3 maggio 2008
Il giurista Cardia: "Su legge 40 e redditi online aperto dissenso di metodo ma anche di merito"
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LEGGE 40 E REDDITI ON LINE
APERTO DISSENSO DI METODO MA ANCHE DI MERITO
CARLO CARDIA
Garantiamo i più deboli, rispettiamo le regole, e liberiamo le persone dalla paura. Questo dovrebbe essere uno dei fondamenti della democrazia. Invece quanto è avvenuto nei giorni scorsi con riguardo alla legge sulla procreazione assistita ha provocato sconcerto e forti dissensi, nel metodo e nel merito.
Per il metodo, un esecutivo che ha di fronte a sé un Parlamento appena insediato, a pochi giorni dalla nomina del nuovo Governo, può attendere solo alla ordinaria, diremmo residuale, amministrazione. Ma tale non è il provvedimento che detta nuove regole di attuazione della legge 40, legge sottoposta a referendum e confermata dall’esito del voto.
Mediante piccole tortuosità si vuole ammettere la selezione degli embrioni in chiave eugenetica, favorendo il controllo della procreazione secondo i desideri dei genitori anziché i diritti del nascituro. Si apre così un varco di sostanza su una legge che fa della solidarietà per le nuove vite un indirizzo di fondo dal quale non è lecito allontanarsi, si utilizzano norme secondarie per contraddire le scelte del legislatore, confortate da una grande maggioranza popolare. Si è intaccato un elemento di originalità della legislazione italiana che ha cercato di contemperare interessi e diritti in un quadro di rispetto e cura di coloro che stanno per nascere e non hanno altra difesa se non quella che gli viene riconosciuta dalla coscienza etica.
Conviene soffermarsi su questo elemento non secondario, perché si pone l’esigenza di porre riparo ad una svolta determinata da un versante politico-culturale che era stato sconfitto nel referendum, ed era privo di un potere reale di intervenire. Si è voluto riaprire un contenzioso su tematiche che pure, nella stessa campagna elettorale, si era detto di voler rispettare per i loro profili di delicatezza e di significato etico primario. E lo si è fatto con un provvedimento privo di consenso politico- parlamentare ed in contrasto con le previsioni legislative.
Giovedì scorso è anche avvenuto che l’Agenzia delle entrate, con scelta avallata dal Ministero competente, ha messo online i redditi dei contribuenti italiani, senza porsi preventivamente questioni di legittimità e interrogativi sulle conseguenze di un simile gesto. Anche in questo caso esiste un problema di metodo, e la decisione adottata si è scontrata con un rifiuto generale, del garante della privacy e della gente. Nel merito ci troviamo di fronte a qualcosa che urta la sensibilità delle persone, e può provocare paure e timori. Le reazioni sono diverse, secondo le situazioni. La paura più semplice è di veder messo in piazza un dato privato, dal quale si ricava uno spaccato della vita individuale e familiare.
Ma poi c’è il timore di essere scrutato da qualcosa di simile al grande fratello di Orwell, ed essere oggetto di invidia sociale, o peggio delle attenzioni di chi delinque sulla base della conoscenza dei redditi altrui. Insomma, si è alimentata la preoccupazione dei cittadini toccando una tematica che richiede sensibilità e attenzione oltre che un supporto normativo oggi inesistente.
Questi fatti così diversi spingono a qualche considerazione di carattere generale, che riguarda l’etica pubblica. Forse non si può chiedere alla legge o al governo di essere virtuosi, o direttamente promotori di virtù. Ma si può e si deve chiedere di non essere promotori di comportamenti negativi, di egoismo e mancata solidarietà verso le nuove vite, di invidia o attenzione morbosa dei cittadini gli uni verso gli altri. Si può chiedere, cioè, che quando si compiono delle scelte così delicate ci si interroghi in primo luogo se se ne ha il potere, e insieme sugli effetti etico-sociali che possono provocare.
I responsabili del governo della cosa pubblica devono valutare in tutta la loro complessità atti o provvedimenti che incidono su problemi fondamentali come quelli della tutela della vita, della disponibilità dei diritti dei più deboli, o su questioni che investono le persone nella loro esperienza quotidiana.
In qualsiasi momento, prima o dopo le elezioni, in qualunque fase della legislatura, provvedimenti del genere devono essere discussi e ottenere il consenso delle forze politiche e sociali interessate. Furbizie o scorciatoie non sono ammesse, perché siamo di fronte ad un principio essenziale dell’etica pubblica democratica.
© Copyright Avvenire, 3 maggio 2008
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