25 settembre 2007
Il Papa a Velletri: il commento di Avvenire
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IL TEMA
Domenica l’appello del Pontefice a promuovere un rapporto con i beni che non generi ingiustizia
Il Papa: la logica del profitto non prevalga sulla solidarietà
Dal Nostro Inviato A Velletri Mimmo Muolo
Qual è il miglior modo di utilizzare il denaro e le ricchezze materiali? Il Papa, con il Vangelo di Luca alla mano, non ha dubbi: «Condividerli con i poveri». Nella domenica in cui visita Velletri («incontro familiare», come lo definisce egli stesso e come raccontiamo a pagina 6) Benedetto XVI per ben due volte – nell’omelia della Messa celebrata nella cittadina laziale e poi all’Angelus recitato a Castel Gandolfo – si sofferma sul tema dell’equa distribuzione dei beni. «Il denaro non è "disonesto" in se stesso – spiega – ma più di ogni altra cosa può chiudere l’uomo in un cieco egoismo». Ragion per cui occorre saper mettere nel giusto ordine «la logica del profitto» e le esigenze dei meno abbienti. Guai se la prima prendesse il sopravvento. Le conseguenze, come è possibile verificare ogni giorno, sarebbero «la sproporzione tra ricchi e poveri e un rovinoso sfruttamento del pianeta».
Perciò omelia e Angelus (discorsi che Avvenire pubblica entrambi integralmente) sono percorsi da un unico filo conduttore e vanno letti necessariamente insieme. Punto di partenza comune è il Vangelo di Luca, proclamato durante le Messe di domenica. «Procuratevi amici con la disonesta ricchezza – dice Gesù – perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne». La parabola dell’amministratore disonesto, spiega dunque il Papa, «non ci presenta quell’amministratore come modello da seguire nella sua disonestà, ma come esempio da imitare per la sua previdente scaltrezza».
In altri termini, aggiunge Benedetto XVI, «si tratta di operare una sorta di conversione dei beni economici: invece di usarli solo per interesse proprio, occorre pensare anche alle necessità dei poveri». Facendo, dunque, riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, Papa Ratzinger prosegue: «La logica del profitto e quella dell’equa distribuzione dei beni non sono in contraddizione l’una con l’altra, purché il loro rapporto sia bene ordinato». Ciò che è «prioritario» è l’equa distribuzione, il profitto «naturalmente legittimo e, nella giusta misura, necessario allo sviluppo economico», viene dopo. Se invece si inverte questo ordine, si rischiano tragedie. «L’emergenza della fame e quella ecologica stanno a denunciare, con crescente evidenza – annota il Papa – che la logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra ricchi e poveri e un rovinoso sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo e sostenibile».
In fondo, aggiunge il Pontefice, si tratta di scegliere: «Tra onestà e disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo, tra bene e male». Di qui il suo appello ai fedeli, innanzitutto, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà. Mai lasciarsi assorbire dall’«egoistica ricerca del profitto», dalla «sete di guadagno» a tutti i costi, «dal disprezzo dei poveri» e dallo «sfruttamento della loro situazione a proprio vantaggio». Il cristiano «deve aprire il cuore, al contrario, a sentimenti di autentica generosità». E la stessa regola, conclude Benedetto XVI, vale anche «per quelli che rivestono compiti di responsabilità nella comunità civile».
© Copyright Avvenire, 24 settembre 2007
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2 commenti:
cara, mi posiziono qui per comodità, anche se sono fuori tema. La bufala di Melloni di cui parlavo nel mio post è ben documentata qui
http://www.acquaviva2000.com/STORIA/PIO%20XII%20e%20i%20bambini%20ebrei.htm
Tu pensa, a causa di questo uso scorretto dei documenti storici, il casino che è successo.
Alla fine di tutto il polverone, anche pericoloso, Melloni disse che era stato interpretato con troppa enfasi.Questo lo ricordo.
Bel generino davvero.
Grazie Mariateresa!
Analogo polverone, anche se meno grave, si e' sollevato grazie all'articoletto di sabato. Peccato che Melloni abbia omesso di dire che gli Acta erano "fermi" al 5 aprile.
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