3 novembre 2007
Visita del Re dell'Arabia Saudita al Papa: il commento di "Italia Oggi"
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di Andrea Bevilacqua
Il cardinale Jean-Louis Tauran, neo presidente del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, sta lavorando alla risposta alla lettera aperta scritta per la fine del Ramadan da 138 esponenti religiosi musulmani ai leader cristiani tra i quali Benedetto XVI.
La lettera, infatti, nella quale i religiosi islamici proponevano come terreno d'intesa con i cristiani i due «più grandi comandamenti» dell'amore di Dio e del prossimo predicati nel Corano e nei Vangeli, è stata giudicata positivamente oltre il Tevere.
Lo stesso Tauran a Radio Vaticana, ha detto che vuole rispondere perché «è un segnale positivo che è stato lanciato verso i cristiani». «Per esempio Gesù, viene presentato attraverso le citazioni del Nuovo Testamento e non del Corano. C'è, poi, la volontà di collaborare alla pace, attraverso la religione. Il patrimonio positivo contenuto in questo messaggio va raccolto».
La strada di Ratzinger per costruire ponti di pace e dialogo con il mondo musulmano passa necessariamente dal lavoro del cardinale Tauran. Arrivato alla guida del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso dopo un periodo di sede vacante, Tauran è un diplomatico navigato, essendo stato per 13 anni ministro degli Esteri vaticano e dal 2003 archivista e bibliotecario. Si deve al suo lavoro, ma soprattutto a quello della segreteria di Stato, l'arrivo il prossimo martedì in Vaticano del re dell'Arabia Saudita, Abdullah II.
Una visita, la prima nella storia, che segna l'attenzione particolare di Benedetto XVI alle relazioni con il mondo musulmano. Il pontefice ha più volte insistito sulla necessità che soprattutto i paesi islamici adoperino un regime di tolleranza verso le minoranze religiose nei rispettivi Paesi. Tolleranza che, ne sono coscienti oltre il Tevere, non è di casa in Arabia Saudita.
Eppure la visita di Abdullah II potrebbe giovare in questo senso anche perché non sfugge al Vaticano che è innanzitutto alla stessa Arabia che serve oggi un nuovo accreditamento nella diplomazia internazionale. Accreditamento che la stessa élite del paese giudica necessario anche a causa dell'ascesa sulla scena internazionale dell'Iran di Amadinejad contro la quale gli Usa stanno spingendo l'Arabia a prendere iniziative concrete. A parte la visita di due mesi fa del principe Saud Al Faisal a Benedetto XVI, i rapporti del Vaticano con l'Arabia Saudita erano fermi a tre visite che lo stesso Saud Al Faisal fece a Giovanni Paolo II. Ma da martedì prossimo nuovi scenari potrebbero crearsi, soprattutto per la minoranza cristiana d'Arabia e per i suoi 801 mila battezzati cattolici. Del resto, il tema della libertà religiosa e di culto sta molto a cuore al Papa e a tutta la diplomazia vaticana. Non è un caso, infatti, che proprio quattro giorni fa sia stato l'arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, a prendere la parola alla Plenaria della 62esima assemblea generale sull'item 49, per dire che «le limitazioni alla libertà religiosa sono un sintomo della mancanza di pace».
© Copyright Italia Oggi, 3 novembre 2007
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