26 novembre 2007

Ragioni di prudenza sconsigliano, in questo momento, l'udienza del Papa al Dalai Lama


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MARCO POLITI

CITTA´ DEL VATICANO - Porte chiuse per il Dalai Lama in Vaticano. Papa Ratzinger, interrompendo una lunga tradizione di udienze concesse al leader tibetano nel palazzo apostolico, non lo riceverà quando a dicembre verrà a Roma. É´ un clamoroso dietro front, perché il 31 ottobre scorso dal Vaticano era venuta l´assicurazione che l´incontro ci sarebbe stato. «Non è prevista nessuna udienza con il Dalai Lama», dichiara il portavoce vaticano padre Lombardi.
In realtà a fine ottobre fonti vaticane avevano confermato off record che Tenzin Gyatso avrebbe visto il Papa il 13 dicembre. Restava solo da dare l´annuncio ufficiale. Negli ambienti della comunità tibetana in Italia si fa sapere che il rappresentante del Dalai Lama, Kielsong Gyaltsen, aveva ricevuto segnali positivi dal Vaticano: «L´udienza sembrava già concordata, salvo i dettagli finali».
A far pendere la bilancia per il no sono stati i duri avvertimenti lanciati da Pechino. Il primo novembre, ventiquattr´ore dopo la diffusione della notizia che il pontefice avrebbe visto il Dalai Lama, il portavoce del ministero degli esteri cinese, Liu Jianchao, anticipava che l´udienza sarebbe stata considerata «un´offesa» a Pechino. «Speriamo che il Vaticano non faccia niente per danneggiare i sentimenti del popolo cinese», ammonì Liu Jianchao, soggiungendo che era il momento per la Santa Sede di «mostrare la propria sincerità adottando iniziative concrete per migliorare i rapporti con la Cina».
Eppure in Vaticano le visite del leader tibetano non costituiscono una novità, anzi c´è un lungo elenco di udienze passate a dimostrare la simpatia dei pontefici per la causa, di cui il Dalai Lama è il simbolo. Anche se nel palazzo apostolico si è sempre preferito sottolinearne la dimensione religiosa. Papa Wojtyla dal 1980 in poi ha visto spesso sia in Vaticano che in India e ad Assisi il leader, fuggito nel 1959 dal Tibet occupato dall´esercito cinese e insignito nel 1979 con il premio Nobel per la pace. E anche Benedetto XVI ha incontrato nel palazzo apostolico il 13 ottobre del 2006 il Dalai Lama, benché per motivi diplomatici l´udienza non fosse indicata nella tabella ufficiale e fosse definita «incontro privato».
L´attuale prudenza vaticana dipende dalla fase delicatissima, in cui sono entrati i rapporti tra il papa e le autorità cinesi. Il pontefice ha lanciato sin dalla sua elezione una strategia di avvicinamento a Pechino con l´obiettivo di allacciare regolari rapporti diplomatici tra le due parti. Rispetto ad un anno fa c´è la novità della lettera aperta mandata al popolo cinese nel luglio scorso, in cui la Chiesa cattolica rivendica piena libertà di culto ma assicura al contempo che «non ha la missione di cambiare la struttura dello Stato». A partire da questo momento si è aperta una partita di negoziati sotterranei dagli esiti ancora incerti.
La leadership di Pechino è nervosissima perché con l´avvicinarsi delle Olimpiadi si moltiplicano le iniziative a favore delle libertà democratiche in Cina. Stamani nella sala Carroccio del Campidoglio uno schieramento variegato pro-Tibet lancerà la proposta al Comitato Olimpico Internazionale che il Dalai Lama venga invitato all´apertura dei Giochi con tutti gli onori di un capo di stato. Il presidente della Camera Bertinotti ha già assicurato che a dicembre riceverà il leader tibetano a Montecitorio. Anche se non parlerà in aula, sarà «un evento significativo e adeguato al ruolo che egli esercita», ha rimarcato. A Milano e a Roma Tenzin Gyatso vedrà i sindaci Moratti e Veltroni. Silenzio ancora da Palazzo Chigi.

© Copyright Repubblica, 26 novembre 2007

La prima parte dell'articolo di Politi e' un "attacco" al Vaticano, ma poi, fortunatamente, lo stesso autore spiega le ragioni per cui la visita del Dalai Lama sarebbe, in questo momento, "inopportuna" nonostante la Santa Sede condivida la battaglia per il rispetto dei diritti umani e della liberta' religiosa in tutto il mondo.
E' vero che Giovanni Paolo II ha sempre ricevuto il Dalai Lama (come del resto lo stesso Benedetto XVI, lo scorso anno), ma allora i rapporti con la Cina non erano al punto in cui sono oggi.
Grazie all'abilita' diplomatica del cardinale Bertone e alla magnifica lettera del Papa alla Cina, sembra, con alti e bassi, che ci sia una speranza concreta di normalizzare i rapporti con il grande Paese asiatico.
Parliamoci chiaro: in questo momento un incontro fra il Papa e il Dalai Lama sarebbe un evento mediatico, ma che cosa accadrebbe una volta spenti i riflettori? Persecuzioni ai Cristiani, persecuzioni ai Buddisti. E tutto il lavoro fatto finora dal Papa e dalla Santa Sede in fumo. E' questa la via di uscita? Non penso. Sono gli Stati che devono fare pressioni sulla Cina, non le religioni.
Un incontro con il Papa sarebbe simbolico, ma poi concretamente cambierebbe ben poco.
Il comportamento della Santa Sede e' giustamente prudente. Si spengano i flash e si rifletta su cio' che e' piu' giusto fare per il bene di tutti. L'arma della diplomazia, soprattutto in vista delle prossime Olimpiadi, puo' fare molto
...
Raffaella

9 commenti:

Gianpaolo1951 ha detto...

Cara Raffaella, concordo pienamente con la tua affermazione «Sono gli Stati che devono fare pressioni sulla Cina, non le religioni.» e chissà che con questa presa di posizione della Santa Sede, non sia proprio la volta buona che ciò accada veramente.

Anonimo ha detto...

Caro Gianpaolo, speriamo, pero', che gli Stati si diano una mossa e mostrino coraggio. E' ancora vivo in me il ricordo di quanto accaduto dopo Ratisbona, quando i cosiddetti Stati democratici (in testa la cara UE) lasciarono il Papa completamente da solo a risolvere la situazione. Il Santo Padre si comporto' in modo eccellente e, ancora una volta, Europa e mondo occidentale mostrarono i loro, gravi ed estesi, limiti.
Questa volta mi auguro che si diano una bella svegliata :-)
Ciao

mariateresa ha detto...

sono d'accordo con te, Raffaella, anche se mi dispiace. D'altra parte non sarebbero augurabili eventuali ritorsioni sui cattolici cinesi. E' un peccato ma anche una riprova dell'arroganza del governo cinese. Lì credere vuol dire anche avere un bel fegato.

Anonimo ha detto...

Dispiace molto anche a me...

Anonimo ha detto...

Il nostro caro Benedetto è un vero seguace di Agostino (Casaroli). Secondo me per Alessio e la Cina andrebbe invece adottata la dottrina Reagan, ripresa dalla Merkel.Cordialmente, Eufemia.

brustef1 ha detto...

Non vorrei che si ripetessero gli errori della ostpolitik: silenzio sui martiri (e il Dalai Lama è un martire della libertà) per avere in cambio poco o nulla. I comunisti non cambiano, vanno smascherati e combattuti

Anonimo ha detto...

nemmeno il governo italiano sembra propenso a dare troppa enfasi alla visita. Bertinotti ha negato la sala del consiglio, con tutto il via vai di merci dalla Cina non vogliono corrompere i rapporti "commerciali" altro che diplomatici. Non so' voi ma io non riesco piu' a trovare una felpa o una maglietta che non sia fatta in Cina o in Bangladesh, e non sul mercato, ma nei negozi...

brustef1 ha detto...

La preoccupazione di Bertinotti e del governo è solo quella di non scontentare i fratelli-compagni comunisti cinesi

gemma ha detto...

la Chiesa deve essere libera, non solo di parlare ma anche di incontrare chi vuole. E a me non piace molto che si faccia ricattare da criminali di stato. Non è cedendo ai ricatti dei governanti cinesi che si fa il bene del popolo ma costringendoli a cambiare la loro mentalità, senza assecondarli. Il popolo cinese, purtroppo, soffrirà comunque.
Le Olimpiadi avrebbero potuto rappresentare un'occasione irripetibile