8 agosto 2007
Verita' e democrazia secondo Mons. Maggiolini
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In attesa della trascizione della bellissima catechesi che il Papa ha dedicato stamattina alla figura di Gregorio di Nazianzo, leggiamo questa riflessione di Mons. Maggiolini per "Il Giornale".
Raffaella
La verità vale più della democrazia
di Alessandro Maggiolini
Le osservazioni che pongo in questo intervento possono sembrare elementari, perfino semplicistiche. Eppure stanno alla base di una valutazione della democrazia come metodo per giungere alla verità. Dire democrazia significa parlare di un metodo per stabilire la verità: un metodo dove la verità è fissata dalla maggioranza dei pareri delle persone che compongono una società.
Se cento cittadini concorrono a esprimere il loro parere su una questione, non è necessario che tutti concordino nella loro espressione di opinione: basta la maggioranza; basta, cioè, che 51 manifestino una medesima posizione su un problema, per affermare che quella soluzione deve essere considerata quella giusta. Non servono tanto le ragioni che si portano per giustificare il proprio parere: basta che si manifesti il proprio parere. Né ha molta attinenza con la verità dell’opinione espressa il fatto che coloro che la pensano diversamente siano tanti o pochi. Il metodo democratico può sembrare sbrigativo, ma un solo voto può decidere un problema anche di grave portata.
Ciò non significa che la consistenza di un’opinione si misuri con il pallottoliere: la quantità delle opinioni non misura la verità delle opinioni stesse. Se in uno Stato si decidesse che la pena di morte è legittima almeno in alcuni casi, o che debbano essere legalizzati l’omicidio, la rapina o la soppressione della vita nel caso di una malformazione fisica, questa decisione, anche se assunta a pieni voti, non dovrebbe avere nessun valore. La verità prevale sulla libertà dei singoli.
Per impedire che una maggioranza di persone - magari stragrande - eserciti il potere in maniera indiscriminata, si deve ammettere che esistono alcune verità le quali - ci si esprima con le parole di Benedetto XVI - sono «indisponibili», vale a dire non possono essere messe ai voti, non dipendono dalla maggioranza dei pareri che le appoggiano. Ciò fa capire che deve esistere una verità più forte del voto della maggioranza: una verità in base alle quale, per esempio, far morire un uomo innocente, anche se malato gravemente, è un orribile ingiustizia.
Può sembrare macchinosa questa procedura democratica contemporanea; eppure essa si propone come l’alternativa più valida o semplicemente valida, nel caso in cui la verità sia considerata meno importante della volontà della maggioranza. La democrazia post-moderna si apre così gradatamente - quasi insensibilmente - al relativismo e allo scetticismo. Finché nella società vigevano ancora i valori e i principi morali e religiosi intangibili, tali valori e principi si ponevano come limite invalicabile alla iniziativa umana: alla libertà non normata da verità incontrovertibili.
I fondatori dello Stato democratico moderno non avrebbero potuto stendere alcuna Dichiarazione di Indipendenza e di Tutela dei Diritti umani, se al fondo non avessero affermato la «verità dell’uomo»: una verità non arbitraria, ma riconosciuta grazie all’esistenza della legge naturale completata dalla legge rivelata: la verità, in altri termini, è più solida e fondante di una libertà senza norme. Se non si è più che attenti la democrazia si orienta a diventare la «dittatura del relativismo», come si esprime Papa Ratzinger: la democrazia è la forma moderna della Torre di Babele, il simbolo della umanità che si sgancia dal riferimento all’autorità che proviene da Dio, per affermare che «il potere appartiene al popolo».
Queste considerazioni possono apparire ostiche a coloro che cedono a una sorta di sub-pensiero contemporaneo: la democrazia - comunque la si intenda - sarebbe da interpretare come un bene assoluto messo nelle mani degli uomini. E, anche nel nome di una laicità fortemente intrisa di anticattolicesimo e di odio per la religione, si avvia a diventare l’unico elemento «assoluto» - «divino» si direbbe - della cultura contemporanea.
Per cui, si profila per il secolo che inizia uno scontro di civiltà che schiera da un lato la Chiesa e tutti i cattolici che riconoscono la necessità di ancorare il metodo democratico a una verità intangibile dell’uomo; dall’altro, le democrazie relativistiche e nichilistiche, per esempio dell’Unione Europea, che predicano e diffondono il verbo dello scetticismo. Si pensi ai problemi della bioetica.
Si pensi alla potenza pseudo-democratica che possono avere gli strumenti di comunicazione di massa che formano (in chiave vagamente gramsciana) la mentalità corrente. L’impegno per gli uomini di buona volontà si profila chiaro.
© Copyright Il Giornale, 8 agosto 2007
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3 commenti:
Non condivido del tutto le osservazioni di Mons. Maggiolini, che irrigidisce il contenuto di alcune riflessioni più articolate del papa. Indubbiamente è vero che esistono principi non negoziabili (come il diritto alla vita, alla libertà, la dignità della persona), che non dipendono dalle maggioranze parlamentari in quanto fondano la convivenza civile, e per questo sono per lo più riconosciuti dalle Costituzioni democratiche, come la nostra, che si ispira alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948. Non a caso questi principi fondanti possono essere modificati solo con maggioranze molto ampie e con procedure complesse, non con leggi ordinarie; e credo che dobbiamo difenderli strenuamente. Non mi sembra però opportuno contrapporre verità a democrazia: a qualcuno potrebbe magari venire in mente (anche se non è certo questa l'intenzione di Mons. Maggiolini) di imporre o difendere certi valori con un colpo di Stato o una rivoluzione (violando con ciò altri valori ugualmente sacri). Come cristiani dobbiamo batterci per tutelare i principi "non negoziabili" (senza dividerci tra chi privilegia la difesa della famiglia e la tutela dell'embrione e chi invece la difesa della pace e della giustizia sociale contro la guerra preventiva e lo sfruttamento dei poveri); ma nelle concrete situazioni storiche, per tradurre questi valori in leggi e scelte politiche, dovremo per forza (se non vogliamo tornare al "non expedit") incontrarci con altri che non condividono del tutto le nostre idee, per cui le leggi che ne risulteranno saranno spesso "mali minori" (principio ammesso dalla teologia, se non è possibile ottenere un bene maggiore con mezzi leciti). Possiamo chiedere che venga rispettata la libertà di coscienza nelle votazioni su temi eticamente rilevanti; e che sia riconosciuto il diritto all'obiezione di coscienza (come nella legge sull'aborto). Non condivido però l'accenno finale ad uno "scontro" inevitabile (che porterebbe i cattolici ad allearsi con forze pericolose sotto altri aspetti): preferisco le riflessioni più sagge del cardinale Scola.Inoltre nei mass-media attuali non vedo solo il pericolo di un'egemonia "gramsciana" (oggi meno grave che in passato), ma anche e soprattutto quello di una cultura radicale ed individualistica, ben presente ad esempio, sotto varie forme, anche nell'ideologia del proprietario de "Il Giornale", l'on. Berlusconi.
Le perplessità espresse dal Sig. Raffaele, a riguardo delle riflessioni di Mons. Maggiolini sul rapporto tra "verità e democrazia", nascono a mio modo di vedere dall'equivoco in cui cadono purtroppo molti tra gli stessi cattolici allorchè non sembrano cogliere fino in fondo la differenza assolutamente da porsi tra le legittime aspirazioni della "laicità" e le illegittime pretese del "laicismo".
Nel senso più proprio ed originale dei termini, "laico" si riferisce infatti in maniera esclusiva al "cattolico" che non faccia parte della "gerarchia", ed il quale intende coerentemente informare la propria vita "secolare" appunto ai valori cattolici (e quindi anche all'obbedienza per la gerarchia medesima). Da parte sua "laicista" è invece colui che considerando la propria condizione "secolare" essere del tutto scissa dalla Chiesa, pretende inoltre di delegittimarne l'autorità. Alla luce di ciò, tutto quanto di "secolare" venga ad essere istituito da parte dei cattolici sia socialmente che politicamente,sia economicamente che culturalmente, deve per necessità comprendersi se correttamente inquadrato in una visione laica oppure scorrettamente laicista. In breve, la democrazia come sistema di governo "laico" va bene solo fino al punto in cui rimane tale: ossia ossequioso dei principi inerenti alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, e al suo Magistero in senso lato.
La democrazia come paravento per una tentazione "totalitaristica" che imponga la relativizzazione dei valori secolari, si pone invece "inevitabilmente" su di una posizione di scontro con la cattolicità e quindi con la vera e propria laicità.
Non è pertanto la Chiesa ad auspicare lo scontro di civiltà, ma lo è chi come i laicisti pretendono di delegittimare la civiltà cattolica quale "luce per il mondo". Ed inoltre: la coerente adesione cattolica per l'assoluta Verità incarnata da Cristo Gesù (in quanto "Via, Verità e Vita") non può ammettere "inciuci" con le pseudoverità relativiste; e ad ogni "attacco" non si può pretendere che la Chiesa rinunci alla "legittima difesa", in nome di una compromissiva scelta per il "male minore" o ad un falsamente caritatevole "buonismo"!
In conclusione: sia che si parli di verità che di democrazia, bisogna preventivamente stabilire la corretteza del senso con cui intendere tali termini; i quali, se presi in senso laicista, non avranno nulla a che fare con il loro legittimo senso laico e, qundi, cattolico! E vanno pertanto rigettati!
Grazie per il contributo a Raffaele e Cosmo :-)
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