17 gennaio 2008

Navarro-Valls: "La libertà della scienza"


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La libertà della scienza

L´autonomia della ricerca è sacrosanta e c´è da sette secoli. Questa volta è mancata la capacità di ragionare fuori dalle ideologie

JOAQUÍN NAVARRO-VALLS

Oramai è cosa certa che oggi il Papa non andrà ad inaugurare l´anno accademico dell´Università La Sapienza di Roma. Oramai è cosa certa che tutti hanno vissuto questo increscioso episodio con perplessità e costernazione.
In effetti, autorità politiche e accademiche, anche molto distanti per provenienza e sensibilità, hanno almeno ufficialmente manifestato la più esplicita e diretta disapprovazione per le proteste che hanno spinto Benedetto XVI a rinunciare alla visita prevista all´Università.
Sugli eventi è necessario riflettere con una certa prudenza. Infatti, la prima osservazione che viene da fare potrebbe, in realtà, essere fuorviante. Visto che, quando alcuni anni fa Giovanni Paolo II inaugurò l´anno accademico di un altro Ateneo romano, quello di Roma Tre non vi fu alcun sentimento di ostilità verso la sua presenza, potremmo essere indotti a pensare che oggi il clima è cambiato e che stiamo andando verso una deriva intollerante.
In verità, però, le cose sono molto più semplici, meno drammatiche, anche se non meno gravi.
Innanzitutto, l´invito è stato rivolto al Papa in modo un po´ maldestro, con una formalizzazione del Rettore non ancora convalidata dal Senato Accademico. Poi, attorno alla presenza del Papa, si è inserita una lotta politica interna all´Università stessa che, probabilmente, avrebbe trovato altri modi per manifestarsi, diversi da questo, ma che ha potuto utilizzare un evento certamente di primo piano come occasione perfetta per ottenere i propri scopi.
Malgrado il contesto interno all´Università sia molto complesso, resta, però, da capire le ragioni che sono state addotte a supporto del dissenso per la visita del Papa, da parte non soltanto del gruppo dei 67 docenti, un modesto 3 per cento dei professori, ma anche di un rumoroso, benché esiguo, gruppo di studenti.
In effetti, da questo particolare angolo visuale si colgono i risvolti più originali dell´accaduto.
Particolarmente emblematico, ad esempio, è stato uno degli slogan esibito da un contestatore che recava la scritta: "la scienza è laica!".
Già, perché è molto curioso l´uso di un aggettivo qualificativo come "laico" per difendere un valore sacrosanto, almeno da sette secoli, quale l´autonomia e la libertà di ricerca nell´Università. Non a caso uso un termine temporale come sette secoli, perché l´autonomia della scienza è un fatto costitutivo dell´Università fin dalla sua fondazione medievale, e non un elemento accessorio guadagnato oggi. Inoltre, questa autonomia non ha nulla a che vedere, direttamente, con la presenza o meno di valori religiosi nella società o di un´autorità ecclesiastica presente all´inaugurazione di un anno accademico. A meno di negare il fatto che gli scioperi all´Università di Parigi nel Duecento o il dissenso del Cancelliere Gerson per le politiche ufficiali del Quattrocento siano stati essi stessi fatti di libertà importanti, di molto precedenti all´avvento della scienza moderna.
Lasciando perdere tutto questo, conviene chiedersi, però, che cosa s´intende per una scienza libera ed autonoma oggi. Perché mi pare evidente che con questa affermazione si debba fare riferimento al fatto che la scienza non è definita da alcun aggettivo qualificativo, neanche da quello della laicità.
La scienza è scienza e basta. E questa affermazione non è una tautologia, perché definisce il criterio che è proprio della scienza, ovvero il metodo. Il procedere scientifico, insegnava Rudolf Carnap – padre del Neopositivismo –, è la scienza stessa, priva di attributi non necessari ed estrinseci al suo procedere.
Imparare a diffidare degli aggettivi significa salvaguardare l´aspetto non ideologico, cioè autonomo da ogni discriminazione preliminare, della scienza stessa. Proprio quello che è mancato al dissenso in questa occasione, cioè la libertà di ragionare fuori dall´esaltazione ideologica.
In secondo luogo, poi, esiste un´ipocrisia veramente intollerabile, che riguarda, questa volta, la questione di Galileo.
Non soltanto oggi siamo ad una distanza storica dagli accadimenti tale da rendere ridicola tale rievocazione anacronistica della polemica, ma gli stessi sostenitori della protesta, oltre ad utilizzare gli stessi metodi oscurantisti e censori dell´accusa, sanno molto bene che la vicenda Galilei era caratterizzata, prima ancora dell´intervento indebito dell´istituzione ecclesiastica, da una libera lotta culturale tra visioni scientifiche antagoniste
. L´epistemologo Thomas Kuhn, ad esempio, ha ricavato da essa l´idea molto importante del cosiddetto "confronto dei paradigmi scientifici", un´idea ritenuta oggi alla base della libertà scientifica e del confronto d´idee.
La contestazione a Galilei era promossa non soltanto da degli "sporchi oscurantisti", ma dai sostenitori della visione tolemaica, i quali, oggi sappiamo erroneamente, erano sinceramente convinti del valore scientifico della scienza aristotelica.
In questo senso, il fisico Marcello Cini, firmatario della petizione contro la visita di Benedetto XVI, aveva già scritto in un suo libro del 1984: «Tutti diciamo che la spiegazione di Galileo è quella giusta, mentre quella aristotelica è sbagliata. In senso banale è vero. Ma è un´affermazione che non ci porta molto lontano. Anzi, ci impedisce di capire bene che cosa vuol dire spiegare un fenomeno in modo diverso da quello comunemente accettato».
Forse c´è chi, ieri come oggi, strumentalizza la scienza e la complessità dei progressi scientifici: ma chi lo fa, lo fa sempre impedendo a qualcuno di esprimersi e di parlare, in virtù magari di "qualifiche" religiose o razziali.
Questo è il fatto veramente grave avvenuto, il quale s´iscrive all´interno di un´ampia prassi ormai purtroppo consolidata anche in Occidente: l´intolleranza.
Questa è anche la differenza profonda tra i moti del ´68 e gli atti che abbiamo visto in questi giorni: siamo passati, infatti, dal motto di allora "è vietato vietare" a quello di oggi: "la scienza è laica".
Si tratta di un cambiamento dei connotati di coloro che hanno cavalcato la protesta, i quali, seguendo malamente Voltaire, dimenticano dei suoi e dei nostri intenti educativi che dovrebbero animare sempre gli operatori di scienza. Si tratta, è il caso di dire, di una "differenza qualitativa".

© Copyright Repubblica, 17 gennaio 2008

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