9 ottobre 2007
Natura e democrazia secondo Papa Benedetto
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Natura e democrazia secondo Benedetto
di Stefano Fontana
Uno degli aspetti più pervasivi del relativismo di oggi è la sostituzione della natura con la cultura. Dovrebbe essere un fatto di libertà ed invece è una nuova gabbia per l’uomo. Benedetto XVI ne ha parlato venerdì 5 ottobre in un discorso di civiltà e buon senso, di laicità e retta ragione. Senza una legge morale naturale - ha detto parlando alla Commissione teologica internazionale – si perde il senso dell’indisponibilità dei diritti umani e del contenuto vero della democrazia, che non è solo quello di votare e dire la propria, ma anche e soprattutto di difendere, nella libertà, la persona umana.
Noi spesso percepiamo la natura come un limite. Chi nasce zoppo, diceva Pirandello, è zoppo e lo rimane per tutta la vita. Per liberarci dalla natura mettiamo quindi in campo il silicone e, domani, i microchips. La natura ci fa ombra perché ci è data e non la progettiamo noi. Da qui la voglia di farlo, di “produrre” l’uomo. Ma non è questo il senso del termine “natura” nell’espressione “legge morale naturale”. La natura non si riferisce tanto alle cose naturali, quanto alla natura umana e alla sua ragione che è capace di vedere il bene. Natura, in questo senso, non è oppressione, qualcosa che ci sta davanti e ci impedisce, ma è libertà, la libertà di scegliere e di essere se stessi, di assumersi consapevolmente, di non essere schiavi di nessuno, di guardarci trasparentemente in faccia l’un l’altro consapevoli che nessuno si riduce a quanto possiamo utilizzare di lui, ma è di più.
A ben vedere, nonostante tutti i critici, dell’esistenza della legge morale naturale abbiamo molti esempi davanti agli occhi. Diceva Robert Spaemann: chiunque avesse assistito alla scena di padre Kolbe che nel campo di sterminio nazista si propone per sostituire nella camera a gas un marito e padre di famiglia, direbbe che è stato un atto buono. Chiunque. Del resto come sarebbe possibile la mobilitazione internazionale in favore dei diritti umani, come è avvenuto in questi giorni contro la politica del governo del Myanmar, senza ammettere la convergenza delle intelligenze nel riconoscimento del bene?
Benedetto XVI da tempo ribadisce che l’uomo non è solo storia, non è solo esistenza, non è solo cultura. Esso è prima di tutto natura nel senso che ha una propria natura, è un soggetto con una sua consistenza di essere. Se egli si relaziona ed esiste, produce cultura e si fa storia è perché prima di tutto “è qualcuno”. Se l’uomo fosse solo storia – come in tanti hanno sostenuto, Marx compreso – allora esso potrebbe venire adoperato ed utilizzato perché niente emergerebbe come trascendente il puro dato storico e, quindi, come indisponibile. Se fosse solo storia sarebbe impossibile il dialogo perché non esisterebbe nessun criterio superiore alle parti che possa decidere della verità dell’una rispetto all’altra. E proprio il dialogo è uno dei motivi principali per cui Benedetto XVI ha ripreso l’argomento. La possibilità della ragione di conoscere il bene è alla base del dialogo tra le religioni e tra credenti e non credenti. E’ la base della stima reciproca e della ricerca. E’ la base anche della democrazia.
Ripetendo i noti insegnamenti di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha detto che una democrazia senza riferimento alla legge morale naturale si riduce a procedura. Ma con l’avallo dei numeri si possono commettere ingiustizie e soprusi, come insegna la storia. Le maggioranze possono sbagliare. La legge morale naturale altro non è che la nostra coscienza che comprende che “è dovuto all’uomo qualcosa in quanto uomo”. Qualcosa che anche le maggioranze devono rispettare.
Nel discorso di venerdì scorso Benedetto XVI ha detto che molte istituzioni della Chiesa, centri di ricerca ed accademici ecclesiastici stanno approfondendo da tempo questo tema della legge morale naturale. Sarebbe opportuno che lo stesso facessero le istituzioni di ricerca laiche che credono nell’allargamento della ragione. Di fronte alle nuove capacità tecniche in mano all’uomo, la legge morale naturale può indicare la via della salvezza. Davanti alla democrazia procedurale che si limita a tollerare gli egoismi abbiamo bisogno di un bene verso cui convergere, nella libertà.
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