6 luglio 2008
Falso prete in Vaticano (Galeazzi)
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Falso prete in Vaticano
Smascherato dalle guardie a San Pietro
GIACOMO GALEAZZI
Ha ceduto alla tentazione della sfida: fingersi prete nella chiesa per eccellenza, la basilica di San Pietro. Si è vestito di tutto punto e si è infilato in un confessionale:«Io ti assolvo in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Vai in pace». Peccato che più del penitente fosse il confessore ad avere bisogno del perdono divino. Breviario in mano, stola viola al collo, modi compìti, espressione assorta e compenetrata nella suggestiva atmosfera, il «don per un giorno» aveva intenzione di impartire il sacramento della riconciliazione agli ignari pellegrini ma è stato scoperto dai guardiani e processato dal tribunale della cittadella papale. E così invece di consolare coscienze afflitte comminando penitenze e riparazioni, ha dovuto fare lui «mea culpa» in un’aula giudiziaria. «È stato sorpreso nella basilica mentre cercava di prendere posto in un confessionale - racconta Gianluigi Marrone, giudice unico dei tribunali dello Stato della Città del Vaticano -. Indossava l’abito talare, però l’occhio esperto del nostro personale non ha impiegato molto a percepire qualche stranezza nel comportamento. Tanto che è stato fermato e controllato».
Vestito da monsignore
Eppure lo «pseudo-monsignore» non aveva tralasciato il minimo dettaglio, lasciapassare incluso. «Nonostante fosse in possesso di tesserino interno e di regolari documenti non è riuscito a convincere - spiega Marrone -. È stato sufficiente un controllo incrociato con le autorità italiane per smascherarlo». Un «caso particolare», per stessa ammissione dell’«Osservatore romano», il quotidiano vaticano che ne dà notizia. «L’uomo aveva agito anche in Italia - precisa il giudice Marrone -. Dunque, si tratta di un caso di usurpazione di titolo ecclesiastico e per tale motivo è stato giudicato dal nostro tribunale». L’aspirante confessore, peraltro, è incappato in una fase «tecnica» di particolare attenzione. Si sono da poco conclusi, infatti, i lavori di una commissione istituita dalla Segreteria di Stato vaticana, che ha individuato proprio la necessaria modifica della legge che fissa le fonti del diritto. «L’intervento proposto - puntualizza Marrone - consente di fare riferimento alla legislazione attualmente vigente in Italia, almeno per il diritto civile».
I giudici del Papa
Tra le vicissitudini più o meno bizzarre di cui il magistrato pontificio si deve occupare, oltre al caso del finto prete, vi sono le rogatorie internazionali, gli scippi a San Pietro, ma anche piccoli furti negli spacci annonari e la tutela della sicurezza sul lavoro negli uffici e cantieri d’Oltretevere. Tutto all’insegna di una «glasnost» che dissolva la «leggenda nera» del porto delle nebbie ecclesiastico e il «tam tam mediatico» sull’ostruzionismo giudiziario all’interno delle mura leonine. «Il Vaticano non ha mai risposto negativamente a una richiesta di rogatoria - assicura Marrone -. Anche nel caso Orlandi c’è stata piena collaborazione con gli inquirenti. Se la magistratura italiana ci chiede di interrogare una persona, noi lo facciamo. Se poi le risposte fornite non corrispondono alle aspettative, ciò non dipende da noi che garantiamo sempre la nostra collaborazione».
© Copyright La Stampa, 6 luglio 2008 consultabile online anche qui.
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