4 gennaio 2008
E' possibile il dialogo fra Cristianesimo e Islam? (Messina per il "Corriere")
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Grazie alla segnalazione di Marco leggiamo:
Religioni L'edizione critica del testo di Manuele II Paleologo citato da Ratzinger a Ratisbona
Islam, il dialogo che non ci fu
Di Branco: confronto sempre aspro fra cristiani e musulmani
di DINO MESSINA
In questa nuova fase di confronto con l'Islam, anche alla luce del prossimo incontro di Papa Ratzinger con 138 intellettuali e teologi musulmani, è lecito chiedersi: quale dialogo ci fu nei secoli precedenti?
Uno degli specialisti più adatti a rispondere è Marco Di Branco, docente di storia bizantina all'università della Basilicata, curatore dell'edizione critica del Dialogo della discordia
uscito dalla Salerno editrice ( e 8, pagine 78).
Il dialogo della discordia non è altro che la settima controversia teologica tra Manuele II Paleologo, coltissimo imperatore dell'Impero romano d'Oriente, nato a Costantinopoli nel 1350 e morto dopo aver regnato per 34 anni il 21 luglio 1425, e «il persiano», in realtà un religioso turco identificabile con Haci Bayram Veli, fondatore di una confraternita sufi. Quel testo è diventato famoso il 12 settembre del 2006, perché citato da Papa Ratzinger nel controverso discorso di Ratisbona. Un discorso teso a favorire il dialogo interreligioso e che invece provocò un incidente diplomatico con le autorità religiose islamiche. Sotto accusa la frase di Manuele II Paleologo: «Dimmi che cosa avrebbe istituito di nuovo Maometto: non troverai che cose malvagie e inumane, come la sua idea di far progredire con la spada la fede che egli predicava».
«Bisogna distinguere — sostiene Di Branco — tra la tolleranza reciproca (vi sono state fasi in cui si è lasciata ampia libertà di culto) e dialogo religioso. Il testo di Manuele II Paleologo che io presento è in tal senso molto interessante perché dimostra l'impossibilità di un vero dialogo teologico tra i rappresentanti di religioni diverse, soprattutto di quelle monoteiste. Il vero scopo non è ascoltare le ragioni dell'avversario ma dimostrarne l'errore, metterne in luce la pochezza, quando si tratta di parlare del vero Dio. Che è uno solo, per i cristiani così come per i musulmani». E allora succede che nei testi cristiani come queste controversie di Manuele II, «il persiano», così definito in virtù della storica contrapposizione fra Persia e Grecia antica, si ritragga alle obiezioni più pesanti, sul più bello si ritiri con i suoi a meditare nella tenda, non venga mai fuori con argomentazioni di un qualche peso.
Secondo Di Branco, dunque, il dialogo religioso tra Islam e Cristianesimo è una chimera, oggi come ieri. Anche perché, spiega nella lunga introduzione alla controversia di Manuele II, non è mai esistita un'età dell'oro del dialogo interreligioso.
Una tesi opposta a quella del teologo gesuita Samir Khalil Samir, il direttore del Centro di documentazione arabo-cristiana molto ascoltato dal Papa. Per Samir le controversie della letteratura medioevale possono costituire un modello per l'oggi: «I nostri predecessori — ha scritto il teologo gesuita — erano molto più vicini al pensiero patristico e nello stesso tempo al pensiero musulmano. E sono convinto che è precisamente questo il grande contributo dei cristiani dell'epoca, purtroppo assolutamente sconosciuto al pensiero cristiano mondiale. Sono stati loro i primi ad avere ripensato la fede in funzione dell'Islam e, in un certo senso, sono stati forse i primi cristiani in assoluto ad avere ripensato la fede cristiana in funzione di un'altra religione».
Il primo campione del dialogo interreligioso è Giovanni Damasceno, arabo di nascita e cristiano di fede, vissuto tra il 650 e il 750. Peccato, osserva Di Branco, che nel suo dialogo immaginario tra un saraceno e un cristiano a ogni obiezione di quest'ultimo il musulmano «finisca sempre per tacere in preda allo sconforto o addirittura per abbandonare la disputa con impotente dispetto». La stessa scena si ripete nella Bagdad abbasside della controversia tra il patriarca nestoriano Timoteo I (780-823) e il califfo al-Mahdi: «Più che con un dialogo abbiamo a che fare con un catechismo apologetico a uso delle comunità cristiane sottoposte alla dominazione musulmana». Mai un califfo avrebbe accettato di farsi trattare come avviene in questi dialoghi apologetici di parte cristiana.
A questo punto è d'obbligo chiedere a Di Branco cosa pensi della discussione che si è svolta nei mesi scorsi sui «cattivi maestri islamisti» e sul caso Tariq Ramadan, un personaggio che non corrisponde certo alla tipologia remissiva del «persiano » protagonista del dialogo. «Io credo — risponde Di Branco — che Tariq Ramadan abbia un approccio giusto sulle questioni politiche. Mi interessa molto lo sforzo di questo intellettuale musulmano, che ha scelto di vivere in Europa, di dialogare con l'Occidente sulle questioni sociali, portando avanti un discorso di inserimento e non di contrapposizione. Un'attitudine al dialogo che è tanto più interessante in quanto Ramadan è un personaggio molto ascoltato nelle sue comunità e, come ha visto bene Ian Buruma, il vero dialogo avviene con chi ha posizioni diverse dalle nostre, non con chi la pensa esattamente come noi. Tuttavia trovo che alcuni libri di Ramadan siano piuttosto discutibili. Penso al suo Maometto pubblicato in Italia da Einaudi: un'opera agiografica più che una biografia, una sorta di catechismo senza alcun valore scientifico. Meglio allora, se si vuol vedere com'era visto il Profeta dai musulmani, prendere la raccolta di fonti edita da Mondadori, Le vite antiche di Maometto.
Mi chiedo perché una casa editrice come l'Einaudi abbia accettato di pubblicare una siffatta opera: forse l'editore più che sulla validità del testo ha puntato sul richiamo rappresentato dal nome di Ramadan ».
© Copyright Corriere della sera, 2 gennaio 2008
E' vero: il dialogo teologico fra Cristianesimo ed Islam e' molto difficile (forse impossibile), ma cio' non significa che non possa esserci dialogo su altri temi (l'etica, il rispetto reciproco, la difesa della vita). Finora, a mio parere, non c'e' stato un vero dialogo fra Cattolici e Musulmani che andasse al di la' del bacetto e della stretta di mano. Negli anni si sono costruite molte relazioni che, pero', al primo ostacolo, si sono rivelate un "gigante dai piedi di argilla". Ecco perche' la svolta sta avvenendo grazie al dialogo franco e sincero fra Papa Benedetto e i leader islamici firmatari della lettera aperta.
Questa si' che e' una grande occasione da non perdere!
R.
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