23 gennaio 2008
OPERAZIONE FRAGILE E PACCHIANA: DAI SONDAGGI IL VEZZO DI PIEGARE LA CHIESA (Avvenire su Eurispes)
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OPERAZIONE FRAGILE E PACCHIANA
DAI SONDAGGI IL VEZZO DI PIEGARE LA CHIESA
FRANCESCO OGNIBENE
I numeri hanno un potere ipnotico. Pare basti snocciolarli per suonare persuasivi, mutando ragionamenti altrimenti indimostrabili in verità esonerate dal dovere di spiegarsi. Se si sparge una spruzzata di cifre su teoremi autocertificati si può ottenere il risultato di trasformare un’idea in un fatto, astrazioni in realtà tangibili.
È ricorrente, anche in questi giorni, l’enunciazione del teorema secondo il quale la Chiesa starebbe perdendo terreno nella stima degli italiani per effetto della sua saldezza su alcuni punti fermi – come la centralità della famiglia – che invece la gente si sarebbe lasciata alle spalle per aprirsi a scelte diverse, più 'avanti'. Qualche cifra percentuale buttata lì con l’aria di chi sostiene cosa nota dovrebbe mettere a tacere ogni percezione di segno contrario. E se non bastasse, accanto ai numeri si fa scivolare una legenda che all’asserito declino associa subito la spiegazione: tutta colpa di «una linea più rigida rispetto al passato», «invadente», «non in linea con i cambiamenti culturali e le necessità del Paese».
Si tenta in questo modo di dare per acquisito ciò che acquisito non è: lo scollamento progressivo degli italiani dalla loro Chiesa. Un bel gioco di prestigio mediatico e culturale (che oggi documentiamo alle pagine 6 e 7), col quale si vuole appannare la vista alla gente impedendole di scorgere la propria stessa esperienza quotidiana. Che però se ne infischia dei numeri di qualche sondaggista, e parla invece di una vicinanza della Chiesa che non viene mai meno, rendendola ancora cercata e stimata nelle più diverse circostanze della vita proprio perché continua a essere se stessa malgrado venga strattonata da ogni parte per convincerla a rassegnarsi una buona volta al ruolo di pacioso pronto soccorso per la collettività.
Quasi che il favore delle ricerche di mercato fosse il premio garantito per un’inoffensività silenziosa e politicamente corretta.
Gli indicatori sociali più accreditati seguitano invece a certificare esattamente il contrario della ipotizzata crisi di consenso. Cifra contro cifra, molti autorevoli istituti ribadiscono praticamente senza eccezioni che la Chiesa non si schioda da una considerazione sociale sempre ai vertici dell’apprezzamento tra le istituzioni nel Paese, sebbene con qualche limatura che riguarda – in dosi differenti – il giudizio sull’intera scena pubblica. Né per rovesciare questo dato basta ricorrere a piccoli accorgimenti che senza dare nell’occhio – una domanda abilmente vaga, una campionatura non chiara delle persone da intervistare, confronti non omogenei tra categorie diverse... – presi insieme contribuiscono a ottenere il risultato sperato. Ma anche il più ingegnoso mosaico di cifre deve pur fare i conti con il senso comune, l’evidenza dei fatti. La realtà – non quella virtuale – si ostina a voltare le spalle a chi volendola piegare alla dimostrazione delle proprie idee la addobba di numeri vistosamente fuori taglia rispetto allo stato delle cose. È una tentazione ricorrente che si nutre del clima di sfiducia globale purtroppo diffusa oggi in Italia, un deficit di speranza nel futuro del Paese prima ancora che di credibilità dell’una o l’altra istituzione. La circolazione di alcuni numeri e la sordina messa ad altri è la dimostrazione che si lavora a una visione tutta ideologica del Paese, una commedia malscritta nella quale alla Chiesa viene assegnata sistematicamente la parte del cattivo, punito dai sondaggi.
Non è così? Perché allora è stata relegata tra le micronotizie quasi invisibili a occhio nudo la dichiarazione di Renato Mannheimer – non certo un apprendista del settore – secondo la quale dopo i fatti della Sapienza la popolarità del Papa è certamente schizzata oltre il 90% da una quota che tutti i sondaggisti sanno essere già abitualmente la più elevata nel lotto dei personaggi pubblici?
Operazioni mistificatorie sulla Chiesa e il suo rapporto con gli italiani come quelle che capita ancora di dover registrare danno la malinconia di quei tali costretti a gridare per ottenere ascolto. A spararla grossa – pensano – qualcuno ci crederà pure. Gli italiani intelligenti no di certo.
© Copyright Avvenire, 23 gennaio 2008
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2 commenti:
cara amica, ci contavo su questi bei servizi di Avvenire.
Dicono cose di buon senso.
Come va la Chiesa nei sondaggi io credo che a un credente non debba interessare affatto, ma siccome giornali con grande visibilità li pubblicano per suonarci il solfone del "statevene accuorti" è bene lucidare ilsenso critico e non farsi prendere per i pantaloni.
Del resto quando qualcuno vuole attaccare c'è tutto un repertorio già collaudato di cui anche i sondaggi fanno parte. Poi ci sono le interviste ai parroci e ai vescovi critici, poi le inchieste sull'ICI, poi i preti pedofili, ecc.
Fa tutto parte della democrazia e della libertà di critica, ma esiste, per fortuna anche la libertà di ragionare.
Esatto Mariateresa, c`è la libertà di ragionare.....ma come la libertà di coscienza domanda una coscienza rettamente formata, anche la ragione domanda, diciamo una certa formazione,capacità di osservare, ragionare con la propria testa, purtroppo mi sembra che sempre più si ragiona con la testa altrui...per pigrizia intelletuale, mancanza di tempo e di curiosità, si lege un titolone ed eccoci informati, in quanti dopo aver letto il sondaggio Eurispes crederanno al calo della fiducia nella Chiesa? In quanti leggeranno Avvenire?
È da tempo che personalmente non accordo alcun credito ai sondaggi, che sono solo una foto di un momento, come "un arrêt sur image" di un momento, orientati poi in diverse maniere.
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