28 ottobre 2008
Card. Ruini: "Stati Uniti ed Europa, due libertà a confronto" (Osservatore Romano)
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Religione e società civile nel mondo contemporaneo
Stati Uniti ed Europa due libertà a confronto
Nel pomeriggio del 28 ottobre a Roma presso il Centro di orientamento politico Gaetano Rebecchini si svolge il convegno "La religione e la libertà: Stati Uniti ed Europa". Pubblichiamo ampi stralci degli interventi del cardinale vicario emerito della diocesi di Roma e dell'ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede.
di Camillo Ruini
Tema del nostro convegno sono i rapporti tra religione e libertà, come si sono diversamente configurati negli Stati Uniti d'America e in Europa. Prima di prendere in esame queste differenze, sembra giusto ricordare alcuni grandi elementi comuni, solo all'interno dei quali trovano il loro senso anche le differenze. Sul versante della religione l'elemento comune e decisivo è che fondamentalmente si tratta sempre della medesima religione, il cristianesimo. Sul versante della libertà vi è anche almeno un decisivo elemento comune: sia negli Stati Uniti che in Europa si è sviluppata quella che possiamo chiamare una grande "storia della libertà".
In Europa la rivendicazione della libertà, per affermarsi storicamente, ha avuto bisogno di contrapporsi a valori e istanze che di fatto ostacolavano il suo cammino e sembravano non compatibili con essa. Tra queste in primo luogo le preesistenti strutture veritative, etiche, giuridiche, politiche, in quanto intese come valide indipendentemente ed antecedentemente rispetto alle nostre scelte, e in ultima analisi Dio stesso, in quanto riconosciuto come supremo garante di tali strutture.
Perciò, soprattutto in Francia, l'illuminismo e la Rivoluzione del 1989 hanno assunto un volto ostile alla Chiesa e anche, non di rado, chiuso alla trascendenza. A sua volta la Chiesa stessa ha faticato e tardato a lungo nel distinguere tra le istanze anti-cristiane, a cui evidentemente non poteva non opporsi, e la rivendicazione della libertà sociale e politica, che invece avrebbe potuto e dovuto essere accolta positivamente.
Ne è nato così, nei paesi latini, tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del xix, quello che l'allora cardinale Ratzinger ha chiamato "un nuovo scisma", tra cattolici e "laici", dove la stessa parola "laico" assumeva un significato di opposizione alla religione che prima non aveva. Nasceva pertanto lo "Stato secolare", che abbandona e mette da parte la garanzia e la legittimazione divina dell'ordine politico e riduce Dio a questione privata (cfr. Marcello Pera-Joseph Ratzinger, Senza radici, Milano, Mondadori, 2004).
Qualcosa di analogo non è accaduto invece nel protestantesimo, che fin dall'inizio ha concepito se stesso come un movimento di emancipazione, liberazione e purificazione, e che quindi ha sviluppato facilmente un rapporto di parentela con l'illuminismo, con il rischio però, in parte tradottosi in atto, di svuotare dall'interno la verità cristiana e di ridursi a un dato di cultura, piuttosto che di fede in senso autentico. Ad ogni modo, per concrete ragioni storiche in Europa le chiese nate dalla Riforma si sono costituite come chiese di stato, avvicinandosi sotto questo profilo alla tradizione bizantina e poi ortodossa, nella quale, a differenza che nel cattolicesimo, impero e Chiesa appaiono quasi identificati l'uno con l'altra e l'imperatore è capo anche della Chiesa.
Nell'Europa del Settecento e dell'Ottocento non esisteva nulla di analogo a quel tipo di rapporti che si è affermato negli Stati Uniti d'America e che anzi è stato determinante nella stessa formazione della società nordamericana. Quest'ultima infatti è stata costruita in gran parte da gruppi di cristiani protestanti che erano fuggiti dal sistema di chiese di Stato vigente in Europa e che formavano libere comunità di credenti. Il fondamento della società americana è costituito pertanto dalle chiese libere, per le quali è essenziale non essere chiese dello Stato ma fondarsi sulla libera unione delle persone. In questo senso si può dire che alla base della società americana c'è una separazione tra Chiesa e Stato determinata, anzi reclamata dalla religione: ben diversamente motivata e strutturata, perciò, rispetto alla separazione "ostile" imposta dalla rivoluzione francese e dai sistemi statali che ad essa hanno fatto seguito. (...)Due grandi novità profilatesi negli ultimi decenni sono il risveglio, su scala mondiale, delle religioni e del loro ruolo pubblico ed il porsi di grandi questioni etiche che hanno anch'esse una chiara dimensione non soltanto personale e privata ma pubblica, e che non possono trovare risposta se non sulla base della concezione dell'uomo a cui si fa riferimento: in particolare della domanda di fondo se l'uomo sia soltanto un essere della natura, frutto dell'evoluzione cosmica e biologica, o abbia invece anche una dimensione trascendente, irriducibile all'universo fisico. Contestualmente ha preso nuovo vigore una contestazione radicale del cristianesimo, che si sviluppa principalmente su due fronti: quello della morale cristiana, concepita - nella linea indicata da Nietzsche - come mortificatrice della spontaneità naturale dell'uomo e pertanto come preclusiva della gioia di vivere, e quello della visione cristiana del mondo, ritenuta ormai superata dagli sviluppi delle scienze e della loro "razionalità", che confermerebbero pressoché definitivamente il carattere soltanto "naturale" dell'uomo ed avrebbero individuato nell'evoluzione una spiegazione autosufficiente dell'universo, tale da precludere un discorso razionale su Dio. (...) I cattolici oggi contribuiscono notevolmente a tenere viva quella funzione civile della religione che caratterizza la vicenda storica degli Stati Uniti d'America.
Al tempo stesso però sono fortemente presenti ed influenti nel Nordamerica tendenze e orientamenti che vanno nel senso di un modello "francese" di laicità, sostanzialmente chiuso ed ostile al ruolo pubblico delle religioni, e oggi proteso di fatto a promuovere un'etica relativista e naturalista, aliena dall'umanesimo cristiano.
(...) In Europa sono all'opera però anche tendenze opposte, apparentate in qualche modo alla tradizione americana, di cui riconoscono espressamente la maggiore validità ed attualità. Sintomatiche di tali tendenze sono le prese di posizione del presidente francese Sarkozy a proposito della laicità. L'Italia rappresenta, in questo quadro, un caso speciale, che potrebbe non costituire - come spesso si dice - una posizione di retroguardia, ma al contrario essere indicativo di sviluppi destinati ad allargarsi.
Da noi infatti la Chiesa ed i cattolici stanno esercitando con vigore una funzione di coscienza civile e pubblica e - cosa particolarmente interessante - lo stanno facendo non da soli ma in sostanziale sintonia con molti laici preoccupati di non disperdere la sostanza dell'umanesimo europeo e pertanto favorevoli al ruolo pubblico del cristianesimo.
L'allora cardinale Ratzinger, nel libro che ho già ricordato, ha fornito la motivazione storica e teologica di questa sintonia, sostenendo che "la distinzione tra cattolici e laici dev'essere relativizzata", dato che i laici non costituiscono un blocco rigido, una specie di "anti-confessione" contraria al cattolicesimo, ma sono spesso uomini che, pur non sentendosi in grado di fare il passo della fede ecclesiale con tutto ciò che essa comporta, cercano appassionatamente la verità e soffrono per la mancanza di verità riguardo all'uomo. Essi riprendono così i contenuti essenziali della cultura nata dalla fede e la rendono, con il loro impegno, più luminosa di quanto possa fare una fede scontata, accettata più per abitudine che per conoscenza sofferta.
Come negli Stati Uniti così anche in Europa, al fine di un efficace esercizio del ruolo pubblico del cristianesimo, è molto importante una leale collaborazione tra le diverse chiese e confessioni cristiane. Significativo e interessante in tal senso è l'atteggiamento della Chiesa ortodossa russa, che proprio su queste tematiche intende costruire un fecondo rapporto con la Chiesa cattolica. Allargando lo sguardo alla scena internazionale e mondiale, il ruolo pubblico delle religioni sembra costituire il terreno più favorevole e più urgente per il dialogo inter-religioso.
La rilevanza pubblica delle religioni - in particolare del cristianesimo - e la loro efficacia nel promuovere ordinamenti di libertà non sono mai, d'altronde, fenomeni soltanto culturali, storici o sociologici: dipendono infatti in primo luogo dalla qualità e vitalità propriamente religiosa delle comunità dei credenti. Da una parte queste comunità devono essere non ripiegate su se stesse, bensì aperte, capaci di intessere rapporti, di cogliere e di interpretare le istanze delle società in cui vivono, così da poter immettere in tali società i valori di cui sono portatrici. Dall'altra parte ciò richiede che le comunità religiose siano intimamente convinte del proprio credo ed affascinate da esso, così da viverlo con gioia oltre che con coerenza: è questa la condizione fondamentale perché siano in grado di animare la più ampia società, infondendole energia vitale, ragioni di vivere. In questo senso trovo molto pertinenti le integrazioni apportate da Rémi Brague, nel numero di "Aspenia" dedicato a religione e politica, alla celebre tesi di Böckenförde secondo la quale lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non può garantire.
Nella situazione attuale, caratterizzata dalla ripresa delle religioni ma anche da un attacco radicale al cristianesimo, il confronto tra il "modello francese", per il quale la religione e in particolare il cattolicesimo è di ostacolo alla libertà, ed il "modello americano", che vede invece nel cristianesimo una sorgente e un presidio della libertà, richiederebbe di prendere in esame la grande questione della verità e validità del cristianesimo (...) Solitamente il cristianesimo è presentato, a titolo più che giusto, come religione dell'amore e come religione del Lògos, della razionalità e della verità. Assai meno frequentemente viene qualificato come religione della libertà. Eppure già nell'Antico Testamento Dio si rivela come il liberatore del popolo di Israele e nel Nuovo Testamento leggiamo l'affermazione di Gesù: "Se rimanete nella mia parola, (...) conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Giovanni, 8, 31-32).
Il rapporto tra Dio e l'uomo è pertanto, da entrambe le parti, contrassegnato dalla libertà: Dio è totalmente libero già nella sua decisione di creare il mondo, liberrimo consilio come afferma il concilio Vaticano i, mentre l'uomo solo volontariamente e liberamente può credere a Dio che gli si rivela e affidare a lui la propria vita, come insegna ancora il Vaticano i e poi il vaticano II. Non è dunque una forzatura qualificare la fede cristiana come religione della libertà, anche se non sempre i cristiani, nella storia, sono stati fedeli a questa ispirazione originaria del loro credo. Non consentire che siano separate la causa del cristianesimo e la causa della libertà è pertanto un imperativo concreto ed essenziale per il presente e per il futuro.
(©L'Osservatore Romano - 29 ottobre 2008)
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1 commento:
Buon giorno a voi. Spero che il Card. Ruini continui - tanto più adesso più libero da impegni istituzionali - a coltivare la sua preziosa opera di studioso e saggista, di cui questo bell'articolo è un esempio. Ho letto anche il suo libro "Chiesa contestata", in cui con notevole capacità di sintesi e chiarezza illusra i contenuti della fede cattolica. Carla
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