19 ottobre 2007
Lettera dei 138 leader islamici al Papa: i commenti Padre Samir e di Scruton per "Il Foglio"
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Samir
L’effetto della lettera è positivo ma lento, nell’islam è ancora dominante la cultura del rigetto
Roma. Samir Khalil Samir è il massimo studioso cristiano di islam. Egiziano d’adozione libanese, formatosi in Francia e in Olanda, Samir insegna oggi all’Università Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio istituto orientale di Roma. E’ stato visiting professor
alla Georgetown University di Washington e al Cairo. Al Foglio Samir spiega perché gli è piaciuto il testo dei 138 saggi musulmani. “E’ un documento più rappresentativo di quello che i 38 scrissero alcuni mesi fa. Nel nuovo testo citano il Corano ma anche il Vangelo e l’Antico Testamento. E’ un riconoscere, non dichiarato ma implicito, del Nuovo Testamento come documento di rivelazione. Tutto è impiantato sull’amore per Dio e il prossimo.
La terminologia usata è cristiana, non musulmana, come un voler fare passi autentici verso il dialogo fra le fedi. Tutto il discorso è spirituale e permette un dialogo tra gli uomini più sereno dei testi precedenti. La conclusione cita il versetto 5,48 del Corano, ‘se Dio avesse voluto avrebbe fatto di voi una sola comunità’, sanziona la diversità anche a livello religioso”.
Veniamo ai silenzi del documento.
“Restano fuori i problemi conflittuali, la violenza nell’islam, a causa di un residuo di quel tipico miscuglio fra politica e religione. I saggi parlano di cristiani che non devono aggredire l’islam. Intendono gli Stati Uniti e le nazioni occidentali. Dobbiamo distinguere sempre fra stati e persone.
Hanno scelto brani positivi del Corano e della Bibbia. E’ bello ma
ambiguo, un altro gruppo di studiosi potrebbe scegliere versetti che vanno in senso opposto”.
C’è poi un problema di forma. “Il testo non ha autorità giuridica, ma morale perché rappresentativo di vari paesi e di tendenze sunnite, sciite e sufi. Ha un valore etico ma non dogmatico. Da questo documento i gruppi radicali terroristi non saranno mai toccati. Ma può aiutare gente di buona volontà ad avere una visione più aperta e più pacifica. Si tratterà di diffonderlo nel mondo islamico e non di farne solo un testo per l’esportazione verso il mondo occidentale. Del testo non hanno fatto versioni persiane, urdu e turche, le lingue dell’islam. E’ pensato per l’occidente supposto essere cristiano”. Il dubbio è che resti elitario e non scalfisca la massa fondamentalista. “C’è una tendenza massiccia dell’islam attuale allo scontro e al rigetto dell’occidente, dentro il quale mettono di tutto. Dobbiamo ripensare la formazione degli imam, chi tiene i discorsi del venerdì in tutto il mondo e chi governa le moschee, quasi ovunque i sauditi, fra i quali è fortissima la corrente radicale. Questo gruppo di 138 rappresenta la tendenza più aperta dell’islam, maggioritaria numericamente, ma non la più forte. Un venti per cento di musulmani radicali causa molti più danni dell’ottanta per cento di non radicali. Chi ha scritto il testo non è militante, sono musulmani che sanno di dover trovare un accordo preservando le affermazioni islamiche positive. I musulmani in Europa non scendono però per strada contro
il terrorismo, dicono sempre ‘questo non è il vero islam’, non agiscono. L’effetto della lettera è dunque buono ma ridotto e lento”.
Scruton
Messaggio chiaro agli islamisti, va affisso nelle moschee. A noi spetta un gesto di buona volontà
Il mio primo pensiero è stato di gratitudine e di apprezzamento. Questa lettera, che è senza dubbio un’offerta di pace e un tentativo autentico di riconciliazione, era da molto attesa. E’ stata tatticamente parafrasata ed è chiaro che una grande scuola di pensiero e di organizzazione ha preso parte alla preparazione di questo testo al fine di ottenere firme così autorevoli. L’enfasi sull’amore per il prossimo e i due grandi comandamenti come li conosciamo dalla tradizione ebraica e cristiana, è certamente inteso come un attacco agli islamisti e ai terroristi e un invito rivolto ai musulmani di avvicinarsi agli aspetti della loro religione che predicano la pace e la riconciliazione, anziché quelli che approvano il conflitto. La lettera proviene da un ampio spettro di studiosi, invece che da imam e altri chierici religiosi, per la semplice ragione che l’islam non ha una istituzione paragonabile alle altre chiese che possa parlare a nome dei suoi membri e assumersi la responsabilità per lo sviluppo della fede. Un imam non ha autorità istituzionale nella tradizione sunnita ed è soltanto un uomo le cui qualità personali e la cui conoscenza religiosa lo rendono degno di quel ruolo. Il titolo di imam è riservato dagli sciiti al primo cugino Alì di Maometto e ai suoi discendenti, che sono visti come i veri successori del Profeta. Ma anche nella tradizione sciita non esiste il concetto di una figura giuridica che conferisca autorità.
L’autorità è riposta direttamente nel potere di Dio. Secondo gli sciiti, la linea di discendenza degli imam si è interrotta con il dodicesimo, che è ancora vivo e ‘nascosto’ ed è destinato a ricomparire negli ultimi giorni come il mahdi. Dunque nessun chierico vivente può agire con una autorità più grande di quella conferitagli dalle proprie qualità agli occhi di Dio. L’islam, in altre parole, è più un sistema di pietà che una dottrina teologica.
Tuttavia mi auguro che questa lettera possa essere letta nelle moschee, che gli imam wahabiti siano invitati a ripetere il suo messaggio e infine che venga affissa in ogni stipite del Pakistan rurale e dell’Afghanistan.
Nei giorni in cui l’oriente era l’oriente e l’occidente era l’occidente, era possibile per i musulmani dedicare le loro vite alla pia osservanza e ignorare il male che prevale nel dar al-harb. Ma quando questo male si è diffuso in tutto il pianeta, seducendo con libertà e licenziosità al posto delle esigenze austere di un codice religioso, fino a invadere il dar al-islam, i vecchi antagonismi si sono risvegliati. E’ quello che si trova a dovere affrontare oggi l’occidente. Mi domando se un giorno potremmo sperare in un sequel della lettera, che condanni gli assassini e le atrocità di al Qaida e dei suoi imitatori e inviti i musulmani a distanziarsi completamente da questi crimini. Nel frattempo sarebbe del tutto ragionevole se i leader cristiani rispondessero amichevolmente a questa lettera e la facessero loro con un gesto di buona volontà.
Roger Scruton
(testo raccolto dalla redazione)
© Copyright Il Foglio, 16 ottobre 2007
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