6 gennaio 2008

Il neosocialismo “no global” di papa Ratzinger (Giovanna Chirri per "La Gazzetta del Mezzogiorno online"


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Il neosocialismo “no global” di papa Ratzinger

Nella celebrazione per l'Epifania, Benedetto XVI ha parlato contro «il lusso di pochi e la miseria di molti» ed a favore di un mondo «giusto e solidale»

Giovanna Chirri

CITTÀ DEL VATICANO – Davvero la globalizzazione «non è sinonimo di ordine mondiale» se porta a «preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e alla miseria di molti». E se, denuncia Benedetto XVI, nel mondo «i conflitti per la supremazia economica e l’accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale».
Per questo il Papa chiede una «equa distribuzione delle ricchezze» e uno «sviluppo giusto e sostenibile». «Moderazione» e uno stile di vita «sobrio», ammonisce, non sono solo «regola ascetica», ma «via di salvezza per l’umanità».
Alla vigilia del discorso al corpo diplomatico in cui solitamente affronta le tematiche internazionali più pressanti, papa Ratzinger ha rinnovato la propria preoccupazione per una globalizzazione non governata, che finisce inevitabilmente per essere a vantaggio di pochi e a detrimento dei poveri.
Lo ha fatto celebrando in San Pietro la messa dell’Epifania (che celebra la visita dei tre Re Magi al neonato Gesù), all’interno di una ampia riflessione sull'umanità sempre al bivio tra «luce e tenebre».

La «sobrietà», ha anche ammonito, va collegata con la «speranza»: «se manca la speranza, si cerca la felicità nell’ebbrezza, nel superfluo, negli eccessi, e si rovina se stessi e il mondo».

Quello sulle sfide della globalizzazione è un tema caro a papa Ratzinger, che in diverse occasioni ha paventato il «rischio» che l’umanità perda la partita nella costruzione di «un nuovo ordine mondiale politico ed economico» e di un «nuovo umanesimo».
La globalizzazione, come disse lo scorso settembre a Vienna davanti al corpo diplomatico, deve assolutamente essere «attenta ai Paesi più poveri e alle persone più povere dei paesi ricchi». E in questo anche l'Europa ha qualcosa da dire, grazie al suo «modello di vita» che tenta di conciliare «efficacia economica con giustizia sociale» e fatto di «pluralità politica e tolleranza, liberalità e apertura».
La riflessione sulla globalizzazione è giunta oggi a coronamento di una meditazione sull'umanità in lotta tra bene e male, alla ricerca di senso e alla ricerca di Dio, e sul ruolo della Chiesa. Questa, – ha sottolineato il Pontefice all’indomani dell’annuncio da parte del Vaticano di una campagna di preghiera perpetua e mondiale per le vittime dei preti pedofili e abusatori, – «è santa e composta di peccatori». E la sua «missione» è far sì che «Cristo sia accolto nella storia, che rimane sempre storia di fedeltà da parte di Dio e purtroppo anche di infedeltà da parte di noi uomini». Dal peccato originale alla torre di Babele alla Pentecoste, la predicazione papale ha fatto ricorso ai grandi «affreschi» biblici per spiegare il «grande segno della Chiesa poliglotta», che in un movimento di «segno opposto a quello di Babele» indica il passaggio «dalla confusione alla comprensione, dalla dispersione alla riconciliazione». La «benedizione» di Dio, ha rimarcato il Papa, intride il «mistero della storia», «il mistero di una benedizione che vuole raggiungere tutti i popoli e tutti gli esseri umani perchè possano vivere come fratelli e sorelle, figli dell’unico Padre». «La Chiesa – ha aggiunto – è al servizio di questo mistero di benedizione per l’intera umanità e assolve appieno alla sua missione solo quando riflette in se stessa la luce di Cristo».
Un concetto ripreso più tardi, durante l’Angelus, ricordando che «la Chiesa svolge per l’umanità la missione della stella...».

© Copyright Gazzetta del Mezzogiorno online, 6 gennaio 2008

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