20 maggio 2008

L'incontro del Papa con i giovani: E il giornalista cede al «Papaboy» (Casabella)


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E il giornalista cede al «Papaboy»

di Federico Casabella

Chi l’ha vissuta non la potrà mai dimenticare. Chi c’era si ricorderà per sempre chi aveva vicino, con chi ha partecipato a questa emozione. E sono convinto che anche il protagonista di una mattina da brividi conserverà il fascino di quella piazza. Perché migliaia di giovani che gridano, cantano, saltano, sorridono alla vita non è roba da tutti i giorni.
Non sono stato ad un concerto rock, neanche alla finale di coppa tra due squadre di calcio. Non ero in discoteca, neanche ad un rave party tanto cari a certi giovani. Domenica mattina avrei dovuto essere un giornalista abbottonato vestito in giacca e cravatta perché di quell’evento avrei dovuto raccontare come inviato del «Giornale». Ma una volta arrivato a Matteotti il mio «protocollo» è saltato rapidamente. E in pochi minuti sono tornato ad essere un «Papa boy». Perché, per chi ci crede, era impossibile non farsi coinvolgere.
Ma non dal Papa e dalle sue parole, riflessive e commoventi, quanto dai volti gioiosi e sereni di quei cinquemila giovani che gremivano la piazza. Perché, vi assicuro, quella piazza era piena, riempita dai cuori di questi ragazzi. Sono arrivato di buon mattino perché questo appuntamento lo volevo seguire dall’inizio. L’arrivo del Papa era previsto per le 11, ma già alle 8.30 in quella piazza io c’ero e, con me, si erano radunati in centinaia: zaini e impermeabili sopra jeans e maglietta, poi c’erano gli scout in divisa e qua e là qualche religioso. Alle lodi ha fatto seguito una mattina da discochurch: canti, balli e divertimento puro alle 9 della domenica. Quando solitamente a questa età si sta a dormire per recuperare dalla lunga notte del sabato sera. I canti della Messa, magari quelli che nelle nostre chiese sentiamo suonati da organi stonati e trascinati dalle voci delle assemblee, erano recuperati con ritmi differenti: un po’ rock, a volte in stile disco, anche rap. Così, per farli giovani.
Un entusiasmo marcato non per vedere Vasco Rossi o Bruce Springsteen, non per attendere i gol di Cassano o Borriello ma per aspettare Joseph Ratzinger: non un atleta, non un artista, non uno che ha fatto il Grande Fratello. È stato così affascinante ed emozionante da subito. E più passava il tempo e più quella piazza si riempiva. Da Sampierdarena sono arrivati in corteo: in duecento under 30 del vicariato si sono dati appuntamento fuori dalla parrocchia per arrivare fino in piazza a piedi. Di questo corteo nei giorni scorsi nessuno ha parlato sui giornali o in tv. Eppure del pride laico (la partecipazione numerica è stata simile), si è detto a dismisura. Solo che i ragazzi di «Sampie» erano una goccia nel mare. Nel mare di fazzoletti, bandiere, striscioni che hanno cominciato a sventolare quando la Papamobile è spuntata da via di Porta Soprana per raggiungere ed attraversare la piazza. Momento tanto esaltante che avrei voluto snodare quella cravatta che mi stringeva il collo, smettere gli abiti d’ordinanza e stare in mezzo ai «Papaboys» per fare festa con loro. In fondo quella festa l’ho fatta comunque. Non me ne voglia il mio caporedattore, ma nonostante fossi lontano dai miei amici in piazza, nella zona riservata alla stampa, non sono riuscito a non cantare o a non applaudire all’arrivo del Santo Padre. Ma quella voce in più e quell’applauso, più che al Pontefice, erano un’ulteriore spinta a quella piazza che ha fatto commuovere fedeli e non. Avevo vicino una collega di un’altra testata. Non praticante e spesso critica nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche. Eppure l’ho vista commuoversi, piangere, vedendo tanto genuino entusiasmo.
Toccante, momento indimenticabile che solo raccontarlo mi fa bagnare il viso dalle lacrime, perché sono emozioni che non passeranno mai. Commovente come le parole del Santo Padre ai giovani e al limite ai loro sogni sul futuro dettate dalle tante incertezze della vita: la precarietà del lavoro su tutto. Scusate la presunzione ma chi era in piazza domenica mattina una marcia in più nell’affrontare i problemi della vita deve averla di sicuro. Basta guardare questi ragazzi negli occhi e vedere i loro volti sereni e contrapporli a quelli tirati e infelici di chi il giorno prima sfilava per Genova.

© Copyright Il Giornale (Genova), 20 maggio 2008 consultabile qui.

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