17 maggio 2008

Quello tra Joseph Ratzinger e la gente è un rapporto profondo e sorprendente come gli amori che sbocciano piano...(Galeazzi)


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Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo bel reportage di Giacomo Galeazzi da Savona :-)
R.

Da Savona

Giacomo Galeazzi*

Da settimane si parla di contestazioni e cortei contro la visita del Papa a Savona e Genova. Il grande cammino di preparazione della Chiesa ligure all'incontro con Benedetto XVI, invece, è passato pressoché sotto silenzio. Sarà anche vero che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce, però la sproporzione è clamorosa. Mi sono mosso tra i luoghi del viaggio papale accanto a due vecchi lupi della vaticanistica come Alberto Bobbio e Salvatore Mazza e ovunque abbiamo respirato attesa e partecipazione.
Quello tra Joseph Ratzinger e la gente è un rapporto profondo e sorprendente come gli amori che sbocciano piano, in silenzio e poi esprimono gradualmente tutta la loro intensità. Benedetto XVI testimonia che non basta rendere omaggio al passato, per quanto prestigioso esso sia, ma occorre interpretare la modernità attraverso la tradizione, puntando sul concetto di "laicità positiva".
Ovunque Papa Ratzinger sa trovare le parole giuste per parlare del senso della vita anche con persone di fede, cultura, formazione diversissime dal cattolicesimo.
Con mite determinazione, Benedetto XVI salvaguarda la libertà di credere o di non credere, di praticare una religione e di cambiarla (come dimostra la conversione e il battesimo di Magdi Cristiano Allam), la libertà per i genitori di far dare ai loro figli un’educazione conforme alle loro convinzioni, la libertà di non essere discriminati dallo Stato in ragione della propria fede, la libertà di difendere innanzitutto la vita e gli altri principi non negoziabili.
Insomma, in Brasile, Stati Uniti o Liguria, Benedetto XVI sa essere la voce suprema nel deserto spirituale del terzo millennio globalizzato. Ogni tappa, un traguardo.
Sempre affiancato dal suo maestro Agostino.

Joseph Ratzinger ama ripetere che pur con tutta la sua umiltà, il vescovo Santo di Ippona certamente fu consapevole della propria statura intellettuale. Ma per lui, più importante del fare grandi opere di respiro alto, teologico, era portare il messaggio cristiano ai semplici. Al punto da smettere di scrivere libri "perché troppo faticosi e comprensibili da pochi". Sulla scia di Sant'Agostino, oggi Benedetto XVI ritiene più utile comunicare la fede in modo comprensibile a tutti che non scrivere grandi opere teologiche.

Il rapporto tra fede e ragione in Benedetto XVI è centrale come in Agostino. Secondo il filosofo Giovanni Reale, per Joseph Ratzinger si potrebbe usare un sillogismo cartesiano: credo dunque sono, perché pone il credere al vertice, non toglie la ragione ma l'associa e la subordina alla fede. Tu capisci, se credi. Questo dice il Papa: la fede è una decisione che coinvolge la totalità della vita e quindi non ha solo un valore assiologico, ma ha addirittura una portata ontologica: la tua vita di uomo, se credi davvero, viene cambiata e plasmata. Tu sei in rapporto a ciò in cui credi e in funzione della misura e della forza con cui credi. La responsabilità avvertita nei confronti della divulgazione del messaggio cristiano diviene in Joseph Ratzinger una teoria e anche una prassi della catechesi. Benedetto XVI annuncia che non si può governare la storia con mere strutture materiali, prescindendo da Dio. Se il cuore dell'uomo non è buono, allora nessun'altra cosa può diventare buona. E la bontà di cuore può venire solo da "Colui che è Egli stesso la Bontà, il Bene". Il metodo del Papa, osserva Reale, richiama spesso quello storico-critico e ammette che è importante ma non sufficiente; se applichi il metodo storico-critico in modo impeccabile ma non credi, esce un Cristo storicamente ricostruito ma dai lineamenti sfuocati. Invece Joseph Ratzinger considera il Gesù storico a partire dalla sua comunione con il Padre, lo comprende, oltre che con i criteri storico-critici, anche con quelli della fede. Il Papa ha confidato di essere rimasto molto colpito dalle parole di una missionaria indiana, secondo cui la Chiesa non è ancora riuscita a mostrare veramente Cristo al suo popolo perché la maggior parte dei missionari, dediti all’attività esteriore, non hanno ancora imparato a pregare secondo i criteri indiani. Incapaci, e quindi impediti nel raggiungere nell’intimo il punto dell’unione spirituale tra Dio e l’uomo, non hanno potuto mostrare al mondo il mistero dell’incarnazione e portarlo alla libertà. Questa è la chiamata più profonda del pontificato di Benedetto XVI, che ha citato recentemente un esempio. La dottoressa britannica Sheila Cassidy, entrata nel 1978 nell’ordine di San Benedetto, fu torturata e imprigionata in Cile nel 1975 perché aveva prestato cure mediche a un rivoluzionario. Poco dopo la tortura fu trasferita in un’altra cella, nella quale trovò una vecchia Bibbia. L’aprì e lo sguardo le cadde su un’illustrazione raffigurante un uomo completamente annientato da tuoni, fulmini e grandine che si abbattevano su di lui. Si identificò immediatamente con quell’uomo, si riconobbe in lui. Poi guardò meglio e scoprì nella parte superiore dell’illustrazione una mano potente, la mano di Dio, e accanto a essa una citazione della Lettera ai Romani, con la professione di fede nella risurrezione: “Nulla potrà mai separarci dall’amore di Cristo” (Rm 8,39). Se dapprima aveva vissuto l’esperienza raffigurata nella parte inferiore dell’illustrazione, poiché si era abbattuto su di lei l’orrore che l’aveva prostrata indifesa come un verme, sperimentò in seguito sempre più la seconda metà dell’illustrazione, la mano potente, da cui “nulla ci potrà separare”. In seguito, in cella con delle donne marxiste propose loro momenti di preghiera e funzioni religiose, e anch’esse, superato l’odio, scoprirono la grande libertà che ne derivava.
Joseph Ratzinger è perfettamente cosciente che la mentalità ormai dominante aggredisce alle fondamenta stesse la morale della Chiesa che se resta fedele a sè rischia di apparire come un anacronistico, fastidioso corpo estraneo. Così, per tentare di essere ancora "credibili", i teologi morali dell'Occidente finiscono col trovarsi davanti ad un’alternativa: sembra loro di dover scegliere tra il dissenso con la società attuale e il dissenso con il Magistero. Questo divario crescente tra Magistero e "nuove" teologie morali provoca conseguenze laceranti; anche perché la Chiesa, attraverso le sue scuole e i suoi ospedali, ricopre ancora (soprattutto in America) importanti ruoli sociali. Ecco, dunque, la pesante alternativa: o la Chiesa trova un'intesa, un compromesso con i valori accettati dalla società alla quale vuole continuare a servire, oppure decide di restare fedele ai suoi valori propri (e che, a suo avviso, sono quelli che tutelano l'uomo nelle sue esigenze profonde) e allora si trova spiazzata rispetto alla società stessa. Benedetto XVI proclama senza sosta che per la morale cattolica autentica ci sono azioni che nessuna ragione potrà mai giustificare contenendo in se stesse un rifiuto di Dio Creatore e quindi una negazione del bene autentico dell'uomo, sua creatura. Non c’è che dire, la missione di Papa Ratzinger è tutta tesa a superare questa negazione.

*Vaticanista del Quotidiano ‘La Stampa’

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