19 ottobre 2007
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«Difendere la vita, tutelare il lavoro»: Chiesa in campo contro la precarietà
Il Papa: valori indisponibili. Bagnasco: urge un patto tra le generazioni
di FRANCA GIANSOLDATI
CITTA’ DEL VATICANO - Davanti agli stati maggiori della Chiesa riuniti a Pistoia per il centesimo anniversario delle Settimane Sociali, Papa Ratzinger leva la voce per manifestare fortissime preoccupazioni davanti al dramma di tanti giovani impossibilitati a metter su casa, sposarsi, fare dei figli, garantire loro un futuro. Tutta colpa della cronica mancanza di lavoro stabile. «Quando la precarietà del lavoro non permette loro di costruire una famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso». Parole severe che riprendono un tema caro alla predicazione ratzingeriana: la necessità di arrivare ad un agire politico teso alla tutela della dignità dell’uomo in tutta la sua interezza. Il concetto di bene comune, ha fatto sapere Benedetto XVI nel messaggio inviato per l’occasione al presidente della Cei, Angelo Bagnasco, è il risultato di una «naturale interconnessione» tra il bene di ciascuno con quello dell’intera umanità. Da qui l’incoraggiamento ai cattolici laici impegnati in politica, proprio come ha fatto non meno di un mese fa parlando da Castelgandolfo, a cogliere con «consapevolezza la grande opportunità» che offrono le tante sfide aperte - dalla difesa della vita umana, alla tutela della famiglia, alla grande questione sociale e ambientale - per reagire «non con un rinunciatario ripiegamento su se stessi, ma, al contrario con un rinnovato dinamismo, aprendosi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale dell'Italia». L’importante è evitare un uso generico e talvolta «improprio» del termine bene comune. Il ragionamento del Papa, tanto per sgombrare il campo da possibili equivoci, fa leva sui contenuti del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e dell’enciclica del suo predecessore, Sollicitudo Rei Socialis. In tempi di globalizzazione, argomenta, il bene comune «va considerato e promosso» all’insegna dell’interdipendenza tra il mondo economico, quello culturale, quello politico e per finire quello religioso. E’ la solidarietà, il patto tra le generazioni, a tessere la trama tra le relazioni sociali. «Non tanto un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali delle persone» ma, al contrario, «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi» affinchè tutti siano responsabili l’un l’altro. Spetta così alla Chiesa intervenire nella vita pubblica nell’intento di risvegliare le coscienze morali, mentre ai politici cattolici tocca mettere in pratica con coerenza il Magistero e realizzare strutture giuste. «Come cittadini dello Stato tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonomia responsabilità». Nel testo preparato per le Settimane Sociali - consessi decollati nel lontano 1907 a Pistoia per opera di Giuseppe Toniolo, coraggioso protagonista del movimento cattolico sul finire del XIX secolo - Benedetto XVI ha voluto ribadire che la Chiesa non è affatto un «agente politico» anche se offre il suo «peculiare contributo a formare le classi politiche e imprenditoriali». Poi ha ribadito i valori non negoziabili «non sono principi solo cattolici» - vita, famiglia, dignità dell’uomo, pace, giustizia, salvaguardia del creato - ma valori umani comuni. La posta in gioco è altissima e impone ai cattolici un compattamento, un «rinnovato dinamismo». Decisamente più articolato ma in totale sintonia col Papa il lungo discorso del presidente della Cei. Bagnasco ha rinfrancato i cattolici e li ha richiamati a rinserrare le fila. «I laici in politica ascoltino il Magistero», siano coerenti e combattano uniti contro il relativismo che mina la vita umana e il matrimonio tra uomo e donna, abbiano a cuore uno sviluppo «autentico e completo» del Paese. Il lavoro, o meglio la disoccupazione e la precarietà, è stato inserito tra le grandi «emergenze etiche e sociali» e se non sarà risolto finirà per «minare la stabilità della società». Per il futuro dell’Italia, a suo parere, è essenziale «un nuovo patto tra le generazioni, all’insegna di un corretto principio di autorità e di comunità, di tradizione e di futuro». Ma il bene comune non si potrà attuare, nè tantomeno concepire senza recuperare «le virtù cardinali della fortezza, della giustizia, della prudenza e della temperanza con le attitudini interiori che ne conseguono». In poche parole si deve partire «dall’agire morale del singolo».
© Copyright Il Messaggero, 19 ottobre 2007
La strategia di Ratzinger non demonizza il profitto, ma lo collega alla responsabilità sociale
CITTA’ DEL VATICANO - Man mano che il testo della sua enciclica sociale sta prendendo forma, aumentano per numero e per intensità gli interventi di Papa Ratzinger in campo economico. Lo ha fatto anche ieri nel messaggio inviato al presidente della Cei in occasione delle Settimane Sociali in corso a Pistoia. «Interdipendenza» tra le parti sociali, «solidarietà», il concetto di bene comune, la necessità di realizzare «strutture giuste» sono i punti sui quali si è voluto soffermare. Tra le sfide è stata inserita anche la «precarietà del lavoro» giovanile, osservato e analizzato però in rapporto alla famiglia: come possono tanti ragazzi sposarsi e fare figli, partecipando così allo sviluppo autentico e completo dell’Italia, se la disoccupazione è tanto alta o se i posti di lavoro cui possono aspirare sono soprattutto precari? Che certezze possono mai avere? «In tempo di globalizzazione il bene comune va considerato e promosso» e l’interdipendenza deve essere sentita da tutte le componenti del mondo contemporaneo «economico, culturale, politico e religioso». Concetti che per sè non sono una novità, dato che si inseriscono armonicamente nella linea del Magistero tracciata dal suo predecessore, Giovanni Paolo II, il quale alle problematiche del nostro tempo ha dedicato ben tre encicliche sociali. Il Papa teologo li ha attualizzati all’insegna della globalizzazione, fenomeno non ancora così radicato all’epoca in cui vide la luce la Centesimus Annus, nel 1991. Alcune settimane fa in vista pastorale a Velletri il Papa ha offerto una lettura teologica sulle cause della povertà, anticipando per sommi capi la struttura portante dell’enciclica sociale che sta vedendo la luce.
Il divario tra Nord e Sud, l’emergenza della fame e quella ecologica stanno a denunciare «con crescente evidenza che la logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra ricchi e poveri e un rovinoso sfruttamento del pianeta». Se, invece, prevale la logica della condivisione «è possibile correggere la rotta» e orientarla verso uno sviluppo equo e solidale». Un agire economico basato solo sulla logica del profitto, in quest’ottica, è chiaro che potrebbe risultare devastante per il futuro del mondo. Pur criticando il sistema capitalistico sono stati fatti importanti distinguo: che «il denaro non è disonesto in sè stesso», così come la ricerca del profitto, «legittima nella giusta misura» nonchè «necessaria allo sviluppo economico». Si tratta, dunque, di un capitalismo che offre gli strumenti di cui l’uomo può servirsi per venire incontro ai bisogni propri e degli altri.
Il richiamo di Ratzinger è di aprire il cuore alla generosità, nella consapevolezza che le parti sociali, gli stati, i popoli sono interdipendenti, che lo sviluppo degli uni dipende lo sviluppo degli altri. Sicchè per Ratzinger l’Occidente opulento non può più restare in silenzio davanti al dramma di miliardi di persone affamate, straccione, senza futuro, costrette a una vita di stenti. Non vederne le conseguenze è pura miopia.
A Velletri il Papa teologo ha sviluppato il tema prendendo spunto dalla parabola del fattore infedele. Nel Messaggio di Pistoia, invece, ha citato l’enciclica Sollicitudo Rei Socialis, il teologo Francisco Suarez e il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa per rammentare che l’interdipendenza - parola ripetuta più volte - deve essere assunta a categoria morale.
F.GIA.
© Copyright Il Messaggero, 19 ottobre 2007
Bravissima Giansoldati, l'articolo migliore della giornata!
R.
Il Papa: lavoro precario, emergenza sociale
ALCESTE SANTINI
Città del Vaticano. Con un forte messaggio ai partecipanti alla 45esima Settimana sociale apertasi ieri a Pistoia, Benedetto XVI ha detto che «il lavoro va collocato tra le emergenze etiche e sociali perché, se non garantito, è in grado di minare la stabilità della società e di compromettere seriamente il suo futuro». Ma, al tempo stesso, è tornato sul «rispetto della vita umana», riferendosi ai tentativi di avvalorare l’eutanasia dopo la recente sentenza della Cassazione, e sulla famiglia fondata sul «matrimonio tra uomo e donna» riaffermando la necessità di «tutelare la pace e la giustizia e la salvaguardia del creato». Altrentttanti asssunti fatti propri anche dal neocardinale Angelo Bagnasco presidente della Cei quando ha rilanciato il diritto a un «lavoro stabile, sicuro e dignitoso». Il passaggio forte del messaggio riguarda la denuncia della «precarietà del lavoro» in quanto non permette ai giovani di costruire una famiglia e uno «sviluppo autentico e completo della società che risulta seriamente compromesso». Così il Papa, con il suo messaggio, che è stato letto all’assemblea di duemila delegati, si è inserito nel dibattito di questi giorni incentrato proprio sul lavoro, sul welfare e sullo sviluppo della società italiana, impegnando governo, Parlamento, e sindacati in un confronto molto serrato tra le forze politiche e sociali. Infatti, Benedetto XVI è tornato a parlare dell’impegno dei cattolici in politica rilevando che, «come cittadini dello Stato», essi «devono partecipare in prima persona alla vita pubblica» e, nel rispetto delle legittime autonomie, devono cooperare a configurare «rettamente la vita sociale, insieme agli altri cittadini». E, dopo aver ribadito che «la Chiesa non è un agente politico» in quanto il suo compito è di «purificare la ragione» e risvegliare «le forze morali», papa Ratzinger ha invitato i laici cattolici a «dedicarsi con generosità e coraggio alla costruzione di un ordine sociale giusto». Perciò li ha esortati ad accettare le sfide dell’attuale momento storico e non a reagire «con un rinunciatario ripiegamento su se stessi, ma al contrario con un rinnovato dinamismo, aprendosi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia». Quanto alla Chiesa, essa offrirà il suo «peculiare contributo formando nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino spirito di verità e di onestà, volto alla ricerca del bene comune e non del profitto personale». «Il bene comune oggi, un impegno che viene da lontano» è il tema della Settimana sociale a cento anni dalla prima fondata dall’economista cattolico Giuseppe Toniolo. Ebbene, rifacendosi a quella esperienza ed a quanto ne è seguito nell’arco di un secolo, Benedetto XVI ha affermato che i cattolici «nel diretto impegno politico sono chiamati a spendersi in prima persona attraverso l'esercizio delle competenze e contestualmente in ascolto del Magistero della Chiesa». E il neocardinale Angelo Bagnasco gli ha fatto subito eco affermando che «non è questo il tempo di disertare l’impegno, ma di prepararlo e orientarlo». Da parte della gente - ha sottolineato Bagnasco rivolgendosi anche ai vescovi - «esiste ed è forte l'attesa di una loro parola, dato che il delicato momento vissuto dal Paese rende ancora più forte l’esigenza di punti di riferimento autorevoli». In sostanza, pur nella distinzione dei ruoli dei laici cattolici e dei vescovi, secondo il presidente della Cei, questo è il momento di «non tacere» ma di far sentire, responsabilmente, le rispettive posizioni per rispondere alle attese del Paese così come ai vaslori chiave messi in discussione come appunto la difesa della vita: su questo - ha affermato - «i vescovi non taceranno». Così, la Settimana sociale deve saper parlare alla società del terzo millennio, laica e multiculturale, traducendo in iniziative incisive il messaggio che il Papa ha voluto inviare ieri ai delegati per indicare che è il bene comune ad ispirare l’azione dei cattolici in questo momento per riaffermare valori di solidarietà e dei diritti del lavoro rispetto all’antipolitica.
© Copyright Il Mattino, 19 ottobre 2007
E la sinistra subito grida al miracolo
«A furia di pregare per san Precario il miracolo si è avverato: il Papa è dalla nostra parte». Francesco Caruso, deputato no-global eletto nel Prc e tutta la sinistra radicale colgono al volo le parole del Pontefice alla vigilia del corteo sul lavoro precario. «Ascoltate almeno il Papa», attacca Oliviero Diliberto (Pdci). Ma la Cdl replica: «Non si possono strumentalizzare le sue parole». E il socialista Roberto Villetti ricorda che «Ratzinger è ben distante da qualsiasi versione del comunismo e lancia solo l’allarme sulla precarietà giovanile».
© Copyright Il Mattino, 19 ottobre 2007
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