29 ottobre 2008

L'emozione dei pellegrini bergamaschi in San Pietro (Aresi)


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L'emozione dei pellegrini bergamaschi in San Pietro Con loro anche vecchi emigranti e giovani incuriositi

Paolo Aresi

città del vaticano

«Ho toccato il Papa. Io ero a metà navata e ho visto male tutta la Messa, ero schiacciata contro una colonna. Quando è finita ho visto poi il Papa arrivare e si è fermato proprio davanti a me e mi ha stretto la mano e mi ha guardata con una delicatezza infinita e davvero sono emozionata anche adesso».
Maria Rosa Bassani viene da Ambivere, parla sulla scalinata che scende dalla basilica, sotto la pioggerella che bagna Roma con gentilezza, che brilla nella luce dei lampioni perché la celebrazione per ricordare il cinquantesimo anniversario dell'elezione di Papa Giovanni XXIII è terminata, e le circa tremila persone ospitate dalla basilica stanno uscendo.
Tanti bergamaschi, ma non soltanto. Anche diversi romani, anche stranieri. Come Blanca Bellan, che ha 26 anni e viene da Murcia, dalla Spagna, insieme alla sua famiglia: «È stata un'emozione indescrivibile. Io non capivo bene, ma ho afferrato una parte di quello che dicevano, soprattutto l'emozione che c'era nella chiesa. Ora conosco un po' meglio Papa Giovanni XXIII e voglio approfondire chi era e che cosa ha fatto».
Piove sulla Piazza San Pietro già preparata per l'udienza del mercoledì che il Pontefice concederà questa mattina.
Il torrente di fedeli lascia la basilica. Ci sono i podisti che hanno portato la fiaccola dalla Madonna della Cornabusa fino a qua. Ci sono i ciclisti della Fondazione Bosis che sono venuti in bicicletta da Verdello. Dice Piero Lucchini della Fondazione Bosis: «È stata un'emozione grande e siamo davvero contenti di essere venuti fino a Roma in bicicletta con i nostri pazienti. Siamo in 28, 16 ciclisti che hanno pedalato e gli altri 12 addetti a furgoni e pulmini. La nostra fondazione si occupa di persone con disagio mentale, problemi psichici. Siamo partiti venerdì da Verdello e domenica sera eravamo a Roma, abbiamo percorso quasi 240 chilometri a tappa, non è stato facile».
Duecentocinquanta chilometri sono tanti, sono un modo per dire che l'uomo è più forte della sua sofferenza. Tra i pellegrini che affollavano San Pietro c'era anche Enrico Bertoni, che ha 21 anni ed è di Fonteno. Dice Enrico: «Sono stato colpito molto dall'allegria, dalla gioia, ma anche dalla solennità di questo momento. Papa Giovanni io l'ho visto solo in televisione perché quando sono nato lui era già morto da un pezzo. Però un po' la televisione e un po' quello che sento raccontare in famiglia mi hanno fatto incuriosire di questo Papa Buono».
I pellegrini arrivati da Bergamo sono soprattutto di mezza età, ma non mancano i giovani e i bambini e il Papa ha indugiato molto passando lungo il corridoio centrale di San Pietro, proprio vicino ai bambini e ai giovani, ha fatto domande, ha stretto mani, ha accarezzato, ha sorriso ai ragazzi del Seminario vescovile di Bergamo.
Dice Ottavio Ferraudo, che è di origine piemontese, ma che abita a Telgate ormai dal 1982: «Me lo ricordo bene Papa Giovanni da quando ero un ragazzo e abitavo a Carignano. Avevo uno zio sagrestano che era talmente devoto di Papa Giovanni che in sagrestia aveva riempito una parete di sue immaginette e fotografie. Credo che questa celebrazione abbia messo in luce numerose delle qualità di questo pontefice».
La moglie, Franca Squizzato, è di origine padovana: «Noi non siamo bergamaschi, ma lo stesso abbiamo una devozione particolare per Papa Giovanni. Io ero una bambina quando è morto, ma mi ricordo bene le immagini in televisione. Papa Giovanni mi lasciò allora un senso di affetto e di serenità. Ero soltanto una bambina di cinque anni, ma quel discorso me lo ricordo ancora, era anche allora ottobre, ma del 1962, quando si aprì il Concilio. Quelle sue parole famose, piene di delicatezza e tenerezza, quel pensiero rivolto verso le famiglie, verso l'intimità delle case, quando disse: "Tornando a casa, troverete i vostri bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: "Questa è la carezza del Papa". Parole che nella loro semplicità hanno dentro un'esplosione di umanità. E poi questo pomeriggio è stato bello e commovente, guardavo queste migliaia di persone nella chiesa e pensavo a quanto entusiasmo, a quanta fede, a quanta intensità e desiderio religioso ci sono ancora nella gente e nel mondo e invece spesso ce ne dimentichiamo».
E in San Pietro ieri pomeriggio c'erano anche i podisti che dalla Cornabusa hanno portato la fiaccola a Roma, 21 tedofori che hanno corso a staffetta superando il passo della Cisa e poi scendendo lungo il Tirreno. Dice Battista Cicolari, 59 anni, di Sant'Omobono ma emigrato con la famiglia a Besancon in Francia nel 1956: «Papa Giovanni io me lo ricordo perché eravamo a casa in valle quando lui partecipò ai festeggiamenti per la Madonna della Cornabusa, era ancora patriarca di Venezia. E poi a casa e con la gente in Francia ne parlavamo quando divenne Papa, e una volta che eravamo a casa in vacanza andammo anche a Sotto il Monte e parlammo con il fratello Zaverio che gli somigliava molto. Abito ancora in Francia, ma sono in pensione e vengo spesso in valle. Sono davvero felice di essere qui. Domani si riparte. Torniamo alla Cornabusa con la fiaccola, sempre di corsa…».

© Copyright Eco di Bergamo, 29 ottobre 2008

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