24 settembre 2008

Prof Marino: "Imporre l'alimentazione? Non mettiamo troppi paletti". Prof Scaraffia: "Ribadito il no all'abbandono del malato" (Corriere)


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Lo scienziato «La legge tuteli la libera scelta del cittadino»

Marino: imporre l'alimentazione? Non mettiamo troppi paletti

Paola Di Caro

ROMA — Un «incoraggiamento » a riempire «un vuoto normativo che si trascina da troppo tempo », e tanto più importante perché arriva dopo parole di chiusura da parte di ambienti ecclesiastici e politici ad una legge sul testamento biologico.
È positiva la reazione di Ignazio Marino — chirurgo di gran fama, senatore del Pd ed estensore di un progetto di legge sul testamento biologico sottoscritto da 101 parlamentari — alle parole del cardinal Bagnasco sulla necessità di una legge sul «fine vita», anche se con regole «certe» e limiti «etici». Con una postilla però, che tocca il cuore del problema: «Al Parlamento spetta scrivere una legge, il più possibile condivisa, che conservi il dettato costituzionale previsto dall'articolo 32, e cioè la libera scelta del cittadino su quali cure accettare e quali eventualmente rifiutare ».

Ma perché è così importante arrivare a un testo di legge sul testamento biologico?

«Perché su questo tema noi siamo fermi all'altissimo dibattito dei padri costituenti sul senso e sulla difesa della dignità della vita, che portò all'affermazione appunto della libertà del singolo di decidere se accettare o meno una cura. Ma tutto ciò fu scritto 5 anni prima dell'invenzione del respiratore automatico, quando cioè non si poteva nemmeno immaginare che la scienza avrebbe introdotto strumenti di sostegno vitale anche in casi in cui non si ha alcuna speranza di recuperare la facoltà cognitiva».

Insomma, chi è ancora in condizione di decidere di sé oggi può farlo, ma non chi è in coma irreversibile.

«Esattamente, non stiamo parlando di una legge per "staccare la spina", ma tale da riempire il divario di fatto tra la Costituzione e l'assenza di regole. Regole che i medici per primi chiedono».

Il presidente della Cei però pone precisi paletti: devono esserci dichiarazioni «inequivocabili», non si devono interrompere alimentazione e idratazione al malato.

«Io credo che porre dei limiti o dei criteri tecnici vincolanti e specifici in una legge di questo genere sia impossibile, e infatti questi non esistono in nessuno dei Paesi dove c'è il testamento biologico, dagli Usa al Canada all'Australia. Il mio testo istituisce invece la figura del fiduciario, indicato per iscritto, che, per lo speciale rapporto di amore, confidenza, fiducia con chi non può più esprimere la sua volontà, aiuta il dialogo tra famiglia e medico e facilita la decisione finale».

Ma il limite del no all'interruzione all'alimentazione e all'idratazione, che la Cei teme porti ad un'«eutanasia mascherata» e che ha scatenato tante polemiche sul caso Englaro, non è in qualche modo codificabile in una legge?

«Vede, ci sono situazioni in cui portare il cibo alla bocca di un anziano è atto compassionevole e gratificante anche per il medico che lo fa. Altre in cui, faccio un esempio, il malato di cancro all'esofago rifiuta di farsi nutrire con un sondino inserito chirurgicamente nello stomaco. Oggi, grazie all'articolo 32 della Costituzione, quel malato può farlo, perché ha la facoltà di esprimersi. Ma se va in coma, chi decide? E può un diritto previsto dalla Costituzione essere negato a chi non può parlare ma magari ha espresso in precedenza la sua volontà?»

Insomma, l'intervento di Bagnasco faciliterà l'iter della legge?

«Il compito di un vescovo è di parlare alle coscienze, però è evidente che ci sono molti politici credenti che terranno conto delle sue riflessioni. Il mio auspicio è che non si arrivi a uno scontro tra Guelfi e Ghibellini, ma a riempire un vuoto legislativo. E che lo si faccia nel rispetto della Costituzione ».

© Copyright Corriere della sera, 23 settembre 2008

La firma dell'Osservatore Romano

La Scaraffia: il caso Eluana preoccupa Ribadito il no all'abbandono del malato

M.A.C.

All'inizio di settembre, un suo articolo sulla morte cerebrale pubblicato sull'Osservatore Romano aveva scatenato un putiferio.
Eppure la professoressa Lucetta Scaraffia non si sente «sconfessata» dall'intervento del presidente della Cei «che non c'entra nulla con il problema che io ho sollevato che poi era quello dell'espianto degli organi. Le dichiarazioni di Bagnasco — spiega — originano dall'incredibile sentenza della magistratura che permette la sospensione dell'alimentazione di Eluana Englaro sulla base di testimonianze vaghe, di frasi dette in circostanze remote». Secondo la Scaraffia quella sentenza «crea un precedente molto pericoloso per tutti noi e solleva un grave problema giuridico». Anche se Bagnasco ieri ha parlato di «dichiarazioni rese dai pazienti che devono avere valore legale inequivocabile», questo non vuol dire, secondo Scaraffia, che «abbia parlato di testamento biologico», ma più semplicemente «di legge sulla fine della vita». Si tratta di «una distinzione importante», anche perché dal presidente dei vescovi «viene ribadito che idratazione e alimentazione, quali quelle somministrate a Eluana, sono cure basiche, e non accanimento terapeutico». Non si tratta solo di due nomi diversi?
Conclude Scaraffia: «No, con la legge di fine vita si dice no all'accanimento ma anche all'abbandono terapeutico che apre la strada all'eutanasia».

© Copyright Corriere della sera, 23 settembre 2008

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