17 novembre 2007

Israele non rispetta i patti con il Vaticano: il commento di Politi per Repubblica


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MARCO POLITI

CITTA´ DEL VATICANO - Si oscurano i rapporti tra Vaticano e Israele. Il numero uno dei diplomatici vaticani, monsignor Pietro Sambi, denuncia pubblicamente il governo israeliano di malafede per non aver mantenuto gli impegni presi solennemente ben quattordici anni fa: «C´è assenza di volontà politica». E poi un attacco frontale: «Le relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato di Israele erano migliori, quando non c´erano i rapporti diplomatici».

Sambi non è un nunzio qualsiasi. Rappresenta Benedetto XVI presso l´amministrazione Bush ed è stato ambasciatore in Israele. Viene da una scuola in cui le parole si pesano al milligrammo.

La sua ira, condivisa tacitamente in Segreteria di Stato, è dovuta al fatto che dopo la firma dell´Accordo fondamentale tra Santa Sede e Israele nel 1993, c´era l´impegno - firmato - di procedere rapidamente alla definizione dello status giuridico delle istituzioni ecclesiastiche in Terrasanta e delle relative esenzioni fiscali. Firmati dal governo israeliano dell´epoca, i patti non sono mai stati ratificati dalla Knesset né vengono riconosciuti dai tribunali. I lavori di una commissione mista, che doveva portare alla loro realizzazione, si trascinano da anni tra rinvii e improvvise diserzioni da parte israeliana. Una presa in giro.
Così Sambi è andato al cuore della questione: la mancanza di buona fede da parte dei governi israeliani. Ha ricordato che il Vaticano, stabilendo i rapporti diplomatici con Israele, aveva compiuto un «atto di fiducia» e invece non sono state mantenute le «promesse» di regolare le attività concrete della Chiesa cattolica in Terrasanta. Di qui la dura conclusione: «La fiducia non si compra al mercato. Si consolida con il rispetto degli accordi firmati e con la fedeltà alla parola data». Con una chiosa sferzante: «Lo stallo attuale nelle trattative pare misterioso non solo alla Santa Sede, al mondo cristiano e a tanti paesi amici d´Israele, ma anche a molti ebrei, siano essi onorabili cittadini d´Israele o di altri Paesi».
Apparso sul sito della rivista Terrasanta, appartenente ai Francescani di Gerusalemme, cui spetta giuridicamente la «custodia» dei Luoghi Santi, l´attacco del nunzio ha lasciato sbigottito il governo israeliano.
Nella serata di ieri il portavoce vaticano padre Lombardi è parso prendere prudentemente le distanze. «Da parte della Santa Sede - ha commentato - si ribadisce l´auspicio, già espresso in occasione della recente visita del presidente Peres al Santo Padre, per una rapida conclusione degli importanti negoziati ancora in corso e per la soluzione di comune accordo dei problemi esistenti».
Ma nel distanziarsi il Vaticano lancia un avvertimento pungente: «L´intervista con monsignor Sambi - spiega Lombardi - riflette il suo pensiero e la sua esperienza personale vissuta nel corso degli anni del suo servizio presso la Delegazione apostolica di Gerusalemme e come nunzio in Israele».

In altre parole, Sambi dà voce alla documentazione raccolta e poiché dopo il servizio in Israele è stato addirittura promosso alla sede diplomatica mondiale nr.1, se ne ricava l´impressione che attraverso di lui il Vaticano lanci un estremo monito alla leadership israeliana perché la smetta con la tecnica inaccettabile del rinvio.

La dichiarazione di Lombardi non è bastata a Israele. L´ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Ben Hur, ha chiesto ieri con urgenza un chiarimento alla Segreteria di Stato. Perché ogni parola di Sambi brucia. Come la critica per le difficoltà frapposte da Israele all´arrivo di personale ecclesiastico cattolico dall´estero: «La ragione spesso fornita da Israele per giustificare le lungaggini è stata la priorità da dare alla sicurezza. Ma la sicurezza, dice la logica, si accresce aumentando il numero dei Paesi amici e diminuendo quello dei nemici».

© Copyright Repubblica, 17 novembre 2007

2 commenti:

Gianpaolo1951 ha detto...

Purtroppo la politica di Israele è sempre la stessa: dare uno (dopo)in cambio di mille (subito), sempre pronti poi a gridare al razzismo e compagnia bella, se qualcuno osa criticare il suo operato!

Anonimo ha detto...

Mons. Sambi ha ragione. E' inutile la protesta d'Israele. Che comincino ad essere più tolleranti, come lo siamo noi. Mi consta che suore o padri di origine siriana, giordana, libanese: attendo inutilmenta mesi interi per il visto d'ingresso, che puntualmente viene negato perché provenienti da Paesi nemici d'Israele. La politica israeliana è quella di eliminare le chiese cristiane locali. per loro vanno bene i pellegrinaggi perché portano denaro. Ma i cristiani locali, insieme ai loro pastori devono smammare. BRAVO MONS. SAMBI, sempre così!
Gianni