2 ottobre 2007
Il gioco laicista: tentare di dividere la Chiesa
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Nel crescendo di attacchi rivolti alla Chiesa che si registra da qualche tempo a questa parte si nota l’insinuarsi, nell’argomentare polemico, di una lama diretta a penetrare nel corpo ecclesiale: la presunzione dell’esistenza di un conflitto tra fedeli e gerarchia, tra clero e vescovi, tra base e vertici.
Si cominciò almeno un anno fa, quando da un giornale romano noto per le sue posizioni laiciste si venne in qualche modo a sollecitare una conflittualità all’interno della comunità ecclesiale allorché, tornandosi ancora una volta su pretese ingerenze politiche della gerarchia, si scriveva tra l’altro: «chi dovrebbe reagire in primissima linea a questa sciagurata tentazione dovrebbe essere il laicato cattolico che invece è incomprensibilmente silente », e si aggiungeva: «salvo rare e oscillanti eccezioni il laicato cattolico sta assistendo alla sistematica distruzione delle sue autonomie dentro e fuori del perimetro religioso ». Lo stesso giornale nei giorni scorsi, con un intervento sui 'costi della Chiesa' di cui Carlo Cardia ha stigmatizzato la disinformazione, proseguiva nell’insinuare una conflittualità che non c’è, ma che evidentemente con gran desiderio si vorrebbe. Il fatto è che tutta la dissertazione sui pretesi costi per gli italiani era in realtà – in cauda venenum! – diretta a dire qualcos’altro: e cioè che nel mondo cattolico «è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul 'come' le gerarchie vaticane usano il danaro dell’otto per mille 'per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa'».
Davvero commuove tanta preoccupazione di certi atei non devoti per la buona salute interna di una istituzione, la Chiesa, di cui peraltro vedrebbero volentieri la scomparsa. Ma il fenomeno non è nuovo.
Quello di attaccarla cercando di attizzare al suo interno contrapposizioni e conflitti tra Chiesa di popolo e Chiesa-autorità, tra 'basso clero' ed 'alto clero', è un vezzo non di oggi. Le derive giacobine della Rivoluzione francese, con i loro esiti illiberali, crearono con grande abilità questo posticcio paradigma; i governi anticlericali dell’Ottocento, e non solo in Italia, vi tornarono su per legittimare in qualche modo le proprie politiche di depredazione della proprietà ecclesiastica, con evidente spregio d’ogni diritto; i regimi comunisti del Novecento trovarono al riguardo un repertorio ormai ben collaudato, e se ne servirono per creare e assoggettare le loro chiese nazionali, cancellando ogni libertà religiosa.
Dunque nulla di nuovo sotto il sole. A volte il ricorso a questo paradigma è venuto a causa di quella che - con riferimento all’età liberale - Jemolo denunciava come 'la chimera del rinnovamento religioso attraverso le leggi dello Stato'; altre volte è stato lo schermo di una volontà politica diretta ad assoggettare l’istituzione ecclesiastica alla ragion di Stato; più spesso è stato usato come grimaldello per far implodere dall’interno la società ecclesiastica, col fine di indebolirla o addirittura farla morire.
In realtà, si tratta di un modo di pensare che svela una radicale incomprensione della realtà della Chiesa, che non può concepirsi in termini di contrapposizione dei fedeli rispetto alla gerarchia, ma semmai in un differente modo e grado di partecipare, tutti, alla stessa missione. Soprattutto lascia trasparire, dietro la rasserenante maschera della laicità, i tratti aggressivi dell’autentico laicismo.
© Copyright Avvenire, 2 ottobre 2007
Giustissimo! Tuttavia anche certi sacerdoti e vescovi dovrebbero evitare di alimentare le contrapposizioni di cui si ciba la stampa...a ciascuno il suo!
Raffaella
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2 commenti:
toh! qualcuno che dice le stesse cose su cui mi son battuto io recentemente...
guarda tu...
mi faccio modestamente interprete dei punti di vista dei non cattolici in italia:
- agli anticlericali militanti non interessano i dissensi interni alla Chiesa, anche perchè non li vedono o non li capiscono, dal momento che per loro tutto ciò che non è aggressione alla Chiesa è collusione con essa.
- i laici che vedono nella chiesa il nemico delle lotte politiche e sociali per le quali si battono, vedono i dissensi solo quando riguardano le politiche sociali ed etiche e ai loro occhi dimostrano che anche nella chiesa ci sono individui che, nonostante la deplorevole affiliazione, sono degni di rispetto e dialogo.
- i laici "simpatizzanti" vedono il dissenso nella Chiesa come un segno di vitalità e fermento, che potrebbe anche significare che, prima o poi, la Chiesa si decida a ridurre o abbandonare la rigida ed struttura autoritaristica che si trascina dietro ormai con fatica.
Per tutti quelli sopra riportati gli eventuali dissensi e dibattiti sulla messa tridentina interessano molto, ma moooolto meno, della morte dell'orso marsicano :)
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