14 maggio 2008

Aborto, Paola Ricci Sindoni: "No, non è un diritto" (Sir)


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Aborto: in margine alle reazioni alle parole di Benedetto XVI

“Il rispetto per la vita, e quindi per la dignità di ogni persona, va al di là della fede, e deve essere condivisibile in ogni convivenza civile”. A ribadirlo è Paola Ricci Sindoni, docente di filosofia morale all’Università di Messina, interpellata dal Sir in merito alle parole pronunciate il 13 maggio dal Papa sull’aborto.

“Quello di Benedetto XVI – precisa l’esperta, commentando alcuni titoli di stampa apparsi sui giornali del 14 maggio – non è un diktat integralista, ma un pronunciamento che va letto in un orizzonte di fede, in cui l’idea più scardinante è che la legge sull’aborto non è un diritto. Semmai, chiede una conversione di rotta su altri diritti che vanno salvaguardati, a partire dal diritto alla vita fin dal concepimento”.

Perché, ogni volta che il Papa parla di aborto, si rialzano i soliti “steccati”?

“A mio avviso, perché è soprattutto su questo terreno che si scontrano due visioni del mondo: quella fondata sul valore della persona umana oltre ogni professione di qualsiasi fede, che coinvolge tutte le convivenze civili, e quella laicista, basata sul diritto della donna a gestire anche una vita altra da sé. Per il Papa, le leggi sull’aborto non sono nate per promuovere un diritto, ma per togliere diritti a chi può e deve vivere, il nascituro. Per questo il Papa chiede di spostare l’attenzione dalla madre al bambino, collocando questo compito – profetico, e non utopico – all’interno della grande battaglia dei diritti civili, a partire dalla prospettiva della vita che nasce”.

Si afferma che la legge 194 ha ridotto il numero degli aborti...

“Al di là dei numeri, di quanto cioè gli aborti siano effettivamente diminuiti o di quanto la legge abbia nei fatti scoraggiato l’aborto, la legge 194 ha creato uno scivolamento pericoloso verso lo svilimento del valore della vita: a fronte della scomparsa di questo valore, Benedetto XVI esorta a guardare non tanto i diritti della madre, ma i diritti del nascituro, del più debole, di chi non ha voce. In altre parole, la legalizzazione dell’aborto del nostro Paese ha aggirato i problemi, non li ha di certo risolti”.

Cosa rispondere a chi dice che ciò comporta lasciare la donna nella solitudine?

“Tutti i movimenti cattolici a favore della vita sono nati per incoraggiare, sostenere e non lasciare sola la donna, mentre i punti della legge che sono di competenza dello Stato, e che riguardano l’attività di prevenzione dell’aborto, sono stati disattesi: è lì che la donna è stata lasciata sola, a fare la fila in ambulatorio. Chiedendo, poi, di promuovere ogni iniziativa a sostegno delle donne e delle famiglie, il Papa scende nel concreto ed elenca gli ostacoli che impediscono ai giovani di sposarsi e formare una famiglia. Il suo non è dunque un appello retorico o astratto, ma una precisa e chiara richiesta a fare altre leggi: non solo concentrate sul diritto di abortire, ma finalizzate al sostegno alle famiglie e alle giovani coppie”.

Citando ancora una volta il suo recente discorso all’Onu, il Papa inserisce la lotta all’aborto nel “grande tema” della promozione dei diritti umani. Come far capire ai giovani che è questa la “strategia più efficace”?

“Oggi i giovani non accettano neanche il gusto dello stare al mondo. Insistere sul diritto alla vita fin dal concepimento, come legittimo diritto, sposta l’attenzione dal diritto del più forte al diritto del più debole, di chi ha meno difese. È su questo terreno che occorre creare nuovi modelli culturali di accettazione della vita, per le nuove generazioni. I nostri figli dovrebbero essere abituati fin da piccoli ad una speciale attenzione e accoglienza verso tutte le forme di vita da salvaguardare: a partire da una sorta di nuovo alfabeto, che noi tutti abbiamo il dovere di trasmettere loro”.

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