14 maggio 2008

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E Lonergan spiegò come funziona l'intelligenza

di Maurizio Fontana

"Nella storia poliziesca ideale, al lettore sono dati tutti gli indizi, eppure egli fallisce nell'individuare il criminale. Può rivolgere l'attenzione a ogni indizio quando sorge. Non ha bisogno di indizi ulteriori per risolvere il mistero. Eppure può rimanere al buio per la semplice ragione che raggiungere la soluzione non è la semplice apprensione di qualche indizio, né la semplice memoria di tutti, bensì un'attività affatto distinta dell'intelligenza organizzatrice, che pone l'intero insieme di indizi in un'unica prospettiva educativa. Con intellezione, allora, s'intende non un qualunque atto di attenzione, o di avvertenza, o di memoria, bensì il sopraveniente atto del comprendere (...) I matematici cercano l'intellezione in insiemi di elementi. Gli scienziati cercano l'intellezione in ambiti di fenomeni. Gli uomini di senso comune cercano l'intellezione in situazioni concrete e in affari pratici. La nostra preoccupazione, però, è raggiungere l'atto dell'intelligenza organizzatrice, che riconduce entro una singola prospettiva le intellezioni dei matematici, degli scienziati e degli uomini di senso comune".
Così scriveva Bernard J. F. Lonergan nel 1954 per una prefazione alla sua opera Insight. Uno studio del comprendere umano, e già da queste poche semplici righe s'intuisce il mare sconfinato del suo pensiero, la profondità della sua ricerca volta a scandagliare nella sua totalità - e in tutte le sue articolazioni - la struttura del pensiero dell'uomo. Ma il suo tentativo di misurarsi con ciò che ai più sembrerebbe incommensurabile non si è risolto in una donchisciottesca lotta con i mulini a vento: i frutti - numerosi - della sua speculazione sono a disposizione di tutti come un tesoro racchiuso nello scrigno della sua immensa produzione bibliografica.
Per la verità, all'edizione originale della sua opera - la "Collected Works of Bernard Lonergan" (Cwl) pubblicata in inglese dalla University of Toronto Press - mancano ancora sei volumi dei venticinque complessivi. E siamo appena giunti al settimo volume - sarà in stampa fra circa un mese - dell'edizione italiana delle "Opere di Bernard Lonergan" curata dai gesuiti Natalino Spaccapelo e Saturnino Muratore e pubblicata per i tipi di Città Nuova.
In occasione dell'offerta a Benedetto XVI di questa prima parte del prezioso lavoro di traduzione, abbiamo incontrato padre Spaccapelo - ordinario di Teologia dogmatica e patristica al Pontificio Istituto orientale e professore invitato di Filosofia e di Teologia alla Pontificia Università Gregoriana presso la quale è anche direttore del "Lonergan Archive" - e a lui abbiamo rivolto alcune domande.

Non si può pensare a Lonergan e non provare un senso di smarrimento di fronte alla sua opera. Accostarsi a lui significa, infatti, incontrare uno dei pensatori più importanti del ventesimo secolo sia per l'ampiezza dei settori indagati, sia per i risultati raggiunti nel settore della teologia, della filosofia e della teoria generale dell'economia.

Direi di più: in questo momento Lonergan è probabilmente uno degli autori più studiati al mondo e, circostanza singolare, lo è in modo speciale nell'ambito socioeconomico. Un aspetto quest'ultimo finora poco conosciuto dei suoi primi studi e che emerge invece chiaramente ad esempio nel suo volume Shorter Papers dove si può apprezzare una visione lucida e analitica della situazione europea e della sua evoluzione.
Più in generale, c'è un fiorire continuo di tesi, seminari e riviste dedicati a Lonergan e al suo pensiero. E non solo in ambito cattolico.

Nel 2007, in occasione del cinquantenario della sua prima pubblicazione, avete pubblicato l'edizione critica di Insight, l'opera più conosciuta di Lonergan, originalissimo contributo filosofico sul comprendere umano e sull'esigenza di rinnovamento culturale e di integrazione fra vari ambiti del sapere. Come si può considerare Insight nell'ambito della storia della cultura?

Innanzitutto credo che vada rilevato come Insight non si possa considerare un libro vero e proprio, bensì una sorta di "libro di esercizi di intelligenza", uno strumento, un òrganon da utilizzare per una nuova epoca della storia. Lonergan notava che la storia, alla metà del ventesimo secolo, si trovava a un punto di svolta epocale e perciò non bastava che le singole scienze procedessero al cambiamento e all'adattamento dei propri limitati paradigmi, occorreva invece una vera e propria Weltphilosophie, adatta al mondo globalizzato.
In questo senso Lonergan non ha proposto una teoria, ma è risalito alla definizione e alla chiarificazione della struttura umana, una struttura di pensiero che sia riconducibile non a un certo periodo storico, o a una certa società, ma all'uomo tout court. Quella che io amo definire l'"invariante antropica rispetto alle culture e alle tradizioni". Insight è lo strumento per capire come funziona l'intelligenza dei vari saperi.

Vari saperi ai quali il filosofo si è dedicato con una meticolosità impressionante.

Partendo dal concetto che la coscienza è una melodia che si articola nei vari contesti della vita umana, Lonergan ha portato avanti delle indagini a tappeto per esaminare come l'intelligenza umana è operativa - sempre con la medesima struttura - nei metodi scientifici, umanistici, filosofici, storici e teologici. Attraverso i suoi celebri corsi estivi esaminava di volta in volta un argomento. Ricordo, ad esempio, quello dedicato al rapporto tra la filosofia esistenziale e la logica, o quello centrato sulla filosofia dell'educazione, tema sul quale egli ha lasciato dei contributi notevoli, basti pensare che le sedi di Piacenza e di Brescia della Cattolica li adottano come testo base.

Qual è una caratteristica che è opportuno ricordare dell'impostazione lonerganiana?

Lonergan sostiene che il mondo moderno ha formulato la conoscenza sulla base dei concetti, mentre invece bisogna riformulare i saperi sulla base di ciò che precede i concetti, ovvero dell'intelligenza. Costruire il sapere sul concetto rende il sapere immobile, mentre costruirlo sull'intelligenza lo dinamizza e lo porta a progredire.
In verità bisogna dire che egli non amava il termine "lonerganiano", anzi lo rifiutava affermando che ciascuno deve comprendere se stesso. Per lui vale l'in te ipsum rede di agostiniana memoria.

E qualche aspetto della sua personalità?

Mi piace ricordare il suo forte senso dell'ecclesialità: Lonergan sentiva moltissimo il suo impegno di servizio alla Chiesa. E poi, soprattutto, la sua disponibilità umana. Ricordo che dava attenzione a tutti i suoi studenti: andava incontro a ognuno e rispondeva a chiunque con suggerimenti e chiarificazioni.

(©L'Osservatore Romano - 15 maggio 2008)

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