16 luglio 2008
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LE SORPRESE D’AUSTRALIA
UNA GIORNATA MAI COSÌ COSMOPOLITA
FRANCESCO OGNIBENE
Forse mai come ieri sera a Sydney ci si è resi conto di quanto possa essere ' mondiale' una Giornata della gioventù. Chi ha mai visto affacciarsi tra le bandiere che sventolano a festa in ogni Gmg il vessillo di ignote isole del Pacifico, agitate da nativi in costumi sinora trovati forse solo sui libri di geografia? Li ha chiamati qui lo stesso impulso che ha spinto diecimila dei nostri ragazzi a varcare un paio di oceani, e per una volta l’azzurro dei loro cappelli è una piccola macchia nella tavolozza dell’umanità giovane: felici di essere – tanti ma pochi, in proporzione – tra la moltitudine di genti nuove per storia, fede e frequentazione del mondo globale, spuntata sul far del giorno nelle strade finalmente assolate di Sydney.
Una giornata di scoperte per tutti, quella che ieri ha aperto la Giornata mondiale in terra australiana, di sguardi dilatati dalla sorpresa di trovarsi in capo al mondo tutti infinitamente diversi in una varietà giovanile probabilmente mai vista. Una prima assoluta. E a sera fatta quelli che c’erano hanno realizzato quale fortuna gli sia capitata. Perché c’era senza dubbio un soffio potente di Spirito quando al tramonto il cardinale Pell ha salutato tutti i popoli della terra, antichi e giovani, maori e milanesi, pugliesi e polinesiani, veneti e samoani, che si sono dati un imprevedibile appuntamento di civiltà tra loro remote allo scoccare di un’ora segnata per tutti sul Vangelo. George Pell ha socchiuso gli occhi mentre la Croce delle Giornate mondiali veniva accolta dai ' padroni di casa' aborigeni con danze che davanti all’altare della Messa nulla avevano di folclore e parlavano invece la lingua ancestrale dell’umanità innocente. E come tanti tra i 150 mila davanti a lui, forse il cardinale in quel momento ha pensato che davvero l’Australia è un grande Paese: solo qui, isola- continente, nuovissima casa del mondo, era possibile che si componesse l’incredibile affresco del molo di Barangaroo. Lo stesso che il Papa, sbarcando domani dal mare, troverà davanti a sé.
È con questo cuore allora che Pell ha accolto i giovani italiani nel benvenuto iniziale, scoccando parole in sincronia con i pensieri sino a quel momento incompiuti dei giovani. Che bello, ascoltarle a Sydney: « L’Italia è dimora dei Papi. Voi siete membra di una Chiesa antica fondata sugli apostoli Pietro e Paolo. In Australia invece la Chiesa è molto giovane... Ma vi troverete in mezzo a noi come tra amici » . A volte per capire qual è il nostro vero volto, dissolvendo la nebbia di tante vane precomprensioni, occorre lasciarsi descrivere da un occhio esterno, osservarsi in uno specchio limpido. Se vogliamo sentirci dire chi siamo – terra di primissima semina evangelica, Chiesa di apostoli, casa dei Papi... – può essere necessario spingersi fino all’ultimo limite del mondo, mescolarsi a micronesiani e papuasici, e sentirsene ricambiati con uno sguardo ammirato, quasi riverente, come se portassimo nei nostri tratti una memoria percepibile di Pietro: « Tu vieni da Roma! » . I ragazzi italiani iniziano a capire che nel mondo c’è chi li vede così, e chissà che cosa scatterà adesso in loro durante questi giorni australi. Certo quanti li salutano come antenati nella fede non gli consentiranno più di pensarsi senza memoria né radici. Gli aborigeni fanno lezione: custodi millenari dell’Australia, cristiani molti di loro da pochi decenni, dicono con orgoglio che solo nella Chiesa si sono sentiti considerati da pari a pari. E danzano la gioia di essere accolti con rispetto dalla gioventù del mondo, europei e americani, asiatici e africani. E anche da quei diecimila ragazzi che hanno portato sin qui la voce degli apostoli.
© Copyright Avvenire, 16 luglio 2008
(nella foto l'apertura del Daily Telegraph)
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