27 ottobre 2008
La visita del Papa in Africa, importante segno di attenzione per un continente diviso tra sofferenze e speranza. Il commento di padre Claudio Zuccala
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La visita del Papa in Africa, importante segno di attenzione per un continente diviso tra sofferenze e speranza. Il commento di padre Claudio Zuccala, direttore della rivista missionaria "Africa"
L’aveva indicata come una priorità pastorale e sociale all’inizio del Pontificato e ne aveva parlato con incisività durante la sua visita all’ONU, lo scorso aprile, senza contare i numerosi appelli levati in questi anni in favore del continente. Ora è ufficiale: quell’Africa tante volte nominata da Benedetto XVI sarà meta di un suo prossimo viaggio apostolico. E’ di ieri, l’annuncio del Papa della visita in Camerun e Angola, nel marzo 2009, rispettivamente per consegnare ai vescovi locali il documento preparatorio del prossimo Sinodo per l'Africa e per celebrare i 500 anni dell'evangelizzazione angolana. Un annuncio importante e atteso, come conferma il direttore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi, padre Claudio Zuccala, intervistato da Alessandro De Carolis:
R. - Così, a caldo, è una reazione di grande gioia. Infatti, ci stavamo chiedendo, noi missionari che abbiamo lavorato in Africa, quando ci sarebbe stato questo annuncio della visita. Ora ne siamo felici, perché è segno di un’attenzione verso l’Africa iniziata dal predecessore di Papa Benedetto e che abbiamo la gioia di veder continuare.
D. - Parlare di Africa, vuol dire anche parlare delle emergenze umane e sociali di questo continente, dei suoi conflitti spesso dimenticati. Un’Africa che soffre, per lo più, quella che incontrerà il Papa…
R. - Sì, un’Africa che soffre in tanti Paesi che la compongono, però anche un’Africa che continuamente manda segnali di speranza. I primi che mi vengono in mente: la vitalità e la giovinezza di questo continente e la testimonianza della Chiesa. Quando parlo di Chiesa, mi riferisco soprattutto ai laici che hanno saputo testimoniare anche in momenti molto dolorosi e critici il loro attaccamento a Cristo e al suo Vangelo. E poi la capacità di questo continente che non si spezza mai sotto i colpi anche più duri inferti dal destino, ma soprattutto dall’uomo nelle sue manifestazioni più tristi: di cupidigia, di odio, di guerra e di violenza.
D. - Rispetto a questi valori positivi dell’Africa che lei ha appena citato, in cosa il Camerun e l’Angola possono essere, secondo lei, emblematici?
R. - Il Camerun è emblematico perché è proprio lì che Papa Giovanni Paolo II portò personalmente l’Esortazione postsinodale Ecclesia in Africa e quindi è significativo che, 13 anni dopo, il primo Paese che il viaggio del Papa toccherà sia proprio il Camerun: è una sorta di continuazione, quasi il passaggio simbolico di un testimone. Il Camerun, poi, è anche un Paese a maggioranza cristiana e quindi è importante che il Papa voglia rendere omaggio a tutti i fedeli che vivono lì. Per quanto riguarda l’Angola, il fatto che si celebrino i 500 anni di cristianesimo in quella nazione, ma soprattutto che essa in questo momento stia sperimentando un certo boom economico, anche se non equamente distribuito, è un segno sia di incoraggiamento, perché questa ripresa continui - ricordiamo, fra l’altro, che l’Angola ha vissuto una guerra civile tremenda finita solo pochi anni fa - sia soprattutto del fatto che in questa ricostruzione si tengano presenti i poveri, cioè la maggioranza della popolazione. Quindi, forse, la presenza del Papa, con un forte richiamo alla giustizia, al riconoscimento dei gravi problemi che toccano la maggior pare degli angolani, potrà spronare il governo a prendere delle decisioni in questo senso.
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