21 gennaio 2008

Opporre difese all'arroganza, in gioco la libertà (Paolo Tammi per "RomaSette")


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Opporre difese all'arroganza, in gioco la libertà

Da questa vicenda la Chiesa esce non solo indenne, ma addirittura vincitrice

di Paolo Tammi

Il miglior commento alla vicenda del rifiuto di accogliere il Papa alla Sapienza l’ha dato Ernesto Galli della Loggia. Ha scritto: «Una laicità opportunista, nutrita di uno scientismo patetico, arrogante nella sua cieca radicalità, con la quale un’autentica laicità liberale non ha nulla a che fare».

Arroganza, è proprio vero. Lo si nota con amarezza ma anche con un certo senso di liberazione. Adesso, infatti, l’arroganza sappiamo dove abita. Con quali mezzi combatte. E quanto sia lecito, se ancora avessimo dubbi, opporre chiare e lucide difese. In gioco infatti c’è la libertà. Quella libertà di pensare, cercare, parlare, discutere, criticare che il cosiddetto pensiero laico crede di incarnare e per il quale è convinto di dover combattere proprio la Chiesa. La quale invece ne esce non solo indenne ma, per quanto il termine si adatti a questa vicenda dolorosa, ne esce addirittura vincitrice.

Mai come in questa occasione Benedetto XVI ha aumentato la sua popolarità. Mai avevamo visto una simile convergenza di penne laiche su giornali laici a favore del Papa. Poveri professori di fisica! Se avessero letto quel che diceva di sé Einstein, in una lettera a Carl Seeling del 1952: «Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso».

Forse manca loro quella sana curiosità che li avrebbe convinti che ascoltare una parola diversa, fuori dal coro accademico - una parola che tenta di coniugare Dio e ragione, contemplazione e materia quantistica, spiritualità e microscopio - non è poi così male e li avrebbe soprattutto liberati dal dogma (perché dogma è e niente più) secondo cui il Papa, quando parla, lo fa per imporre, invadere, limitare il libero pensiero. E poveri studenti dei collettivi studenteschi!

Sono smemorati peggio del giapponese che esce dalla trincea quarant’anni dopo e non si dà pace ad accorgersi che la guerra è finita. Parlano di ’68 ma forse di quell’anno conoscono solo, sì e no, Sergio Endrigo, che vinse il festival di Sanremo, o al massimo Antoine, che arrivò quinto con la famosa canzonetta «La tramontana». Nella quale candidamente confessa: «Ho perduto la tramontana». Proprio così, hanno perduto la tramontana, e anche i libri di storia, che avranno venduto alle bancarelle.

La storia va avanti, ma loro no. O forse hanno della storia un concetto orientale, ovvero ciclico. Pensano di essere i nuovi guru della contestazione al potere costituito, i nuovi artefici delle barricate, i nuovi ed eterni difensori della libertà. Che una volta si chiamava operaia, adesso si chiama laica. Non sanno invece che una delle cose che purtroppo si reincarna è la stupidità. Insieme a sua sorella, l’ignoranza. Non sanno che la parola «laico» significa «uno del popolo», e che è un termine di origine religiosa. Nei documenti della Chiesa compare molte volte, proprio per indicare quella parte maggioritaria di uomini e donne che si identificano in un popolo che cammina, convinto della sua appartenenza, geloso della sua libertà, partecipe della costruzione di una grande casa comune, la Chiesa. Ma pazienza. Con simili maestri, ci vorrebbe un miracolo.

Ma poiché il miracolo non è laico, non parliamone neppure. Ma una sana malizia (e Dio ci perdoni) non ci esime dal notare che, da quando certe forze hanno rovinosamente perso il referendum sulla fecondazione, non si danno pace. Non c’è verso di far loro capire che le cose sono cambiate, stanno cambiando. E non perché la Chiesa sia «forte», consapevole com’è delle sue debolezze e dei suoi problemi. Ma è cambiata la gente, sono cambiati i giovani. Non si accontentano più di slogan, non gli basta più qualche pugno alzato che minacci la rivoluzione.

Nel pauroso clima di indifferenza alla vita, alla storia, alla ragione stessa, al buon senso, che oggi infetta tanti ragazzi, la Chiesa fa enorme fatica ad evangelizzare. Ma la fatica è di tutti, dei partiti, dello Stato, della scuola, di quei genitori che ancora ci credono. E se una sana battaglia va fatta, la si deve fare tutti insieme. Non con queste buffonate da bassa congrega, che non educano alcuno, anzi confondono, aumentano la depressiva sensazione di un caos totale.

Ciampi, della cui laicità non dubitava nemmeno Emma Bonino, ha detto che con questa vicenda si rischia di riportare indietro di cent’anni l’orologio della storia. Non ne dubitiamo. Lo ringraziamo. E ringraziamo chiunque abbia capito. Perché dal male può sempre rinascere il bene. E anche stavolta ne usciamo convinti che chi lavora con serietà, sobrietà e onestà, continuerà a raccogliere frutti. Perché di gente sana ce n’è ancora tanta.

© Copyright RomaSette, 21 gennaio 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie signor Tammi.Leggere il suo articolo è stato come assaporare
una folata d'aria fresca e profumata dai primi aromi della primavera alle porte. Ecco, un ricambio d'aria nella stanza pregna di fumo e olezzi artificiali dell'editoria.