18 novembre 2007

Oggi a Novara la beatificazione di Antonio Rosmini: lo speciale di Avvenire


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Corti: «Rosmini, tesoro di tutti L’attualità di un filosofo santo»

S’intitola «Un giacimento prezioso per il futuro» la lettera datata 12 novembre 2007, indirizzata dal ve­scovo di Novara Renato Corti alla comunità diocesa­na in occasione della beatificazione di Antonio Ro­smini. Ecco il testo integrale del messaggio.

Renato Corti

Miei cari, da un mese a questa parte stiamo vivendo momenti intensi e semplici in pre­parazione al rito di beatificazione del ve­nerabile Antonio Rosmini. Favoriti anche da un tem­po luminoso e nell’incanto del Lago Maggiore, ci stiamo recando a Stresa per meditare sulla figura di Rosmini e anche per visitare, in silenzio e raccogli­mento, la tomba di questo grande sacerdote e stu­dioso. Mi sembra che l’aver scelto la formula del pel­legrinaggio abbia reso possibile l’accostamento alla santità di Rosmini da parte di tutti, anche delle per­sone più semplici. E inoltre che, compiendo il tra­gitto a piedi dalla chiesa parrocchiale di Stresa al col­legio Rosmini che sta poco più sopra, ci è dato di ri­flettere sulla vita umana come un pellegrinaggio che ha una direzione e una meta: un dono di Dio, che ci ha creati; un cammino sulle strade di Dio, indicate particolarmente da Gesù; un approdo alla comu­nione piena con Dio e con Gesù Risorto, il quale ha detto: «Vado a prepararvi un posto perché dove so­no io siate anche voi».
Ho ascoltato con commozione, nella chiesa parroc­chiale di Stresa, la lettura dell’atto di morte, che si tro­va nell’archivio della stessa Parrocchia. Rosmini morì il giorno 1° luglio 1855 all’una e mezza di mattina, dopo aver ricevuto i sacramenti e venendo accom­pagnato anche dalla benedizione papale. Mi ha pu­re colpito il fatto che, il 29 giugno di quell’anno, il vescovo di Novara monsignor Giacomo Filippo Genti­le, giunto a Stresa venendo da Gozzano, pregò con Rosmini, gli diede la benedizione e il Santo Viatico dell’Eucaristia.
Salendo dalla Parrocchia fino alla chiesa del Cro­cifisso, dove vi è il Collegio Rosmini, a circa metà del percorso si trova sulla destra un monumento dedicato a Rosmini e a Manzoni, suo grande amico. È molto interessante la scritta incisa nel marmo. In lin­gua latina si dice: « Hic vivunt homines superstites si­bi. Hic interrogantur et, etiam silentes, loquuntur ». Il che vuol dire: qui si ricordano degli uomini che sono sopravvissuti a se stessi e che, se vengono interroga­ti, pur rimanendo in silenzio, rispondono. Mi pare che questa scritta dica una grande verità: e cioè che gli uomini grandi, anche dopo la loro morte, parlano. Se dunque noi li interroghiamo, facendo riferimento alla loro vita e ai loro scritti, da loro ci giunge silen­ziosamente una risposta che certo ci illumina e ci o­rienta. Forse li dovremmo interrogare di più.
Nei nostri pellegrinaggi ci ha sempre accompagna­ti padre Umberto Muratore, Provinciale dei Rosmi­niani. La sua riflessione è sempre stata molto incisi­va. In maniera particolare ci ha aiutati a meditare sul contributo più originale che ci è stato offerto da Rosmini. Lo ha espresso parlando della « carità in­tellettuale»: quella forma di carità che consiste nel­l’aiuto dato all’intelligenza di ognuno perché possa scavare profondamente nelle domande fondamen­tali che riguardano la vita dell’uomo e il suo destino. Quando si ha l’occasione di visitare la biblioteca di Rosmini e l’archivio che raccoglie le sue carte, si ha la netta impressione di trovarsi dinanzi a un uomo S che ha accolto pienamente l’indicazione ricevuta in età giovanile, dal Papa Pio VIII, di dedicarsi total­mente a rileggere i grandi temi del sapere umano, guidato nel profondo dall’ispirazione cristiana. Giu­stamente padre Muratore metteva in evidenza che proprio oggi la figura di Rosmini risulta provviden­ziale perché, specialmente in Occidente, è presente molto disorientamento e, mentre si possiedono mol­te conoscenze di vario genere, sembra che non si ab­bia più la capacità di rispondere alle domande cru­ciali sul bene e il male, sulla verità e l’errore, sul de­stino dell’uomo, sul mistero di Dio.
I nostri pellegrinaggi di queste scorse settimane si sono sempre conclusi nella chiesa del Croci­fisso, presso il Collegio Rosmini. Proprio il Cro­cifisso è dominante sulla parete che sta dietro l’al­tare. Con lo sguardo fisso al Signore in croce abbia­mo meditato le parole di Rosmini dedicate alle di­mensioni dell’amore del Signore: la larghezza, la lun­ghezza, l’altezza, la profondità. Tali dimensioni ap­paiono con la massima evidenza proprio sul Calva­rio, dove diventa visibile che Gesù, «avendo amato i suoi, li amò sino alla fine». È singolare che Rosmini abbia creato un Istituto Religioso chiamandolo « Societas a Caritate », e cioè che, mentre tale Istituto vuole essere particolarmente sensibile nell’espri­mere, in varie forme, la carità, intende testimoniare che tale carità è l’amore stesso di Dio per l’uomo. Proprio da tale amore deriva il nostro. Anzi, tale a­more – che ci precede e ci accompagna gratuita­mente e instancabilmente – è talmente grande che noi possiamo imitarlo soltanto in piccola parte e non potremo mai comprenderlo pienamente.
Chi conosce Rosmini, lo pensa – per lo più – co­me filosofo. Ed egli in effetti lo fu. Anche in città di Novara c’è una via dedicata a Rosmi­ni. Sotto il suo nome e cognome sta proprio l’ag­giunta « filosofo ». La beatificazione mette in eviden­za che questo grande intellettuale era un santo. Chi osserva la sua vita da vicino e medita i suoi scritti non fa fatica a percepire che lo è davvero. Egli vive­va l’intimità con Dio. Scriveva per esempio in una let­tera: «La solitudine m’è cara perché immerge in profondi pensieri. Tuttavia non sono già questi mon­ti, e queste valli, e questa pace e questo silenzio che posseggono il mio cuore. I luoghi materiali sono an­gusti per noi, il nostro luogo è Dio!». Aggiungeva: «Questo è il gran segreto: avere Dio sempre presen­te. Vivere l’unione con Cristo in maniera abituale, continua, cuore a cuore, affetto ad affetto».
Dopo 150 anni dalla sua morte, si potrebbe dire che Rosmini è come un «giacimento» prezioso. Lo è cer­tamente per la Chiesa e lo è anche per l’intera società. Forse è venuto il tempo di scoprire, più di quanto non sia avvenuto sin qui, tale ricchezza. Ne guadagnere­mo tutti. Buona festa della beatificazione di Rosmini!

© Copyright Avvenire, 17 novembre 2007


Novara pellegrina sulla sua tomba

Pellegrinaggi popolari a Stresa con il vescovo e padre Muratore per conoscere meglio il Roveretano

DA STRESA PAOLO VIANA

Nelle mani una raccolta di 365 pensieri, l’attenzione che si appunta sulle paro­le del vescovo di Novara, mentre i passi salgono sul colle Rosmini, e infine la preghiera e la visita alla tomba del Servo di Dio, guidata dal provinciale dei Rosminiani. È sem­plice e diretto il percorso che, in questi mesi, ha condotto migliaia di novaresi alla scoperta della figura spirituale del servo di Dio Antonio Rosmini. «È stata un’intuizione ge­niale, il pellegrinaggio voluto da monsignor Corti – spiega il provi­cario generale della diocesi di No­vara, don Gianni Colombo – per­ché questo personaggio è meno conosciuto di quel che merita, per quanto i Rosminiani costituiscano una presenza importante, e da tempo, nella nostra diocesi».
Per preparare clero e fedeli alla bea­tificazione, che sarà preceduta, sta­sera, da una veglia nei centri della diocesi legati ai Rosminiani, il ve­scovo Renato Corti ha guidato per­sonalmente i pellegrini novaresi sulla tomba del filosofo a Stresa: vi­cariato per vicariato, fedeli e reli­giosi hanno seguito la meditazione con il presule – il quale ha presen­tato in quest’occasione la sua let- tera pastorale «Rivestitevi di Cristo» – nella parrocchiale della località verbanese, quindi sono saliti in processione verso il colle Rosmini e si sono raccolti in preghiera nel­la chiesa del Santissimo Crocifisso, concludendo il pellegrinaggio sul­la tomba del Servo di Dio, guidati da padre Umberto Muratore, pro­vinciale dei Rosminiani in Italia.
L’esperienza ha lasciato il segno. «Antonio Rosmini è una figura em­blematica per il vicariato del Ver­bano – spiega il vicario don Rober­to Salsa – perché in questo territo­rio il servo di Dio ha concluso la sua vita e perché intere generazioni di abitanti del vicariato di Verbania sono state formate nelle scuole ge­stite dai padri e dalle suore Rosmi­niane. Per Rosmini e per l’Istituto della Carità gli abitanti del Verbano hanno una profonda riconoscen­za ». L’appuntamento si è rivelato di particolare intensità anche per il vicariato di Novara: «Nell’anno che la diocesi dedica alla forma­zione degli adulti, la figura di An­tonio Rosmini è un aiuto per ap­profondire la riflessione su 'Come essere testimoni di Gesù speranza del mondo” e un esempio per im­parare a vivere la propria fede alla luce della ragione» spiega il vicario don Fausto Cossalter. L’ultimo pel­legrinaggio si terrà il primo dicem­bre per il vicariato dell’Aronese.
«A ciascun partecipante – ag­giunge don Colombo – viene con­segnato un calendario spirituale che contiene un pensiero di Ro­smini per ogni giorno dell’anno, nella nuova edizione curata da Giorgio Versini. È un dono che piace e che avvicina al servo di Dio, le cui opere sarebbero altri­menti di faticosa lettura, per com­plessità e linguaggio».
Alla preparazione spirituale si so­vrappongono numerose iniziative culturali, che in questi mesi i no­varesi hanno dedicato al Rovereta­no. Come la pagina «rosminiana» con cui i settimanali diocesani han­no accompagnato questo percor­so, coronato oggi da uno speciale di 16 pagine. Ricco anche il calenda­rio artistico, che culmina stasera con un grande concerto nella Chie­sa del Crocifisso, a Stresa. Dove, lu­nedì mattina, al palazzo dei Con­gressi, il vescovo Corti celebrerà la Messa di ringraziamento.

© Copyright Avvenire, 17 novembre 2007


Una cripta per «adorare, tacere, gaudere»

Da lunedì al Collegio di Stresa una mostra dedicata al progetto di risistemazione e adeguamento liturgico del sepolcro di Rosmini

DI DOMENICO MONTALTO

Fra le molte iniziative legate alla beatificazione di Anto­nio Rosmini, particolar­mente significativo è il progetto di adeguamento liturgico e di ri­sistemazione della cripta del filo­sofo nella chiesa «rosminiana» per eccellenza: quella ottocentesca del Santissimo Crocifisso che, an- nessa al Collegio di Stresa, gode di una stupenda panoramica sul Lago Verbano.
L’impresa, in corso d’opera, viene per ora visualizzata «virtualmente» in una suggestiva, scenografica mo­stra che s’aprirà lunedì nella sala consigliare del Collegio. Il progetto per la chiesa in cui riposa il «nuovo beato», documentato in una serie di disegni e bozzetti, è scaturito dalla riflessione collettiva del Comitato culturale Rosmini, del quale fanno parte – con gli altri – il rettore del Col­legio don Franco Costaraoss, l’ar­chitetto Giuseppe Maria Jonghi La­varini, direttore di Chiesa Oggi, non­ché l’architetto Francesco Trisorio e lo scultore Alessandro Nastasio, au­tori rispettivamente della risistema­zione architettonica e della decora­zione liturgica in bronzo.
L’idea di Trisorio, già autore del re­stauro interno di chiese d’epoca a Olgiate e Lomagna, verte intorno al­la visualizzazione del messaggio spi­rituale contenuto nelle parole che Rosmini pronunciò in punto di mor­te: «Adorare, tacere, gaudere». L’a­dorazione, il silenzio e il godimento spirituale sono favoriti anche dal­l’incanto del luogo e del paesaggio: per questo verrà innanzitutto am­pliato lo spazio esterno alla cripta, formando una cavea all’aperto con gradoni di sedute – tipo teatro gre­co – che seguiranno i terrazzamen­ti del terreno, così da conferire un diverso respiro al percorso di acces­so alla tomba. Anche i locali sotto­stanti la cripta, oggi abbandonati o ridotti a magazzini, verranno recu­perati e resi accoglienti per svolgere attività religiose e culturali vicine al­le spoglie del beato: incontri di pre­ghiera, letture, mostre.
Per quanto riguarda l’interno, l’ade­guamento dei poli liturgici del pre­sbiterio prevede mensa, ambone e sede tutti in marmo di Candoglia, ti­pica pietra locale, con inserti in bronzo raffiguranti – nell’ordine – il pellicano, simbolo di Cristo (nella foto), le tre forme di carità rosmi­niana (temporale, intellettuale, spi­rituale), le sei stelle dell’insegna di Rosmini.

© Copyright Avvenire, 17 novembre 2007

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