6 ottobre 2007

Il discorso del Papa sulla legge morale naturale: lo speciale di Avvenire


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IL RICHIAMO DEL PAPA ALLA LEGGE MORALE NATURALE

Rende vivi i precetti che «naturalmente» pulsano in noi

FRANCESCO D’AGOSTINO

Il forte richiamo del Papa alla dottrina della legge morale naturale, nel discorso che ha rivolto ieri ai membri della Commissione teologica internazionale, verrà con probabilità, ma a torto, giudicato 'antiquato' da qualche studioso di etica e di diritto. Se da una parte è innegabile che da due secoli a questa parte viviamo (in Occidente!) in un contesto culturale dominato dal positivismo etico e giuridico, è però altrettanto vero – ed è semplice onestà intellettuale riconoscerlo – che il predominio del positivismo non ha mai svuotato di senso le ragioni del giusnaturalismo, che ha continuato a essere difeso ad altissimo livello da pensatori di primissimo rango (basti pensare a Maritain e a Radbruch, o in Italia, a Rosmini e a Cotta).
La questione posta da Benedetto XVI, però, non può essere ridotta nei termini di una tutto sommato sterile disputa sull’'attualità' della dottrina della legge naturale. Il Papa indica alcuni punti forti, che giustificano l’attenzione per questa dottrina. In primo luogo, egli spiega, non si tratta di una dottrina «confessionale». La legge morale naturale viene indubbiamente illuminata dalla Rivelazione, ma, nei suoi princìpi, essa si rivolge a tutti gli uomini, perché il bene umano – che attraverso il rispetto della legge naturale siamo in grado di attingere – non è il bene dei soli credenti, ma di tutti gli uomini «di buona volontà». È per questo, aggiunge il Papa, che il contenuto etico della fede cristiana (che coincide nell’essenziale con quello della legge naturale) non si sostanzia in norme «imposte» ai credenti, ma rende vivi quei precetti che «naturalmente» ognuno di noi percepisce attraverso la voce della coscienza e per ubbidire ai quali un orientamento di fede è sì preziosissimo ma non è propriamente indispensabile: anche il non credente è in grado di accettare i dieci comandamenti come precetti giustificati dalla comune ragione umana. Al di là delle sottili (e legittime) tematizzazioni teoretiche dei moralisti e dei filosofi del diritto, Benedetto XVI pone in chiaro come la legge naturale sia l’unica condizione di possibilità per un dialogo onesto, pacificante e credibile tra tutti gli uomini. Il Papa sottopone queste considerazioni a una sorta di verifica 'a contrario'.

Se si abbandona il riferimento alla legge naturale, cosa può garantire la coesistenza secondo giustizia degli esseri umani? Perché i più forti dovrebbero rispettare i più deboli, se non esiste una legge, come quella naturale, che pone ogni uomo, senza distinzione, come titolare di diritti assoluti? Non è vero che tolleranza e rispetto possano essere garantiti solo dalla dottrina che più di ogni altra nega l’esistenza di una legge naturale, e cioè il «relativismo etico», oggi tanto di moda. Mancando di un riferimento al bene umano oggettivo, al relativismo non resta che avvalorare meccanismi democratici di formazione di consensi maggioritari. Naturalmente, delibere prese grazie al consenso di una maggioranza sono politicamente ben più tranquillizzanti di decisioni tiranniche e dispotiche. «Ma la storia – dice il Papa – dimostra con grande chiarezza che anche le maggioranze possono sbagliare».

Questa non è una critica alla democrazia – come scioccamente qualcuno potrebbe pensare – ma l’espressione di una lucida esigenza: anche chi condivide fino in fondo le ragioni della democrazia deve pur elaborare un qualche criterio per condannare – quando questo sia il caso – le decisioni aberranti e disumane che possono essere assunte purtroppo anche attraverso impeccabili meccanismi democratici. Il riferimento alla legge naturale, e questo soltanto, ci fornisce simili criteri: ecco l’ammonimento del Papa. Coloro che non vogliano accettarlo lo recepiranno come una sfida: a costoro l’onere di confutare un insegnamento non solo fondato su una tradizione bimillenaria ma, cosa forse ancor più rilevante, sull’intelligenza del senso comune.

© Copyright Avvenire, 6 ottobre 2007

Oggi, a parte l'ottimo Tornielli e qualche altra eccezione, nessuno dei giornaloni si e' degnato di commentare il discorso del Papa davanti alla Commissione Teologica Internazionale. Forse non si hanno gli strumenti per comprendere un discorso cosi' articolato ed importante? :-)
R.

VANGELO E SOCIETÀ

«Salviamo la democrazia dal relativismo»

Il Papa: nella legge morale naturale la vera garanzia dei diritti e della dignità di ogni uomo

DI LORENZO ROSOLI

La posta in gioco: la democrazia e i diritti umani. Il rischio che incombe: la loro disintegrazio­ne sotto i colpi del «relativismo etico» e dello «scetticismo». La via da per­correre: il riconoscimento della «leg­ge morale naturale» quale fonda­mento dell’ordinamento democrati­co, della dignità e libertà d’ogni esse­re umano. La lezione della storia: «le maggioranze possono sbagliare». Non è un discorso «confessionale» – parola sua – quello che Benedetto X­VI ha rivolto ieri ai membri della Com­missione teologica internazionale. Ma una sfida che interpella «tutte le coscienze degli uomini di buona vo­lontà, laici o anche appartenenti a re­ligioni diverse dal cristianesimo».
Papa Ratzinger ha ricevuto i teologi della Commissione – guidati dal suo presidente, il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazio­ne per la dottrina della fede – al ter­mine della loro annuale Sessione ple­naria. E ha rivolto loro un discorso forte, lucido e accorato insieme (che pubblichiamo integralmente in que­sta pagina). Il tema centrale: la legge morale naturale. Si tratta di una del­le questioni che nel quinquennio in corso (2004-2008) stanno impegnan­do la Commissione teologica inter­nazionale, organismo della Santa Se­de costituito per aiutare il Papa e la Congregazione per la dottrina della fede nell’esame delle più importanti e delicate tematiche dottrinali.
Fra queste «i principi della teologia e del suo metodo», ha rammentato Rat­zinger. Appena prima aveva accen­nato ad uno dei «frutti concreti» del settimo «quinquennio» di lavori, «la pubblicazione del documento La spe­ranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo », confi­dando che tale documento possa of­frire «un aiuto e una sorgente di con­solazione per i fedeli che hanno sof­ferto nelle loro famiglie la morte i­nattesa di un bambino» prima di giungere al fonte.
Ma nell’agenda della Commissione ci sono anche i «fondamenti» e la «dottrina sulla legge morale naturale», un tema che – su invito della Congre­gazione per la dottrina della fede – sta impegnando la riflessione di centri u­niversitari e associazioni. Ora «si at­tende il contributo della Commissio­ne teologica», ha affermato il Papa, chiedendo che sia «mirato soprattut­to a giustificare e illustrare i fonda­menti di un’etica universale, appar­tenente al grande patrimonio della sapienza umana, che in qualche mo­do costituisce una partecipazione della creatura razionale alla legge e­terna di Dio».
Attingendo al Catechismo della Chie­sa cattolica, là dove riassume «il con­tenuto centrale della dottrina sulla legge naturale», Ratzinger ha osser­vato come «con questa dottrina si rag­giungono due finalità essenziali: da una parte, si comprende che il con­tenuto etico della fede cristiana non costituisce un’imposizione dettata dall’esterno alla coscienza dell’uomo, ma una norma che ha il suo fonda­mento nella stessa natura umana; dall’altra, partendo dalla legge natu­rale di per sé accessibile ad ogni crea­tura razionale, si pone con essa la ba­se per entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà e, più in ge­nerale, con la società civile e secola­re ».
A compromettere questo dialogo, però, è «l’influsso di fattori di ordine culturale e ideologico» che – ha de­nunciato il Papa – stanno suscitando «smarrimento e confusione» nella so­cietà. Si tratta di quella «concezione positiva del diritto», alimentata dal «relativismo etico», che individua nel­la «maggioranza dei cittadini» la «fon­te ultima della legge civile», fosse pu­re «la maggioranza di un momento». Ma «la storia dimostra con grande chiarezza che le maggioranze posso­no sbagliare».
Quando, allora, «sono in gioco» i «di­ritti fondamentali dell’uomo» – la di­gnità della persona umana, la vita, la famiglia, l’equità dell’ordinamento sociale – «nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scrit­ta dal Creatore nel cuore dell’uomo, senza che la società stessa venga drammaticamente colpita in ciò che costituisce la sua base irrinunciabile. La legge naturale diventa così la vera garanzia offerta ad ognuno per vive­re libero e rispettato nella sua dignità, e difeso da ogni manipolazione ideo­logica e da ogni arbitrio e sopruso del più forte – scandisce il Papa –. Se per un tragico oscuramento della co­scienza collettiva, lo scetticismo e il relativismo etico giungessero a can­cellare i principi fondamentali della legge morale naturale, lo stesso ordi­namento democratico sarebbe ferito radicalmente nelle sue fondamenta». Contro questa «crisi della civiltà u­mana, prima ancora che cristiana, oc­corre mobilitare tutte le coscienze». Non solo quelle dei cristiani, non so­lo quelle dei credenti.

© Copyright Avvenire, 6 ottobre 2007


LA CITAZIONE

Il Catechismo e la dottrina della legge naturale

Nell’udienza ai membri della Commissione teologica internazionale, il Papa ha fatto riferimento al numero 1955 del Catechismo della Chiesa cattolica. Ecco il testo completo. «La legge “divina e naturale” [Concilio Ecumenico Vaticano II,“Gaudium et spes”, 89] mostra all’uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine. La legge naturale indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l’aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell’altro come uguale a se stesso. Nei suoi precetti principali essa è esposta nel Decalogo. Questa legge è chiamata naturale non in rapporto alla natura degli esseri irrazionali, ma perché la ragione che la promulga è propria della natura umana.
Dove dunque sono iscritte queste regole, se non nel libro di quella luce che si chiama verità? Di qui, dunque, è dettata ogni legge giusta e si trasferisce retta nel cuore dell’uomo che opera la giustizia, non emigrando in lui, ma quasi imprimendosi in lui, come l’immagine passa dall’anello nella cera, ma senza abbandonare l’anello [Sant’Agostino,“De Trinitate”, 14, 15, 21]. La legge naturale altro non è che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare.
Questa luce o questa legge Dio l’ha donata alla creazione [San Tommaso d’Aquino,“Collationes in decem praeceptis”, 1]».

© Copyright Avvenire, 6 ottobre 2007


LA COMMISSIONE

Dal 1969 raccoglie teologi di tutto il mondo

Compito della Commissione teologica internazionale è di aiutare la Congregazione per la dottrina della fede nell’esame delle questioni dottrinali di maggiore importanza. È composta da teologi di diverse scuole e nazioni; i suoi membri – di numero non superiore a trenta – sono nominati dal Papa per un quinquennio, dopo consultazione con le Conferenze episcopali, su proposta del prefetto della Congregazione, che è anche presidente della Commissione stessa – attualmente il cardinale William Joseph Levada. La Commissione fu istituita da Paolo VI l’11 aprile 1969 in attuazione alla proposta fatta dalla prima assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi. Si raduna in «assemblea plenaria» almeno una volta l’anno ma può operare anche a livello di sottocommissioni.

© Copyright Avvenire, 6 ottobre 2007

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