattolica, Communio sanctorum (La comunione dei santi, 2000) e una dichiarazione del famoso Gruppo di Dombes in Francia, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi (1997), hanno approfondito questa prospettiva e hanno portato a un ulteriore progresso nella comprensione e nel credo comune.
Infine, in questo contesto riveste una particolare importanza l'ultimo documento, una dichiarazione di accordo della Commissione internazionale anglicana-cattolica romana (Arcic), pubblicata nel 2004, che ha il titolo significativo di Maria: grazia e speranza in Cristo. Mentre questa dichiarazione di accordo non ha ottenuto il pieno consenso, vi è stato però un consenso sorprendentemente alto sul posto speciale di Maria nella storia della salvezza, nella vita della Chiesa e nel discepolato cristiano.
Questa breve descrizione dei nostri dialoghi ecumenici ci dice: Maria non è assente, è presente nel dialogo ecumenico; le Chiese hanno compiuto progressi nel riavvicinamento riguardo alla dottrina su Nostra Signora. Nostra Signora non ci divide più, ma ci riconcilia e ci unisce in Cristo suo Figlio. Specialmente il risultato del nostro dialogo anglicano-cattolico, tenendo conto delle deplorevoli agitazioni e delusioni in altri ambiti dei nostri rapporti, può essere considerato un segno positivo e incoraggiante di speranza, forse perfino un piccolo miracolo, dono del quale non potremo mai ringraziare abbastanza il Signore. Vi è motivo per sperare che Nostra Signora ci aiuti a superare le difficoltà attuali nei nostri rapporti, di modo che con l'aiuto di Dio possiamo continuare il nostro pellegrinaggio ecumenico comune, che abbiamo iniziato su impulso dello Spirito di Dio e che finora è stato benedetto da tanti buoni frutti. Sono davvero convinto che, come spesso è accaduto in passato, anche ai nostri giorni e in futuro Maria sarà l'aiuto dei cristiani nelle situazioni di bisogno, come lo sperimentiamo oggi nel nostro pellegrinaggio ecumenico.
Di seguito non intendo illustrare per intero tutti i documenti menzionati sopra, e ancor meno illustrare l'intero dibattito teologico riguardo la dottrina su Maria nel contesto ecumenico attuale. Desidero qui trattare il tema "Maria e l'unità della Chiesa" solo da una prospettiva cattolica, e posso farlo soltanto in modo frammentario. Ma prenderò qualche spunto dal titolo del sopra menzionato documento d'accordo anglicano-cattolico Maria: grazia e speranza in Cristo. Questo titolo, infatti, ci dice che Maria è un segno unico e una testimonianza unica di ciò che è il centro e il cuore della Buona Novella del Vangelo. È un segno unico e una testimonianza unica di ciò che è fondamentale per il discepolato cristiano. Infine, rappresenta ciò che oggi ci manca e di cui abbiamo più bisogno: grazia e speranza, grazia e speranza anche nel cammino verso l'unità della Chiesa: grazia e speranza.
Anzitutto la grazia. All'inizio del suo Vangelo, Luca ci parla dell'annunciazione della venuta nella carne del Figlio di Dio nel nostro mondo. L'angelo saluta la Vergine Maria: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". Nel testo greco leggiamo: ti saluto Maria, kecharismene, che in inglese spesso viene tradotto come "tu sei prescelta", ossia Dio ha un particolare riguardo per te, ti ha preferita e ti ha scelta dall'eternità, ti ha benedetta e ti ha preparata con la pienezza della sua grazia affinché, senza macchia di peccato, fossi pronta per la tua vocazione e per la tua missione unica di diventare la Madre del Signore, Figlio di Dio e Salvatore di tutti gli uomini. Con te, la salvezza del mondo entra nella fase finale; tu, piena di grazia, sei l'alba della nuova umanità, della nuova creazione.
Guardare a Maria significa proiettare la nostra mente verso l'eternità e vedere il disegno eterno di Dio per la salvezza degli uomini e conoscere la grazia abbondante di Dio, con la quale non ha voluto che, dopo la caduta nel peccato e tutte le sue tragiche conseguenze, l'alienazione tra uomini e donne, tra i diversi gruppi etnici, l'alienazione dentro di noi derivante dall'alienazione da Dio, fossimo perduti per sempre. Solo attraverso il sì che Dio dice a noi e al mondo, solo per la Sua grazia l'umanità può sopravvivere.
In questo piano eterno di salvezza Maria trova il suo posto e la sua missione. Al momento dell'annunciazione ha rappresentato indirettamente tutti gli uomini. Con il suo sì - "sì, eccomi, sono la serva del Signore" - con questo suo sì, il sì eterno di Dio ha potuto compiersi nel nostro mondo. Ella ha pronunciato questo umile sì a nome di tutti noi, a nome di tutta l'umanità. Ma non lo ha fatto per se stessa, così come non ha fatto nulla per se stessa, bensì come la kecharismene, benedetta e piena di grazia. Così ha potuto magnificare Dio: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore".
Pertanto, Maria è segno, testimonianza, profeta e destinataria della grazia di Dio. Ci dice: nulla è possibile, niente può essere fatto, né noi né il mondo potremmo sopravvivere, senza la grazia di Dio. Per tutto ciò che siamo dobbiamo ringraziare Dio; per tutto dobbiamo lodare Dio, nostro creatore e nostro redentore. Anche noi dobbiamo gioire del misericordioso sì che dice a ciascuno di noi. Esistiamo inoltre solo per grazia. In ogni momento della nostra vita Dio deve dirci: sì, voglio che tu sia. E per giunta non veniamo salvati dai nostri modesti meriti e sforzi, dal nostro comportamento morale o dalle nostre azioni umane più o meno corretti, ma solo dalla grazia, sola gratia. Su questa verità fondamentale i cattolici, gli anglicani e i protestanti non hanno più controversie; su questa verità fondamentale possono testimoniare e annunciare insieme a un mondo che ha bisogno di questo messaggio, poiché sbaglia quando crede che con le nostre capacità scientifiche e tecniche possiamo realizzare da soli la nostra felicità. No, non siamo noi gli artefici della nostra felicità. Viviamo e veniamo salvati dalla grazia.
Ciò che è vero per ciascuno di noi è vero anche per tutta la comunità dei credenti, per la Chiesa. La Chiesa non è soltanto un corpo costruito socialmente, non è soltanto il risultato della disponibilità umana a vivere, a lavorare e a stare insieme. Se la Chiesa avesse dovuto sopravvivere solo con le sue potenzialità umane sarebbe crollata già molto tempo fa. No, la Chiesa esiste e vive perché, rappresentata da Maria, è la kecharismene, la prescelta, l'eletta, convocata, benedetta e colmata di grazia dal Signore. Come Chiesa siamo il popolo di Dio e il suo tempio.
Pertanto, non possiamo fare, organizzare o manipolare l'unità della Chiesa. La piena unità, che cerchiamo e per la quale preghiamo, è - come tutta la storia della salvezza - opera di Dio, dono di Dio e grazia di Dio. Pertanto, il cuore e il centro stesso dell'ecumenismo è l'ecumenismo spirituale, che rende nostra la preghiera pronunciata dal Signore alla vigilia della sua passione: "Affinché tutti siano una cosa sola".
Il grande maestro francese dell'ecumenismo spirituale, l'Abbé Paul Couturier, ha formulato l'obiettivo del movimento ecumenico non come unità intesa come nostro progetto, ma un'unità quando, dove e come Dio vuole che sia. L'ecumenismo non dipende dai nostri progetti. È un progetto di Dio. Non siamo noi a dominare questo processo. Ma sappiamo che chiunque prega nel nome di Cristo può essere certo che la sua preghiera verrà esaudita. Il fare nostra la preghiera di Cristo per l'unità dei suoi discepoli contiene la promessa che l'unità verrà, quando, dove e come la suprema provvidenza di Dio ha disposto.
Questo mi porta al prossimo punto. Maria - come abbiamo detto - è segno e testimonianza del sì di Dio al nostro mondo, a ciascuno di noi e alla Chiesa. Ora, però, dobbiamo completare questa prima tesi con una seconda. Maria ha risposto al sì di Dio con il proprio sì. "Eccomi, sono la serva del Signore". Così, come Madre di Dio, è diventata l'ingresso di Dio nel nostro mondo. Ha donato Gesù Cristo a noi e a tutta l'umanità. Ma l'essere madre non si conclude col dare alla luce un bambino; una madre rimane madre per sempre. Quindi Nostra Signora ha accompagnato con la sua maternità tutta l'esistenza del Figlio sino alla fine della sua vita terrena. Con tristezza, lo ha cercato quando, dodicenne, sembrava essersi perso, e lo ha seguito fino alla croce. È rimasta sotto la croce a soffrire con Lui e aggiungendo la propria sofferenza alla sua, diventando la Madre addolorata. Non stava ai piedi della croce solo fisicamente, poiché con lei c'era il sì che aveva pronunciato in principio. Rimase fedele alla sua vocazione e alla sua missione.
Anche sotto questo aspetto Maria è un esempio, un modello, una forma del nostro discepolato. Dio chiede il nostro sì in risposta al suo sì; Dio vuole che - ispirati, sostenuti e rafforzati dalla sua grazia - siamo collaboratori e cooperatori nella sua opera salvifica. O, come afferma sant'Agostino: "Lui, che ci ha creati senza di noi, non ci redime senza di noi". Ognuno di noi ha una vocazione e una missione personale, il proprio carisma, ognuno ha il proprio posto. Di solito, non sempre si tratta di vocazioni grandi, comunemente riconosciute, potenti o spettacolari. Maria non rappresenta i potenti, i superbi e i ricchi; rappresenta i piccoli, gli indifesi, i poveri, i miti, gli umili. È tenera con i malati e i disabili, è tenera anche con i peccatori. Tutti questi sono figli di Dio. Quindi ciascuno di noi ha il proprio compito, il proprio slancio nel mondo e nella Chiesa per la realizzazione del piano salvifico di Dio.
Ciascuno di noi ha anche la missione di lavorare per realizzare l'ultima volontà di Cristo, l'unità dei suoi discepoli. Esistono molti modi per cooperare, più di quelli che pensiamo normalmente: con la preghiera, come già abbiamo detto, con la sofferenza, con una vita di purezza e di santità, con il dialogo della vita e dell'amore, con l'interesse e il rispetto per la fede degli altri cristiani, con la solidarietà anche con i problemi interni delle altre comunità cristiane, come fratelli e sorelle in Cristo dobbiamo aiutarci gli uni gli altri. Poi possiamo cooperare testimoniando la nostra fede cattolica e spiegando con pazienza e amore la nostra posizione quando gli altri hanno difficoltà a capirla. In tal modo possiamo imparare gli uni dagli altri, cosa che Papa Giovanni Paolo ii ha definito uno scambio non solo di idee, ma anche di doni. In tutto questo non dobbiamo dimenticare che l'unità può essere realizzata con l'amore e con la verità. Queste sono strettamente collegate tra di loro. La verità senza amore può essere dura e ripugnante, ma l'amore senza verità diventa disonesto. Quindi dobbiamo dire la verità nell'amore, cioè non con arroganza, ma con rispetto, sensibilità e pazienza.
Infine, possiamo e dobbiamo testimoniare insieme ciò che abbiamo in comune, che è di più di ciò che ci divide. Il mondo attuale ha bisogno della nostra testimonianza comune. E quando parliamo insieme, la nostra voce è molto più convincente. Pertanto, ogni volta che è possibile, dobbiamo parlare con una sola voce e dobbiamo lavorare insieme per la venuta del Regno di Dio nel nostro mondo.
Permettetemi ora di arrivare all'ultimo punto, che è forse quello più importante. Siamo partiti dall'annunciazione, l'inizio della missione di Nostra Signora. Ora guardiamo alla fine della vita terrena di Gesù: Maria ai piedi della croce. Dalla croce Gesù vede sua Madre e il discepolo che ama e pronuncia le famose parole "Donna, ecco il tuo figlio", e al discepolo: "Ecco la tua madre".
Il discepolo che Gesù ama, nel quarto Vangelo rappresenta tutti i discepoli. Rappresenta tutti noi. Quindi Gesù, quando ha lasciato questo mondo, non ha voluto lasciarci orfani. Ci ha lasciato sua Madre come Madre di tutti noi. In un certo senso, e in senso correttamente inteso, l'ha resa Madre della Chiesa. E poiché normalmente la madre è il centro dell'unità della famiglia, anche Nostra Signora è stata resa Madre dell'unità della Chiesa.
In primo luogo - come ci ha detto il concilio vaticano ii facendo riferimento a un'espressione di sant'Ambrogio - ella è il typos, il modello dell'unità della Chiesa. Prima tra tutti i discepoli di Cristo, rappresenta ciò che la Chiesa è o dovrebbe essere: il sì indiviso dei fedeli al sì di Dio in una vita di purezza e di santità, una vita di preghiera e di amore. Ella ci dice che cosa fare. Alle nozze di Cana in Galilea dice ai servi: "Fate quello che vi dirà!". Non indica se stessa, bensì Gesù!
Quali altre ragioni, infatti, vi sono state e continuano a esservi per le divisioni nella Chiesa se non che non abbiamo vissuto e ancora non viviamo come ci dice Gesù, se non che il nostro amore e la nostra fede sono stati indeboliti. Anche oggi vi sono divari crescenti perché molti non ascoltano ciò che ci dicono Gesù e le Sacre Scritture, bensì ciò che appare piacevole nella cultura moderna e post-moderna. Ogni volta che il pensiero secolare e i parametri di questo mondo intaccano la Chiesa, l'unità della Chiesa è in pericolo. Maria ci guida non verso ciò che è gradito a tutti, ma talvolta ci conduce anche ai piedi della croce. Pertanto, non esiste altro mezzo per tracciare nuovamente il cammino verso la piena unità dell'essere come Maria, cioè seguaci decisi di suo Figlio. Troveremo l'unità della Chiesa attraverso l'unità con Lui; e nella misura in cui siamo uniti a Lui, saremo uniti anche tra di noi. Dunque, scegliamo Maria come esempio, come modello e come tipo della nostra vita e della vita della Chiesa, e in tal modo compiremo dei passi avanti nel nostro pellegrinaggio ecumenico.
In secondo luogo, Maria è Madre della Chiesa e dell'unità della Chiesa perché intercede instancabilmente per noi presso suo Figlio. A lei possiamo affidare le nostre preghiere. So che questo è un punto difficile per i nostri fratelli e sorelle protestanti e anche per molti anglicani. Hanno difficoltà a comprendere l'intercessione dei santi e anche l'intercessione della regina di tutti i santi. Temono che con le nostre preghiere a Maria e ai santi il ruolo e il posto unico di Cristo come unico e vero capo della Chiesa e come unica sorgente di ogni grazia, potrebbero essere messi in discussione.
Il concilio vaticano ii ha ribadito che la nostra venerazione per Nostra Signora e la nostra fiducia in lei non sminuisce né mina, bensì vuole mettere in evidenza Cristo, come capo unico e unica sorgente di grazia. E Maria non vuole essere per niente lontana da Cristo o senza di Lui; ella è il suo primo discepolo e l'umile ancella di Dio. Ma come qualsiasi madre intercederebbe per i propri figli, e così come ogni madre, dopo la propria morte, intercederebbe in cielo e dal cielo, anche Maria accompagna la Chiesa nel suo pellegrinaggio e nel suo viaggio, spesso in un mare tempestoso, con la sua sollecitudine materna. E sono convito che accompagni anche la Chiesa nel suo cammino e nel suo pellegrinaggio verso la piena comunione. In lei, nostra Madre, possiamo confidare. Sta con noi ai piedi della croce e sente con tutti noi la sofferenza delle nostre divisioni; ci guida dal venerdì santo alla Pasqua e alla vita nuova e alla luce della Pasqua. È la Madre della speranza.
Abbiamo iniziato dicendo che Maria è per noi testimonianza di grazia e speranza. Pertanto, per concludere, consentitemi di dire qualche parola sulla speranza. Maria è la donna della speranza benedetta. Con lieta speranza ha portato suo Figlio in grembo, al di là della montagna, da sua cugina Elisabetta. Ai piedi della croce non ha ceduto alla disperazione; non è scappata come, con l'eccezione di Giovanni, hanno fatto tutti i discepoli uomini. Risoluta, è rimasta ai piedi della croce perché credeva che a Dio nulla è impossibile. Così, con le altre donne, era tra gli apostoli e i discepoli dopo l'ascensione del Signore a pregare per lo Spirito promesso. È rimasta sino alla fine la donna della speranza per la venuta finale del regno di Dio. Sapeva: non saranno le forze del male, dell'ingiustizia, dell'odio e della falsità, ma solo Dio a dire l'ultima parola, e allora la giustizia prevarrà sull'ingiustizia, l'amore prevarrà sull'odio e la verità prevarrà su ogni falsità.
Questa speranza, fondata non su un ottimismo superficiale ma sulla fedeltà di Dio, è ciò di cui abbiamo bisogno nel nostro pellegrinaggio ecumenico. Non possiamo fuggire e arrenderci quando sorgono delle difficoltà e il successo immediato non è a portata di mano. Nell'ecumenismo, come in tutta la vita della Chiesa, dobbiamo spesso attraversare il tunnel dell'oscurità al fine di raggiungere la luce pasquale. Quindi abbiamo bisogno della speranza di Maria. La speranza è anche ciò di cui abbiamo bisogno oggi nel nostro mondo. La speranza oggi scarseggia. C'è una mancanza di prospettiva e spesso camminiamo nella nebbia e nella foschia. Ma senza speranza, nessuno, nessun popolo e nemmeno la Chiesa possono vivere; senza speranza non c'è entusiasmo, non c'è coraggio per i grandi obiettivi e le grandi aspirazioni.
Pertanto, guardiamo a Nostra Signora, la donna della benedetta speranza, impariamo da lei, seguiamola, perché indica e guida verso Gesù, suo Figlio, come luce del mondo, via, verità e vita. Ella è l'aurora e la stella del mattino che annuncia il sorgere del sole. Ci accompagna, ci aiuta, ci guida, ci incoraggia a realizzare ciò per cui Gesù ha pregato e che ci ha lasciato come suo testamento: che tutti siano una cosa sola.

(©L'Osservatore Romano - 25 settembre 2008)

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