4 ottobre 2007

Mascarino: l'otto per mille può essere destinato ai sacerdoti perchè sostituisce la "congrua", cioè il risarcimento per i beni sottratti nell'800!


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«La Chiesa una casta? Così è speso l'otto per mille»

Alberto Bobbio

Roma La Conferenza episcopale reagisce e non ci sta a farsi mettere sotto accusa quasi fosse una multinazionale del denaro, avuto dai contribuenti italiani, ramificata in tutto il Paese. Ieri, dopo la pubblicazione su «Repubblica» dell'ennesima inchiesta sui privilegi della Chiesa e sui presunti aggravi per le casse dello Stato, con una lunga dichiarazione al Sir, l'agenzia di stampa vicina alla Cei, che serve tra l'altro i 160 settimanali diocesani d'Italia, Paolo Mascarino, responsabile dell'8 per 1000 e delle cosiddette offerte deducibili, ha definito il servizio del quotidiano «una comunicazione scorretta e contraddittoria»: «Il giornale prima afferma che la Cei non dichiara la spese, ma poi annuncia che lo spot dell'otto per mille sullo tsunami è costato nove milioni di euro».
Mascarino ricorda che tutti i bilanci relativi all'otto per mille sono pubblici: «Si trovano sul sito internet della Cei, il quotidiano Avvenire pubblica ogni anno un dossier con i resoconti e la Cei compera ogni anno anche una pagina su Repubblica, Corriere e Sole 24 Ore, per diffondere le notizie relative alle destinazione dell'otto per mille». La Cei respinge anche le accuse di chi dipinge vescovi e clero italiano come una «casta».
Lo aveva già fatto nei giorni scorsi il rettore dell'Università cattolica Lumsa di Roma, il professor Giuseppe Dalla Torre, giurista, esperto di rapporti tra Stato e Chiesa e per sette anni, dal 1976 al 1983, segretario della delegazione del governo italiano alla Commissione paritetica per la revisione del Concordato tra Italia e Santa Sede. Dalla Torre aveva osservato che la «Chiesa non è una casta, ma una realtà che vive nella società civile e porta soldi allo Stato con le sue opere sociali, educative e assistenziali».
Ieri la Conferenza episcopale italiana ha offerto anche un quadro di sintesi, facilmente reperibile per altro sul suo sito, di come spende il denaro dei contribuenti. Un prete di prima nomina ha uno stipendio di 852,93 euro. Dopo trent'anni arriva a prendere 1308,57 euro. Il 35,7% dei soldi dell'otto per mille vanno al sostentamento del clero. Quest'anno l'otto per mille arriva a 991 milioni e 278 mila euro. Di questi 205 milioni sono stati impegnati per interventi caritativi in Italia e all'estero. Per esigenze di culto e di pastorale sono stati destinati 432 milioni e 570 mila euro, di cui 185 milioni per le chiese e la tutela dei beni culturali. Fonti della Cei specificano che «la cifra dell'otto per mille varia di anno in anno poiché i soldi derivano dalle scelte dei cittadini, che possono dare i soldi alla Chiesa oppure no».
Paolo Mascarino aggiunge che la contrapposizione tra una presunta scelta obbligata in Italia e volontaria in altri Paesi è sbagliata e cita il caso della Germania dove esiste una «tassa obbligatoria» a favore della Chiesa cattolica e delle altre religioni indipendentemente dal reddito.

Quanto al fatto, citato nell'inchiesta di Repubblica, che i valdesi destinano tutti i soldi dell'otto per mille da loro percepito agli interventi caritativi, Mascarino replica che «nell'Intesa stipulata tra i valdesi e lo Stato italiano per loro non c'è la possibilità di destinare denaro per lo stipendio ai pastori, perché in passato non avevano la congrua, che l'otto per mille sostituisce».

Nell'Intesa con la Chiesa cattolica invece questa possibilità è riconosciuta, proprio perché prima della firma del nuovo Concordato, i sacerdoti ricevevano dallo Stato «l'assegno di congrua», che veniva dato in sostituzione, e in pratica in riparazione, dei beni ecclesiastici incamerati dallo Stato nell'Ottocento.

L'assegnazione dei fondi dell'otto per mille viene deciso ogni anno dall'assemblea di tutti i vescovi della Cei, sulla base di delibere votate per alzata di mano. C'è una quota uguale per tutte le diocesi e una quota ripartita in base alla popolazione residente. Il capitolo riguardante gli interventi caritativi è stato dettagliato in modo preciso in una pubblicazione «Dalle parole alle opere», che fa il punto su quanto è stato destinato dal 1990 al 2004. Sono 400 pagine con nomi, indirizzi, tipo di interventi e cifre al centesimo, che spiega la ripartizione di 719 milioni di euro, spesi in quell'arco di tempo, per 6.275 interventi caritativi.
Riguardo agli spot, Paolo Mascarino ha precisato ieri che sono cinque e non uno gli spot girati dalla Cei ogni anno: due per la carità, due per il culto e la pastorale e uno per il sostentamento del clero.

© Copyright L'Eco di Bergamo, 4 ottobre 2007

Il rettore dell'Università Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, a proposito dei «presunti aggravi» sulle casse dello Stato

Il Vaticano: «La casta è altrove, i soldi della Chiesa spesi soprattutto per opere sociali e assistenziali»

Fausto Gasparroni

Roma
«La casta è altrove». La Cei reagisce alle iniziative di stampa sul "peso finanziario" della Chiesa italiana. Non ci sta a farsi mettere sotto accusa per i vantaggi fiscali e per i presunti aggravi sulle casse dello Stato. «La Chiesa non è la casta, ma una realtà che vive nella società civile», e soprattutto «porta soldi allo Stato con le sue opere sociali, educative e assistenziali», aveva detto nei giorni scorsi il rettore dell'Università Lumsa (Libera università Maria Santissima Assunta), Giuseppe Dalla Torre, giurista molto ascoltato in Vaticano, in dichiarazioni al Servizio informazioni religiose della Chiesa cattolica italiana. Ed è sempre il Sir, uno dei bracci informativi della Conferenza episcopale, che a sostegno di tale tesi ha dato ieri un quadro di sintesi con le cifre relative ai "costi" della Chiesa.
"Stipendi" dei sacerdoti. Un sacerdote di nuova nomina percepisce mensilmente uno "stipendio" di 852,93 euro. I presbiteri con trent'anni di lavoro ne ricevono 1.205,65 mentre un vescovo, ai limiti della pensione, percepisce una remunerazione di 1.308,57 euro. Tutto questo per dodici mensilità. I sacerdoti e i religiosi sostenuti nelle 226 diocesi italiane sono 38.495: circa 600 sono impegnati nelle missioni italiane e nei paesi del Terzo Mondo.
8 per mille. Nel 2007 i soldi girati dallo Stato italiano alla Chiesa cattolica per l'8 per mille sono stati 991.278.000 euro. Di questi, 205 milioni di euro sono stati impegnati negli interventi caritativi: 90 milioni alle diocesi, 85 milioni al terzo Mondo e 30 milioni per esigenze di rilievo nazionale. Alle esigenze di culto e pastorale sono andati 432.570.000 euro: 160 milioni alle diocesi, 185 milioni all'edilizia di culto e tutela dei beni culturali, 39.820.000 al Fondo per la catechesi e l'educazione cristiana, 8.500.000 ai tribunali ecclesiastici regionali, infine 39.250.000 ad altre esigenze. Al sostentamento clero sono andati invece 353.708.000 euro, pari al 35,7% dei soldi stanziati.
Interventi caritativi e Ici. La Chiesa italiana ha finanziato, dal 1990 al 2004, 6.275 interventi in tutto il mondo, per un totale di 719 milioni di euro, come si evince dalla pubblicazione "Dalle parole alle opere" pubblicato due anni fa dal Comitato per gli interventi caritativi del Terzo mondo (con i fondi dell'8 per mille). In circa 400 pagine si possono trovare nomi, indirizzi, tipo d'intervento e cifre al centesimo dei soldi investiti.
Per quanto riguarda invece l'esenzione dall'Ici – che è prevista dalla legge 504 del 1992 – essa riguarda tutti gli enti non commerciali, e, in generale, tutto quello che «viene generalmente definito come il mondo del non profit».

© Copyright La Gazzetta del sud, 4 ottobre 2007

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