5 novembre 2007

Immigrazione, l'appello del Papa all'accoglienza ed alla sicurezza: i commenti del Corriere e di Repubblica


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Immigrati, appello del Papa «Accoglienza e sicurezza»

Intervento di Benedetto XVI dopo il delitto di Roma e la spedizione punitiva «Garantire i diritti e i doveri che sono alla base della convivenza tra popoli»

Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO — «Sicurezza e accoglienza »: il Papa parla del fattaccio di Tor di Quinto senza nominarlo e senza citare la reazione violenta della squadraccia che ha massacrato un gruppo di romeni. Parla della «civiltà morale» che deve ispirare il rapporto tra i migranti e chi li accoglie e ricorda i doveri delle autorità pronunciando appaiate le due parole che dividono la nostra politica tra chi invoca sicurezza e chi insiste sull'accoglienza.
Ecco le parole dette da Benedetto XVI dopo l'«angelus », dalla finestra dello studio che dà su piazza San Pietro gremita di gente sotto il sole del mezzogiorno: «Auspico che le relazioni tra popolazioni migranti e popolazioni locali avvengano nello spirito di quell'alta civiltà morale che è frutto dei valori spirituali e culturali di ogni popolo e Paese. Chi è preposto alla sicurezza e all'accoglienza sappia far uso dei mezzi atti a garantire i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza e incontro tra i popoli ».
Il richiamo ai «valori di ogni popolo e Paese» vuol essere una formula ampia che non contrapponga Italia e Romania e che faccia spazio anche alla cultura dei rom. Il dovere dell'accoglienza nella compatibilità con gli interessi vitali delle popolazioni che «accolgono» è la parola d'ordine, da anni, dei documenti vaticani in materia di migrazioni. Quei documenti inoltre trattano sempre in parallelo dei «diritti e doveri» di «migranti e itineranti » (con quest'ultimo termine il magistero papale usa riferirsi agli zingari).
Parole simili aveva detto l'altro ieri il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone che — con esplicito riferimento al delitto di Tor di Quinto — aveva invitato, nell'affrontare la questione degli immigrati, a «valorizzare la nostra antica tradizione di accoglienza» e, nello stesso tempo, a «essere fermi con coloro che si rendono protagonisti di reati, non accettano i criteri di cittadinanza tipici di un Paese democratico e non accettano le regole fondamentali della convivenza». Bertone aveva infine esortato a distinguere «tra il buon grano e la zizzania » e a «non fare di ogni erba un fascio».
Di «solidarietà» e «sicurezza » parlava ieri il quotidiano dei vescovi Avvenire: «Unire solidarietà e sicurezza può sembrare difficile ma è l'impresa per la quale dobbiamo tutti impegnarci. Per realizzarla sarebbe auspicabile, e possibile, un accordo tra le principali forze politiche perché da essa dipende il futuro del nostro Paese, quello che consegneremo alle nuove generazioni».
In un altro articolo il quotidiano cattolico deplorava la tentazione della reazione violenta e invitava a «non lasciare spazio alla vendetta». «La squadraccia che a Tor Bella Monaca — sosteneva — ha massacrato un gruppo di romeni colpevoli solo di essere tali è il segno più vistoso, e terribile, di quei meccanismi oscuri che scattano in un territorio, quando la convivenza civile non sembra più del tutto garantita ».
Roberto Calderoli, della Lega Nord, non è d'accordo con l'appello di Benedetto XVI: «Il Papa chiede accoglienza e sicurezza per gli immigrati, la Lega invece ha sempre detto "aiutiamoli a casa loro" perché soltanto così eviteremo invasioni nel nostro Paese ». Forza Italia per bocca di Francesco Giro «si riconosce pienamente nell'appello del Papa a coniugare legalità e solidarietà » e afferma che questo impegno nell'immediato comporta «l'eliminazione dalle sponde del Tevere della vergogna delle favelas e delle bidonville, dove la dignità dell'uomo, sia esso anziano, donna, bambino, giovane o adulto, è calpestata ».

© Copyright Corriere della sera, 5 novembre 2007



Il Papa: diritti e doveri alla base della convivenza tra i popoli

Ratzinger sugli immigrati "Sicurezza e accoglienza"

Dall´Angelus messaggio alle autorità. "Sollecito a rifuggire la violenza e l´intolleranza"

ALBERTO CUSTODERO

ROMA - Un «appello» affinché siano garantiti «i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza e incontro tra i popoli». E l´«auspicio» che le relazioni tra immigrati e popolazioni avvengano «nello spirito di quell´alta civiltà morale che è frutto dei valori spirituali e culturali di ogni popolo e Paese». Papa Benedetto XVI è intervenuto così, con questo alto richiamo rivolto a «chi è preposto alla sicurezza e all´accoglienza», sulla vera e propria emergenza immigrazione innescata dalla tragedia di Tor di Quinto.
Il Pontefice non ha citato in modo esplicito l´assassinio di Giovanna Reggiani, né le ronde contro gli immigrati, i decreti sulle espulsioni o le polemiche tra Italia e Romania. Ma ha voluto fare riferimento alla situazione generale degli immigrati nei vari Paesi dopo aver espresso «preoccupazione» per «le notizie di questi ultimi giorni relative agli avvenimenti nella regione di confine tra la Turchia e l´Iraq». E dopo aver «auspicato una soluzione pacifica per le popolazioni civili coinvolte, compresi molti cristiani che là hanno trovato rifugio dalla violenza che insanguina l´Iraq.
Dalle tensioni fra Turchia e Iraq, papa Ratzinger è poi passato ad alludere alle polemiche sulla sicurezza che infuriano in Italia, «sollecitando a rifuggire la violenza e l´intolleranza». Benedetto XVI ha voluto porre l´accento sul dovere di accogliere chi ha bisogno e di tutelare la sicurezza dei cittadini.

Ma, allo stesso tempo, ha ricordato che gli immigrati hanno davanti a loro sia diritti che doveri. Ed è su questi due principi - ha detto - «che deve essere fondata la convivenza con i residenti».

Con queste parole il pontefice ha ribadito la posizione della Santa Sede, che già l´altro ieri era stata esplicitata dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Bertone aveva invitato, nell´affrontare la questione degli immigrati, a «valorizzare la nostra antica tradizione di accoglienza» e, nello stesso tempo, a «essere fermi con coloro che si rendono protagonisti di reati e che non accettano né i criteri di cittadinanza tipici di un paese democratico, né le regole fondamentali della convivenza». A questo proposito il segretario di Stato vaticano aveva esortato a distinguere «tra il buon grano e la zizzania, e a non fare di ogni erba un fascio».

© Copyright Repubblica, 5 novembre 2007

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