3 luglio 2008
Dal 1967 lo scambio di visite tra i Papi e i Patriarchi di Costantinopoli: "Un dialogo scandito dalle feste patronali" (Osservatore)
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Dal 1967 lo scambio di visite tra i Papi e i Patriarchi di Costantinopoli
Un dialogo scandito dalle feste patronali
di Eleuterio F. Fortino
La festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, nella seconda parte del secolo scorso, ha assunto una grande dimensione ecumenica. Da una parte questa dimensione viene espressa dalla partecipazione di una delegazione del Patriarcato Ecumenico, che ha come patrono sant'Andrea, fratello di Pietro, dall'altra confermata dalla delegazione cattolica che Roma invia al Fanar per la festa di sant'Andrea.
Questa volta si è aggiunto un elemento particolare: l'indizione di un Anno paolino, tanto da parte della Chiesa di Roma, quanto da parte del Patriarcato Ecumenico, per il bimillenario della nascita di san Paolo, ugualmente celebrato in Oriente e in Occidente. E questo evento ha portato a Roma lo stesso Patriarca Ecumenico Bartolomeo i a presiedere la delegazione ortodossa e, assieme al Papa, l'inaugurazione dell'Anno paolino, dando alle celebrazioni un intento chiaramente ecumenico.
"San Paolo ci ricorda che la piena comunione tra tutti i cristiani trova il suo fondamento in "un solo Signore, in una sola fede, in un solo battesimo" (Efesini 4, 5). La fede comune, l'unico battesimo per la remissione dei peccati e l'obbedienza all'unico Signore e Salvatore, possano pertanto quanto prima esprimersi appieno nella dimensione comunitaria ed ecclesiale: "Un solo corpo ed un solo Spirito... come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati" (Efesini 4, 4)".
Questa riflessione è stata espressa da Benedetto XVI ricevendo il Patriarca Ecumenico Bartolomeo i in udienza il 28 giugno.
"Questa gioiosa celebrazione è un'occasione per le nostre due Chiese sorelle di pregare e celebrare insieme al fine di suggellare il nostro impegno per la riconciliazione e di rafforzare i nostri vincoli di solidarietà", rispondeva il Patriarca Bartolomeo, in serena sintonia di sentimenti.
Lo scambio di delegazioni fra Roma e Costantinopoli per le reciproche feste patronali - a Roma per la festa dei santi Pietro e Paolo, "prototroni" degli Apostoli, come canta l'inno della Chiesa ortodossa, e di sant'Andrea il "protoclito", fratello di Pietro, al Fanar - è diventato un segno di pace, dando origine a una nuova testimonianza di fraternità ecclesiale, ma anche l'occasione di segnalare di volta in volta le esigenze e gli sviluppi ecumenici.
Questa prassi, unica nel mondo cristiano così strutturata e regolare, ha trovato il suo inizio nella celebrazione del xix centenario del martirio dei santi Pietro e Paolo (29 giugno 1967), dichiarato dalla Chiesa di Roma come "Anno della fede". In quella occasione, la Santa Sede aveva preso l'iniziativa di invitare il Patriarcato Ecumenico a inviare una delegazione per la celebrazione romana. Il venerato Patriarca Athenagoras accoglieva l'invito. Con lettera a Paolo vi (25 maggio 1967) egli annunciava "la nostra partecipazione a questa celebrazione, in unione con la nostra Santa Chiesa che venera in modo del tutto particolare ed onora le lotte ed il martirio di questi due grandi eroi della fede. Invieremo una delegazione patriarcale alle solennità che avranno luogo" (Tomos Agapis, 155). E venne a Roma una delegazione composta da due metropoliti, Chrysostomos di Austria e Chrysostomos di Mira, dall'archimandrita Gennadios Zervos, oggi metropolita d'Italia e membro del seguito che ha accompagnato il Patriarca Bartolomeo, e dal diacono Kallinikos.
In un telegramma di ringraziamento Paolo vi esprimeva questo auspicio: "Che il bacio di pace scambiato durante la liturgia sia segno premonitore della celebrazione che verrà un giorno come frutto della piena unità che noi ardentemente desideriamo vedere ristabilita nella piena fedeltà alla volontà del Signore" (Tomos Agapis, 170).
Questo orientamento ispirò, nei mesi seguenti, lo storico scambio di visite fra il Papa Paolo vi, al Patriarcato Ecumenico (25 luglio 1967), e il Patriarca Athenagoras, a Roma (26 ottobre 1967).
Dopo la morte del cardinale Bea (1968), veniva elevato al cardinalato e nominato presidente del Segretariato per l'Unione dei Cristiani, Johannes Willebrands (aprile 1969). Questi prendeva l'iniziativa di far visita al Patriarcato Ecumenico per un primo contatto nella sua nuova funzione. Si considerò la festa (30 novembre) di sant'Andrea, fratello di san Pietro e protettore di Costantinopoli, come l'occasione propizia.
Il Segretariato per l'Unione dei Cristiani informava il Patriarca che il cardinale Willebrands sarebbe stato accompagnato dal segretario, il domenicano Jerôme Hamer, dal sottosegretario padre Pierre Duprey e dall'autore di questa nota, in quel tempo officiale della sezione orientale dello stesso Segretariato.
Lo scopo di quella visita, oltre alla partecipazione alla celebrazione ortodossa della festa di sant'Andrea, come scriveva il cardinale Willebrands al Patriarca Athenagoras, era quello di "fare il punto delle relazioni tra le nostre Chiese e di dare al nostro comune sforzo un nuovo impulso" (Tomos Agapis, 268).
Si delineava la prassi del regolare scambio annuale di delegazioni per la partecipazione reciproca alle feste patronali. Una delegazione cattolica, ora, si reca al Patriarcato Ecumenico per la festa di sant'Andrea e una ortodossa a Roma per la festa dei santi Pietro e Paolo. Tale prassi si è consolidata diventando una "nuova tradizione", come più volte è stata definita.
Questo scambio di visite (a giugno e a novembre) è andato progressivamente crescendo di interesse e di utilità per la concertazione delle iniziative fra Roma e Costantinopoli.
In queste date hanno avuto luogo anche visite degli stessi capi delle due Chiese. Papa Giovanni Paolo II ha fatto il suo primo viaggio ecumenico al Patriarcato Ecumenico proprio per la festa di sant'Andrea (1979), annunciando assieme al Patriarca Dimitrios i la composizione della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.
Bartolomeo I è venuto a Roma, come Patriarca, per la prima volta in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo nel 1995. Nel discorso pronunciato nella Basilica Vaticana il Patriarca Bartolomeo affermava: "La festa dei Santi Apostoli ha condotto la nostra umile persona e coloro che ci accompagnano in questa città dei grandi martiri della Chiesa, dei grandi trionfi dell'amore verso Dio... La nostra Chiesa della Nuova Roma festeggia qui con voi la festa patronale dell'antica Roma, il 29 giugno, la festa dell'apostolo san Pietro, il protocorifeo, fratello di Andrea, e quella di san Paolo, l'Apostolo delle nazioni" (Information Service, 1995, p. 115).
La dimensione ecumenica venne sottolineata da Papa Giovanni Paolo ii nel discorso rivolto a Bartolomeo i durante l'udienza concessagli assieme al suo seguito. Il Papa diceva: "Nella vostra persona, Santità, e in coloro che vi accompagnano, intendo salutare il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico e tutti gli ortodossi del mondo. Ai miei occhi, la vostra presenza manifesta il ricchissimo patrimonio culturale e la varietà dei doni delle Chiese ortodosse. Oggi e dopo i grandi cambiamenti di questi ultimi anni, le Chiese ortodosse dedicano tutti i loro sforzi a riorganizzare la loro vita pastorale e la loro azione evangelizzatrice. Esse possono essere sicure della nostra simpatia e della nostra disponibilità per una collaborazione al servizio dell'annuncio dell'unico Evangelo" (ibidem, 114).
Giovanni Paolo ii rilevò anche il sentimento di gioia fraterna che emanava dall'evento. Al Patriarca Bartolomeo e al suo seguito disse: "La vostra visita rende più ricca di gioia la solennità dei santi Pietro e Paolo, festa patronale della Chiesa di Cristo che è a Roma" (ibidem).
La presenza regolare a Roma di una delegazione ortodossa per la festa dei santi Pietro e Paolo e di una delegazione cattolica al Fanar per la festa di sant'Andrea sottolineano dunque la volontà di incontro fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.
In seguito, il Patriarca Bartolomeo ha guidato nuovamente la delegazione ortodossa per la festa del 2004 e quest'anno per la solenne apertura dell'Anno paolino che pure il Patriarcato Ecumenico celebrerà con un simposio, un pellegrinaggio ai maggiori luoghi toccati da san Paolo nei suoi viaggi e una sinassi interortodossa.
Da parte sua lo stesso Papa Benedetto XVI si è recato in visita al Patriarcato Ecumenico nel 2006, scegliendo come data la festa di sant'Andrea (30 novembre), conclusa con un'impegnativa dichiarazione comune.
I discorsi e i gesti che si compiono in queste occasioni manifestano la fede comune esistente fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il riferimento all'apostolicità e alla successione apostolica, l'impegno condiviso per superare gli ostacoli che impediscono la piena unità e quindi la concelebrazione dell'Eucaristia, unico sacrificio salvifico del Signore.
Scorrendo la cronaca di questi incontri si constata come le conversazioni abbiano seguito in modo regolare e attento le relazioni generali fra cattolici e ortodossi, in particolare la preparazione del dialogo (1975-1978), l'apertura del dialogo teologico ufficiale (1979), il suo svolgimento con i suoi risultati e le avversità affrontate per le quali in tali incontri si è cercato di porre rimedio, coordinando azioni congiunte. Il cammino verso l'unità, tra accelerazioni e ritardi, tra nuove difficoltà e tentativi di superamento, continua il suo corso sulla scia dei santi fratelli apostoli Pietro e Andrea, che hanno coronato la loro vita con il martirio, assecondati dal magistero di san Paolo che nelle sue lettere ha profondamente esposto l'esigenza e la consistenza dell'unità della Chiesa.
Proprio la solenne apertura dell'Anno paolino ha fornito al Papa l'occasione di invitare il Patriarca Ecumenico Bartolomeo i a venire a Roma per la festa dei santi Pietro e Paolo.
Nella Basilica di San Paolo fuori le mura, Benedetto XVI ha presieduto i Vespri con la partecipazione del Patriarca Bartolomeo i e di delegazioni di altre Chiese particolarmente legate ai viaggi di san Paolo.
Il Papa, il Patriarca e il rappresentante dell'Arcivescovo anglicano di Canterbury hanno acceso una lampada che arderà per l'intero anno, simbolo della luce che san Paolo fa splendere sulla comunità cristiana e che illumina la via verso la piena unità.
La celebrazione eucaristica, presieduta dal Papa con la partecipazione del Patriarca Bartolomeo i, che ha avuto luogo nella Basilica di San Pietro (29 giugno), si caratterizzava come caparra e impegno per il giorno in cui cattolici e ortodossi celebreranno insieme l'Eucaristia. Ed è questa la punta più avanzata della comunione esistente fra cattolici e ortodossi, come pure, contemporaneamente, la manifestazione della tragicità della divisione. La prima parte della celebrazione, la liturgia della parola, veniva fatta assieme dal Papa e dal Patriarca, mentre per la liturgia eucaristica, evidentemente, non è stato possibile fare altrettanto. All'inizio della prece eucaristica il Patriarca è sceso e si è allontanato dall'altare. Un velo di mestizia è calato sugli animi dei presenti.
La proclamazione del Vangelo è stata fatta dal diacono cattolico latino e da quello ortodosso in lingua greca, come da antico tempo si usa nelle cappelle papali a Roma. Al termine il diacono latino ha ricevuto la benedizione dal Patriarca mentre il diacono ortodosso dal Papa. Quindi il Papa e il Patriarca hanno benedetto l'assemblea, il Papa con l'evangeliario ortodosso e il Patriarca con quello cattolico. È seguita l'omelia del Patriarca, introdotta dalla presentazione del Papa, e quindi quella dello stesso Benedetto XVI.
Elemento fortemente significativo è stata la professione di fede. Il Papa e il Patriarca hanno recitato insieme il Simbolo Niceno Costantinopolitano nella lingua originale greca, secondo l'uso liturgico delle Chiese bizantine e nella pronuncia bizantina. Cattolici e ortodossi abbiamo lo stesso simbolo di fede.
Al momento dello scambio del segno della pace il Patriarca è salito di nuovo sull'altare e con Benedetto XVI ha scambiato il bacio di pace.
Nel ringraziamento al Patriarca Athenagoras per l'invio della delegazione alla celebrazione del xix anniversario del martirio dei santi Pietro e Paolo (1967), Papa Paolo vi aveva auspicato che "il segno di pace scambiato durante la liturgia" fosse "segno premonitore" dell'attesa celebrazione pienamente comune dell'Eucaristia.
A conclusione della Divina Liturgia, prima il Papa e poi il Patriarca hanno benedetto l'assemblea, avviandosi all'uscita in processione, un cammino comune in mezzo al popolo cristiano e verso l'umanità intera per annunciare l'Evangelo di salvezza.
Riferendosi all'esigenza di unità per la testimonianza cristiana e al dialogo per appianare le differenze, il Patriarca nell'omelia ha segnalato il positivo cammino delle relazioni fra le Chiese. Egli ha detto: "Il dialogo teologico fra le nostre Chiese "in fede, verità e amore", grazie all'aiuto divino, va avanti, al di là delle notevoli difficoltà che sussistono".
(©L'Osservatore Romano - 3 luglio 2008)
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