14 maggio 2008

Card. Zen: «Il Papa in Cina? Il popolo lo attende» (Annalisa Guglielmino)


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VANGELO SENZA CONFINI

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Zen: «Il Papa in Cina? Il popolo lo attende»

La lettera del Papa ai cattolici cinesi, le sofferenze della Chiesa, i problemi sul versante dei diritti umani, le Olimpiadi: parla il vescovo di Hong Kong, ospite della Chiesa di Milano

DA VENEGONO INFERIORE (VARESE)

ANNALISA GUGLIELMINO

«Io sono cinese. Per quel che mi riguarda non ho alcun problema a essere fedele alla mia patria e al Vaticano». È in queste parole, nel sorriso sereno del cardinale Joseph Zen Ze-kiun, nel pronunciarle, che si condensa il presente della Chiesa cinese. Il vescovo di Hong Kong, in questi giorni in Italia, dove in gioventù ha studiato presso l’Università salesiana, ha incontrato la Chiesa milanese, tantissimi suoi sacerdoti e il suo arcivescovo, il cardinale Dionigi Tettamanzi, nel seminario ambrosiano di Venegono Inferiore (Varese).
Un abbraccio, il loro, con tutto il sapore dell’incoraggiamento al primo da parte del secondo, di una Chiesa che vive apertamente la sua fede a una (i cattolici cinesi sarebbero circa 12 milioni, anche se stime reali sono difficili da fare) che conosce la clandestinità. Gesto simbolico di quell’«attenzione alla sorella Chiesa cinese», come l’ha chiamata Tettamanzi, dimostrata anche da Benedetto XVI: la Lettera rivolta dal Pontefice, nel 2007, ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese, «è stato un fatto eccezionale, che ha avuto un significato profondo», per il cardinale Zen. Così è stato per l’ex colonia britannica in cui il vescovo svolge il suo ministero «Senza diplomazia» (come titola il libro intervista appena uscito a firma del giornalista francese Dorian Malovic) e tornata sotto il controllo della madrepatria cinese nel 1997. Così è stato per i fedeli cinesi. Che guardano con «fiducia e speranza» alle prossime Olimpiadi di Pechino. «Hanno un valore prezioso, che va oltre lo sport».

Per il governo cinese questa «è l’occasione giusta di apertura, specialmente sul fronte dei diritti umani». Il vescovo di Hong Kong è stato ospitato dall’arcivescovo di Milano, nell’incontro organizzato in collaborazione con il Pontificio istituto per le missioni estere (Pime), durante la tradizionale Festa dei fiori che si svolge nel seminario arcivescovile. Centinaia di sacerdoti ambrosiani hanno avuto così l’occasione di ascoltare il testimone della controversa situazione della Chiesa in Cina.

Un Paese con cui «la Santa Sede – ha raccontato lo stesso Zen – non può avere contatti diretti perché non esistono relazioni diplomatiche tra i due Stati». Il Papa «sarebbe il benvenuto in Cina – ha aggiunto – ma con le giuste condizioni. Il popolo vorrebbe incontrarlo».

Zen fa parte della Commissione vaticana sulla Cina, dopo che Benedetto XVI lo ha chiamato, nel 2006, a far parte del collegio cardinalizio. Sempre per volere del Pontefice ha avuto il compito di preparare le meditazioni per la Via Crucis dell’ultimo Venerdì santo. A marzo scorso Benedetto XVI gli ha chiesto di rimanere alla guida della diocesi di Hong Kong, nonostante il cardinale abbia compiuto i 75 anni. Originario di Shanghai, ha raccontato le tappe della sua missione e ha ricordato il passaggio dell’ex colonia britannica a Pechino. «In questi dieci e più anni la Chiesa ha cercato di essere una voce della coscienza e della giustizia – ha detto –. Con questo cambiamento è venuta anche una cultura deleteria, di adulazione verso i potenti e oppressione verso i più deboli: e la Chiesa deve parlare a favore dei deboli». Il cardinale Dionigi Tettamanzi, assicurando la vicinanza e la preghiera della diocesi, ha ricordato che «a Milano e in Italia i cinesi non sono una piccola presenza: questo è un fatto che reclama per noi cristiani un orizzonte universale».

Una delle speranze, per il vescovo di Hong Kong, sono i giovani cinesi. «La loro partecipazione alla Giornata asiatica della gioventù è stato un segnale positivo del percorso verso il cambiamento».

© Copyright Avvenire, 14 maggio 2008

Veglia per la Cina

Preghiera con il vescovo di Hong Kong

DI ANNALISA GUGLIELMINO

Nei giorni in cui la comunità cinese di Milano piange le vittime del terremoto che ha sconvolto il Paese asiatico, la veglia di ieri sera nella chiesa di Santo Stefano ha assunto un significato più denso. Organizzata nei giorni scorsi dal Pontificio istituto per le Missioni estere insieme alla diocesi, ha visto una preghiera corale per la Chiesa in Cina, presieduta proprio dal vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, ospite del Pime. Il cardinale ha offerto ai tanti giovani e adulti, non solo cinesi, venuti da tante parrocchie e appartenenti a diversi gruppi, associazioni e movimenti, la testimonianza di prima mano della difficile condizione dei fedeli cattolici sotto il governo di Pechino, a cui dal 1997 è assoggettata anche Hong Kong, dopo il passaggio alla Cina dell’ex colonia britannica. Partendo dalla «Lettera ai vescovi, ai presbiteri alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese» scritta da papa Benedetto XVI nel 1997, il cardinale Zen ha parlato della «speranza che il governo cinese si apra in senso democratico» e che le Olimpiadi di Pechino siano l’occasione per questa apertura «promessa», con l’impegno dello stesso governo a dare piena libertà ai media che arriveranno nel Paese. Il vescovo di Hong Kong ieri mattina aveva portato la stessa testimonianza ai sacerdoti ambrosiani, raccolti nel seminario arcivescovile di Venegono per la tradizionale Festa dei fiori (ne riferiamo anche a pagina 16). Proprio ad un missionario originario della diocesi, padre Adelio Lambertoni, per oltre 40 anni missionario in Cina e morto un anno e mezzo fa, ha dedicato invece il pomeriggio, andando sulla tomba del sacerdote, a Velate.

© Copyright Avvenire, 14 maggio 2008

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