22 gennaio 2008

"Le parole di Maiani? Un mea culpa solo a metà" (Morresi per "Avvenire")


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l’analisi

Le parole di Maiani? Un mea culpa solo a metà

DI ASSUNTINA MORRESI

«Abbiamo perso tutti», ha dichia­rato il professore Luciano Maia­ni, uno dei sessantasette firma­tari della lettera che dichiarava 'incongrua' la scelta di invitare il Papa alla Sapienza di Roma.
Lo ha fatto in un’intervista pubblicata dome­nica su questo giornale, specificando che quel­la era una lettera interna al corpo docente del­l’Università, e che tale doveva rimanere. Inve­ce, secondo Maiani, la pubblicazione - due me­si dopo la sua stesura - della lettera stessa da parte dei media l’avrebbe trasformata da un momento di dialettica interna ad un proclama contro il Pontefice, scatenando il putiferio che tutti sappiamo.
Una strumentalizzazione, in­somma, secondo il professore che nel frat­tempo, ha visto bloccata al Senato la ratifica della sua nomina a Presidente del Cnr.
Piena­mente condivisibile il giudizio di Maiani: han­no perso tutti, in questa occasione. Non certo il Papa, ma «il mondo accademico, gli studen­ti, la politica», per dirlo con le sue stesse paro­le. In particolare, hanno perso non solo colo­ro che hanno innescato la miccia, ma anche chi, per sciatteria, ha sottovalutato gli eventi e non si è mosso in tempo utile per evitare il pes­simo finale.

La tesi dell’intervista, però, e cioè una stru­mentalizzazione della lettera da parte della stampa, ci appare quanto meno opinabile, e si­curamente molto debole. Ferma restando la piena libertà di opinione di ciascuno - e ci man­cherebbe - i 67 hanno dichiarato all’inizio del­la loro missiva la propria totale condivisione di una precedente lettera, scritta dal professor Marcello Cini, sempre a proposito dell’inizia­tiva del Rettore di invitare Benedetto XVI.

Quel­la firmata da Cini, oltre che una protesta nei confronti del proprio Rettore, era una pesan­te, e superficialmente argomentata - ancorché legittima, s’intende - presa di posizione nei confronti dell’attuale pontificato, un atto di ac­cusa espresso con toni e parole che hanno ben poco a che fare con il dialogo tanto invocato da Maiani nella sua intervista.

Difficile cioè ravvisare una qualche volontà di rispettoso dialogo in chi condivide l’opinione che il pon­tefice «non potendo più utilizzare roghi e pe­ne corporali» ha imparato ad usare il cavallo di Troia per «mettere in riga» il mondo acca­demico, e che l’invito al Papa sia un’iniziativa «lesiva dell’immagine della Sapienza nel mon­do », tanto per citare due delle numerose per­le della lettera del professor Cini.

Perché non sconfessare allora l’approccio del professor Ci­ni? Se poi è vero che - assodato che il Papa non avrebbe tenuto una lectio magistralis, ma sa­rebbe semplicemente intervenuto con un di­scorso - la protesta dei docenti era rientrata, perché non sono state rilasciate dichiarazioni pubbliche in proposito? Subito, appena i me­dia hanno reso pubblica la lettera dei 67?

Al contrario, abbiamo tutti continuato a sen­tire e leggere le stesse argomentazioni, senza alcuna presa di distanza da parte di chicches­sia. Non si può parlare di strumentalizzazione da parte della stampa, allora. Semmai di con­ferme. Sarebbe bastato che gli stessi firmatari avessero dichiarato: «Questa lettera è acqua passata, è tutto rientrato, aspettiamo Bene­detto XVI e saremo lieti di ascoltare quanto a­vrà da dirci», e tutto si sarebbe risolto diversa­mente. Ma a leggere le dichiarazioni rilasciate nei giorni successivi, riesce veramente diffici­le pensare che questo fosse realmente l’inten­dimento dei 67 docenti.

Nessuna strumenta­lizzazione, quindi, piuttosto ripensamenti par­ziali e tardivi, maliziosamente accostati da qualche commentatore alla fresca nomina, da ratificare, del professor Maiani a presidente del Cnr. Ma forse anche stavolta Parigi val be­ne una Messa.

© Copyright Avvenire, 22 gennaio 2008


LA LETTERA

«Non sono io quel Boffi citato dal professor Maiani»

Ringrazio Luciano Maiani per avermi citato nella sua intervista di domenica scorsa, ma il merito degli incontri tra scienziati e teologi alla Pontificia Università Lateranense è dell’amico matematico e omonimo Giandomenico Boffi, al quale mi unisce la comune passione per un dialogo scienza-fede senza gli accecamenti ideologici che ispirano la lettera di Marcello Cini e la maldestra citazione della frase di Feyerabend nella lettera dei 67 colleghi romani. Si poteva, e si può, manifestare la propria contrarieta’ a una lectio magistralis del Papa in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico.
Ma anche la forma del dissenso diventa sostanza quando manca il 'rispetto delle opinioni altrui' che è alla base di un’autentica laicità.

Sigfrido Boffi

© Copyright Avvenire, 22 gennaio 2008

2 commenti:

gemma ha detto...

resto comunque perplessa sul dietrofront del prof Maiani che, mi pare (e non vorrei averlo sentito solo io), interpellato nei giorni caldi disse che valeva la pena correre qualche rischio per la laicità (alludendo evidentemente alla poltrona del Cnr)
Non c'è niente di peggio, a parer mio, di chi firma adesioni senza leggerne bene il contenuto ragionandoci su, soprattutto quando ricopre posti di responsabilità. Meglio la coerenza di Cini e Bernardini che, evidentemente, non hanno nulla da perdere

Utnapishtim ha detto...

sono scandalizzato, il disgusto che provo per simili sconcezze mi lascia quasi senza parole.
Mea Culpa da parte di Maiani?!
Questo articolo è un tripudio di idiozia.
Maiani non deve alcuna scusa a nessuno, ed è anzi avvilente che l'idea sia balenata nella testolina di questa spiacevole giornalista, perchè riflette un fatto altamente probabile: che per ottenere la nomina che gli spetta, Maiani queste scuse le dovrà fare.