22 gennaio 2008
Bagnasco: "Quello della Sapienza episodio grave ed incredibile, ma non mina intesa con l'Italia. Dai Cattolici più coraggio e coerenza... (O. Romano)
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Intervista al cardinale Bagnasco, presidente della Cei
Dai cattolici più coraggio e coerenza nel dibattito pubblico
Marco Bellizi
Nel dibattito pubblico i cattolici devono svolgere il loro ruolo con maggiore capacità di persuasione che viene, anzitutto, dalla testimonianza di vita. Le loro argomentazioni peraltro, oltre a trarre origine dal Vangelo, nascono anche dal semplice senso comune della vita. Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), all'indomani dell'apertura della riunione del Consiglio permanente, spiega a "L'Osservatore Romano" alcuni temi della sua prolusione. Il cardinale torna a parlare anche della legge sulla tutela della maternità con una affermazione estremamente chiara: per la Chiesa l'aborto è e rimane un "crimine".
La vicenda della mancata visita del Papa alla Sapienza ha posto di nuovo con evidenza la questione del rapporto fra laici non credenti e cattolici. Crede che si possa parlare di un clima mutato in Italia nel rapporto fra Chiesa e società?
Il rapporto tra Chiesa e società in Italia è un rapporto di grande stima e di estrema vicinanza popolare. Non sono episodi, pure gravi e incredibili, come quello della mancata visita del Papa alla Sapienza che possono pregiudicare un'intesa e una positiva collaborazione, che sono e restano nei fatti.
Pur essendo stata la dimostrazione di una parte ridotta della popolazione universitaria, questa contestazione ha portato alla fine alla necessità di annullare la visita. Perché tutto questo è accaduto?
È necessario recuperare una forte cultura della legalità e il senso vero del dialogo e della democrazia, per cui ognuno nel rispetto effettivo degli altri possa esprimere in modo sereno le proprie idee.
Nella sua prolusione alla riunione del Consiglio permanente della Cei lei fa riferimento anche della perduta capacità di costruire insieme lo sviluppo del Paese. Cosa si può chiedere ai cattolici per favorire una ripresa dell'Italia sotto questo aspetto?
È importante che i cattolici portino il contributo di valori spirituali ed etici nel dibattito pubblico. Questo compito deve essere peraltro interpretato con maggiore persuasione e capacità di argomentare rispettosamente le proprie convinzioni, sapendo che esse nascono sia dal Vangelo come anche dal senso comune della vita. Per questo i cattolici non vogliono imporre una visione religiosa, ma proporre dei valori universali. Beninteso, l'argomentazione più credibile nasce sempre dalla testimonianza della vita.
La crisi della politica italiana, di cui si parla, è spesso considerata crisi dei valori. Che ruolo hanno gli ideali nella politica? Ha ancora senso parlare di "questione morale"?
Non esiste politica senza alti ideali spirituali e morali. La politica infatti ha come scopo la giustizia che è anzitutto una virtù morale. Essa richiede pertanto da parte di tutti coloro che si occupano di politica un alto senso della persona umana, della vita e della famiglia.
Sviluppo economico e solidarietà spesso appaiono come elementi antitetici. È solo un'apparenza?
Si può realmente sperare in una via diversa di sviluppo?
È bene far crescere sempre di più il rapporto dinamico ed imprescindibile tra economia e solidarietà. Ciò comporta innanzitutto che il senso del bene comune prevalga sugli interessi individuali.
"Morti bianche", bassi salari e stipendi: esiste in Italia un'emergenza lavoro che interpella la Chiesa?
La Chiesa è interpellata da tutti i problemi dell'uomo, perché la fede salva, illumina e ispira tutta la vita. Grazie alla sua particolarissima vicinanza alla gente nelle parrocchie e nei gruppi, la Chiesa condivide i problemi anche economici che colpiscono, che assediano i singoli e le famiglie. In particolare mi riferisco a due emergenze: le famiglie con bambini che faticano ad arrivare alla fine del mese e le persone sole che vivono il dramma di un certo isolamento.
La Chiesa fa spesso appello ai valori cristiani dei politici credenti. C'è anche un'emergenza legata ai comportamenti civici del semplice cittadino?
La responsabilità di un Paese non riguarda solamente le istituzioni, ma tutti i singoli cittadini. Il cristiano trova nella propria fede un motivo ulteriore per partecipare cordialmente e attivamente alla vita pubblica.
Dopo la moratoria sulla pena di morte, la moratoria sull'aborto. Come si pone e si porrà in futuro la Chiesa in Italia nei confronti di quest'ultima iniziativa?
La Chiesa ribadisce come sempre che l'aborto è un crimine, come ricorda anche il Concilio Vaticano II. In questo momento storico si auspica realisticamente almeno l'applicazione più incisiva di quelle parti della legge che tutelano la maternità e inoltre che si prendano in seria considerazione i risultati della ricerca scientifica.
In riferimento all'enciclica Spe salvi lei parla della "restaurazione del paradiso perduto non più attraverso la fede ma attraverso lo sviluppo scientifico". L'uomo moderno crede cioè di raggiungere l'immortalità senza Dio? O semplicemente ha perso la speranza dell'immortalità?
Ritengo che sia necessario, come ci insegna anche il Papa nella Spe salvi, annunciare in modo più esplicito e sistematico il vero destino dell'uomo: la vita eterna, che è quella pienezza di felicità, senza fine, che il cuore di ognuno in ogni epoca coltiva. Una pienezza assoluta che - occorre ricordarlo - non è nelle mani dell'uomo, che assoluto non è e non sarà mai.
Sui temi moralmente più impegnativi, lei ha detto che occorre fare ricorso al voto di coscienza, libero da qualsiasi mandato elettorale. Ma quale dovrebbe essere il comportamento di un politico cristiano di fronte alla possibilità che tale voto di coscienza possa aprire altri scenari negativi? In altri termini, esiste una gerarchia nella priorità dei valori cristiani da difendere?
Benedetto XVI ha spesso ricordato che esistono valori non negoziabili che sono costitutivi della persona umana e che pertanto non ammettono compromessi o mediazioni. In questo caso non solo sarebbero negati, ma verrebbe meno il fondamento stesso della dignità della persona umana, che sarebbe consegnata alle opinioni dominanti, secondo gli interessi e le utilità del momento.
(©L'Osservatore Romano - 23 gennaio 2008)
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