4 gennaio 2008

Moratoria sull'aborto: pro e contro la legge 194 ("Il Giornale")


Vedi anche:

Precisazioni sull'articolo di Galeazzi e Di Giacomo e umile richiesta di rettifica di quanto scritto su e contro questo blog

Il Papa e la Juventus, partita impossibile domenica 18 maggio

"Conciliari" in rivolta contro Benedetto XVI. Galeazzi e Di Giacomo per "La Stampa". Viene citato a sproposito anche il nostro blog!

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

E' possibile il dialogo fra Cristianesimo e Islam? (Messina per il "Corriere")

Unomattina e raitre di nuovo "partigiane" sulla moratoria dell'aborto

Rosso "malpela" nuovamente la rai (Mannoni, tg3, non equidistante)

2,8 milioni alle udienze del Papa nel 2007; grande diffusione per il libro su Gesù: servizio di "H2O"

NATALE, LE PAROLE DEL PAPA DA RICORDARE ("IL TIMONE")

La celebrazione spagnola «per la famiglia cristiana» (Osservatore Romano) e la "risposta" di Zapatero (Corriere)

Cresce il successo internazionale del libro di Benedetto XVI "Gesù di Nazaret" (Radio Vaticana)

La Giornata del Papa tra firme, passeggiate e tv (Accattoli per il "Corriere")

Vaticano, effetto Ratzinger: per incontrarlo sono arrivati in 3 milioni. Successo in libreria. Offerte raddoppiate (Bartoloni per Corriere della sera)

Nel segno di Madre Teresa, la prima visita di Benedetto XVI del 2008:domani il Papa si recherà nella Casa “Dono di Maria” in Vaticano

Moratoria sull'aborto: gli editoriali di Giuliano Ferrara

Anselma Dell’Olio (intellettuale e moglie di Giuliano Ferrara): "Io femminista, d’accordo con Giuliano"

Per ridere di gusto: la esilarante "cronomail" di "Avvenire" per il 2008 :-)

Quel deficit di speranza male oscuro del nostro tempo (Colombo per "Avvenire")

Perché il Papa ha le scarpe rosse? Perché indossa un berretto bianco? Perché ha un anello? I bambini interrogano Mons. Georg

Moratoria sull'aborto: agitazione e parole grosse

Anche stamattina, su Raiuno, contestazioni al Vaticano...senza contraddittorio

Contro la legge 194 una truppa di farisei

di Filippo Facci

Prima della nascita non è vita, e spesso neanche dopo. Sono reduce da due funerali e forse sono sconvolto, sarà questo: sarà forse che ho rivisto, assiepato, quel genere di cattolici in nome dei quali troppi sacerdoti del pensiero fortissimo simulano di parlare. Quei cattolici, ossia, stra-predominanti nel nostro Paese: coloro che in quella minoranza ideologica che si chiama Chiesa hanno un semplice ma consolidato riferimento culturale e spirituale, lontani anni luce dal sentirsi rappresentati dalla porpora e figurarsi dal Giuliano Ferrara collezione inverno-primavera 2008.
Quei cattolici, ieri, sfilavano dignitosamente senza fare la comunione, ignoravano ossia d’essere gregge da condurre nella selva di ciò che non sanno, infinite cose: d’aver votato trent’anni fa, per esempio, una legge che si chiama 194 ma che non sanno essere rimasta inapplicata, incompleta, truffaldina. L’85 per cento di essi, degli italiani, pensa che la legge 194 vada bene così, di sondaggi ne han fatti tremila: ma è perché son beoti, non sanno. S’avanza, perciò, una moltitudine di fieri ipocriti ben ansiosi di far rispettare quella «libertà di non abortire» che gli italiani, poveretti, non sanno di avere.
Milioni di italiani, soprattutto di italiane, vivono infatti l’aborto con leggerezza perché nei consultori italiani e di tutto l’Occidente li obbligano ad abortire: sicché, perché soffrano e si sparga il giusto sale sulle loro ferite, hanno bisogno di una moratoria; urge dunque l’intervento di chi deve «migliorare» la legge e «applicarla interamente» e cioè in maniera «piena, coerente e omogenea»: ipocriti. E sarà davvero che sono reduce da due funerali, ma vorrei ripeterlo: ipocriti. E vorrei dirlo a quel genere di antiabortisti che ora magari si sentono irresponsabilmente sdoganati dall'arida stagione bianca di Giuliano Ferrara: io voglio che ci tornino, in dogana. Voglio che tornino nello spazio angusto e retrivo che in democrazia è proprio delle minoranze, l’opportuno spazio dove possano continuare a gridarcelo: assassini.
Io non mi sogno neppure, ora, di voler spiegare dove cominci o finisca la vita, magari armato di quella scienza «oggettiva» che certi cattolici richiamano solo quando serve. L'aborto è un'esperienza terrificante ed è incredibile che si possa credere che la si pratichi svagatamente: perciò la legge 194 mi pare equilibrata, anche in cuor mio penso addirittura che la vita cominci davvero solo dopo la nascita. Il resto è esercitazione, e lo dico senza patemi. Mi preoccupa altro. Mi preoccupa che la maggioranza di chi auspica una più corretta applicazione della 194, secondo me, vorrebbe abrogarla.
La maggioranza di chi si oppone alla pillola abortiva Ru486, nondimeno, desidera che l’aborto resti una pratica traumatica, così da scoraggiarla: è anche per questo che tendono a confondere dolosamente questa pillola con quella del giorno dopo, che è tutt’altra cosa. La maggioranza dei medici obiettori di coscienza, negli ospedali, si astiene per comodo e per carriera. Lo sanno tutti. La maggioranza degli aspiranti «completi applicatori» della 194 (basta ascoltarli, basta leggerli) vorrebbe entrare nei consultori per inserirsi in un meccanismo di applicazione della legge, da una parte, ma seguitare tuttavia a definire l’operato della legge medesima (l’operato dello Stato) come quello di un assassino. La stragrande maggioranza di questi volontari, soprattutto, vorrebbe fare una fermissima opera di dissuasione all’aborto (pagati da noi, che abbiamo votato la legge) e tuttavia non hanno mai fatto né intendono fare ciò che è più importante, l’unica vera moratoria di cui milioni di ragazze e ragazzine e immigrate hanno bisogno: quella sulla prevenzione, quella sull’educazione, quella su una contraccezione che magari consigli l’uso del contraccettivo, quella di chi non finga di non sapere che la sessualità degli italiani si è slegata dal credo religioso ormai da decenni.
La Chiesa sa queste cose, e tace. Parla dove le compete: siamo noi, poi, che li intervistiamo e mettiamo nelle pagine della politica, siamo noi che la invitiamo nei talk-show sperando che i succitati cattolici non cambino canale. Siamo noi, alcuni di noi, che vorrebbero trascinare la Chiesa in una battaglia da perdere in suo nome. Poi certo, come no, vai con le paginate del dibattito, di tutto si può discutere e difatti si discute: e non tutti coloro che vorrebbero ridiscutere la 194 celano fini oscurantisti o sono imparentati con certa destra religiosa di scuola americana, certo che no. Ma resto convinto che la maggioranza lanci il dibattito e nasconda la mano: teo-con, teo-dem o para-culi che siano.

© Copyright Il Giornale, 4 gennaio 2008


Ma è un omicidio, lo dice la scienza

di Michele Brambilla

Dirò subito quello che penso, e pazienza se sarò espulso dal politicamente corretto consesso civile: l'aborto è un omicidio. Mi correggo. Che l'aborto sia un omicidio non è «quello che penso»: è una verità oggettiva, sperimentalmente verificabile da chiunque, basta osservare un'ecografia.
A causa di questa evidenza, appiccicare l'infamante marchio di «baciapile» a chi, come me, dice che «l'aborto è un omicidio», è una reazione sterile, inefficace e un po' vigliacca da parte di chi non ha altri argomenti se non quello di squalificare come retrogrado e bigotto chi lo mette di fronte a un fatto incontestabile. La fede religiosa qui conta zero, anzi meno di zero: ripeto, bastano gli occhi e la ragione per rendersi conto che con l'interruzione di gravidanza si distrugge una vita che è già cominciata. Che è già cominciata e che - come dimostrano tutti gli studi medici in materia: ripeto medici, non teologici - ha già una sua particolarissima autonomia, tanto che interagisce con la mamma e prova sensazioni positive o negative che lo segneranno anche dopo la nascita.
Fa veramente tristezza sentir ripetere ancora oggi che «solo la donna ha il diritto di decidere». È fin troppo facile rispondere a queste persone che anche loro furono embrioni, e che oggi non potrebbero dire quello che dicono se le loro madri avessero deciso che eliminarle era un «diritto». Basta ipocrisie, qui non è in gioco solo la libertà della donna: è in gioco anche la libertà di esistere a chi c'è già.
Per questi motivi, credo che sia sbagliata perfino la posizione di quei cattolici che dicono: «applichiamo la 194 anche nella sua parte che tutela la gravidanza». Sì, so perfettamente che la 194 prevede norme che incentivano la donna in difficoltà a scegliere la strada giusta, che è quella di non sopprimere il bambino. E so perfettamente, anche per esperienza familiare, che negli ospedali e nei consultori pubblici chi cerca di applicare quelle norme è ostacolato, quando non insultato come «terrorista», da chi sponsorizza la soluzione più veloce, che è l'aborto.
Ma, anche se nella 194 c'è questa parte «buona» da valorizzare, penso che quella legge sia intrinsecamente sbagliata, perché rende legale un omicidio. Si obietta che prima si abortiva lo stesso, e in condizioni più pericolose per le donne. Vero. Ma a quella piaga si sarebbe dovuto reagire facendo di tutto per impedire situazioni del genere e aiutando le mamme in difficoltà: non legalizzando l'errore. Anche i furti, gli stupri e le rapine in villa esistono: ma nessuno si sogna di risolvere il problema rendendoli legali e controllati dallo Stato.
Che sia chiaro, chiarissimo: io non voglio che la donna che abortisce vada in galera. Ma ritengo che il danno della 194 non sia la sua incompleta applicazione. Il danno è che ha confuso le coscienze, ha creato falsi alibi, insomma ha instillato in molte donne (e in molti uomini: perché non dimentichiamoci che, così come si genera in due, si abortisce in due) la convinzione che l'aborto, se lo Stato lo consente, non è poi così sbagliato. È questa la colpa grave, gravissima, della 194, anzi di ogni legge che permette l'interruzione di gravidanza. E vengo al dibattito politico di questi giorni. Del dialogo destra-sinistra, del confronto tra laici e cattolici, dei rischi di spaccature, sconfitte politiche eccetera, non me ne frega niente. Certi scrupoli vanno bene quando si discute di riforma elettorale o di finanziaria: non quando si tratta di affermare un principio incontestabile, e cioè che un omicidio non può essere considerato lecito.
Mi inquietano anche certe prudenze della Chiesa. Con tutto il rispetto, non capisco come mai sia così intransigente sulle unioni civili, e timorosa nel chiedere l'abolizione della legge sull'aborto. Personalmente penso che anche in materia di matrimonio e famiglia la posizione della Chiesa corrisponda a una legge naturale; ma non c'è dubbio che per l'uomo di oggi sia molto più facile capire (che non vuol dire ammettere: ma capire sì) l'errore dell'aborto che non quello dei Dico. Ma poi: perché aver timore di perdere una battaglia politica? Ci sono cause che vanno combattute a prescindere dal risultato. Ci scandalizziamo per la pena di morte e la fame nel mondo, ma forse la nostra generazione sarà giudicata soprattutto per aver eliminato, con la benedizione della legge e con la quieta coscienza del mondo perbene, cinquanta milioni di bambini all'anno.

© Copyright Il Giornale, 4 gennaio 2008


Aborto, cresce la voglia di fare una moratoria

di Fabrizio De Feo

Roma - Gianfranco Fini tace, Pier Ferdinando Casini frena e chiede ai cattolici di non cadere nella trappola dell’«eccesso di zelo». Ma sia dentro An che dentro l’Udc l’offensiva per la revisione della legge 194 prende sempre più corpo, da una parte con una sottoscrizione lanciata da alcuni parlamentari di Via della Scrofa, dall’altra con una proposta di moratoria messa nero su bianco da Rocco Buttiglione.
L’offensiva di An in risposta all’iniziativa sull’aborto lanciata da Giuliano Ferrara, è firmata da Alfredo Mantovano, Gianni Alemanno, Maurizio Gasparri, Barbara Saltamartini e Giorgia Meloni. Sul Foglio in edicola oggi il drappello di parlamentari propone ai simpatizzanti di An di sottoscrivere il loro appello perché «un partito politico non deve e non può restare indifferente» e chiede che, in occasione della Conferenza programmatica di Milano dall’8 al 10 febbraio, una sessione sia dedicata al diritto alla vita e a dare concretezza alla moratoria sull’aborto.
In contemporanea Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc, lancia una sua proposta di «moratoria» sull’aborto in cinque punti: si va dall’interdizione dell’aborto dopo la ventesima settimana di gravidanza all’autopsia sui feti abortiti sulla base di diagnosi prenatali che denunciano gravi malformazioni; da una maggiore informazione sulle effettive possibilità di recupero dei bambini affetti da malattie congenite al miglioramento del livello di sostegno alle famiglie con bambini affetti da malattie congenite fino al rafforzamento del sostegno alle madri che scelgono di non abortire. All’offensiva di Buttiglione risponde, però, con un severo monito Pierferdinando Casini. «Ruini ha espresso idee importanti e assai condivisibili che sono state strumentalizzate non solo dagli avversari del mondo cattolico ma anche da qualcuno che, con eccesso di zelo, ha finito per mettere fuori strada il dibattito.
Il punto non è certamente quello di rimettere in discussione la 194, in gran parte disattesa, perché non ci sarebbe una maggioranza parlamentare». Se Casini predica prudenza, il fronte dei laici deciso a dare battaglia contro l’ipotesi di rivedere la legge 194 è compatto e trasversale. E se nel Partito democratico risuonano tanti imbarazzati silenzi, non va meglio nel centrodestra dove ci si muove sulla base di prese di coscienza personali.

© Copyright Il Giornale, 4 gennaio 2008

Nessun commento: