18 luglio 2008
Il ”Super Thursday” sarà ricordato come uno dei più vibranti appelli che siano mai stati fatti per salvare il pianeta (Giansoldati, da leggere!)
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Papa, appello ai giovani: «Difendete l’ambiente»
In 500.000 a Sydney per Ratzinger: no alla schiavitù del consumismo
FRANCA GIANSOLDATI
dal nostro inviato
SYDNEY - Il ”Super Thursday”, come lo hanno battezzato gli australiani, l’incontro ravvicinato di Papa Ratzinger con mezzo milione di papaboys, sarà ricordato come uno dei più vibranti appelli che siano mai stati fatti per salvare il pianeta. Inquinamento, sfruttamento indiscriminato delle risorse, minacce che incombono sull’equilibrio dell’ecosistema.
Tutta colpa del demone del consumismo. Che Papa Ratzinger fosse un ambientalista convinto e che inquadrasse in problema in una visione sociale non era una novità, la tematica in questi tre anni di regno è stata più che presente nella sua predicazione.
Stavolta però è andato oltre. Per lui l’impegno ambientale è inscindibilmente legato a quello per la difesa della vita umana, dall’inizio alla sua fine naturale.
Osservando il sole del pomeriggio sulla baia di Sydney, Benedetto XVI ha parlato della storia della Creazione, così come è raccontata nella Genesi, facendo ai ragazzi una domanda. «Quale meraviglia! Ma poi cosa scopriamo?». Troppe «ferite» e «cicatrici» segnano «la superficie della terra». Erosione, deforestazione, «lo sperpero di risorse minerali e marine per alimentare un insaziabile consumismo». Si scopre così che non solo l’ambiente naturale, «ma anche l’habitat che ci creiamo noi stessi, non è a posto». Sulla banchina di Barangarooo si intravedevano sventolare le bandiere dei samoani, degli abitanti di Tonga e di altre isole del Pacifico. «Alcuni di voi giungono dalle isole-Stato la cui esistenza stessa è minacciata dall’aumento dei livelli delle acque, altri da nazioni che soffrono gli effetti di una siccità devastante». L’egoismo delle nazioni che depredano le risorse del mondo è alla base di un processo distruttivo, una sorta di bomba a orologeria.
E’ significativo che il Papa abbia scelto di richiamare i cristiani a comportamenti più responsabili proprio da quaggiù. L’Australia è un caso emblematico: fino a poco tempo fa, era uno dei pochi paesi a non volere firmare il Trattato di Kyoto. L’arrivo del governo laburista, che proprio su questo punto ha vinto le elezioni, ha fatto girare pagina e ora stanno pianificando per i prossimi 40 anni la riduzione delle emissioni dei gas serra. Durante la cerimonia di benvenuto, davanti al Premier Ruud, si è compiaciuto perchè l’Australia ha preso «seriamente» in cura l’ambiente.
Il colpo d’occhio che si stagliava sulla baia di Darling Harbour era piuttosto insolito per la tranquilla Sydney che non aveva mai assistito, prima di ieri, a raduni del genere. Chilometri di transenne che faticavano a contenere ragazzi arrivati da 190 nazioni, in testa gli americani, seguiti da 10 mila papaboys italiani.
Zaini, chitarre, sacchi a pelo e tanti rosari in mano. Un mosaico di etnie sotto l’ombrello di Gesù Cristo. Un bagno di folla. Il commento alla Genesi è servito al Papa teologo per proseguire la sua predicazione e mettere in guardia dai pericoli di una vita priva di limiti, di riferimenti certi. Il relativismo etico è «veleno che minaccia di corrodere ciò che è buono» nella vita. E’ per questo che in tanti finiscono per cadere nell’abuso di alcool, di droga, di esaltare la violenza. Persino il «degrado sessuale presentati dalla tv e da internet come divertimento» sono frutto di una vita ”relativa”.
Essere testimoni credibili del Vangelo non è cosa facile e il vecchio pontefice lo sa bene quando parla, con piglio professorale, ai suoi ragazzi. La difficoltà è data anche dal fatto che ormai in «molti pretendono che Dio debba essere lasciato ai margini» della vita pubblica. Il secolarismo è una «ideologia» che impone una «visione globale». Eppure la testimonianza per i cristiani resta il filo conduttore per difendere anche la vita, dall’inizio fino alla fine naturale. «Come può essere che lo spazio umano più bello e sacro, il grembo materno, sia divenuto luogo di violenza indicibile?» Ha chiesto.
In questi giorni di preparazione alla Gmg nei vari padiglioni l’argomento «difesa della vita» è stato oggetto di dibattiti e approfondimenti plurilingue. Sono stati tra gli incontri più seguiti, ai quali si sono alternati momenti di preghiera, le confessioni, le catechesi coi vescovi e alla sera tanta musica rock in varie piazze della città.
L’inverno australiano non ha scoraggiato i pellegrini a fare le ore piccole, a rinunciare all’entusiasmo anche se dovevano adattarsi a dormire in scuole, palestre, chiese, conventi, famiglie. La macchina organizzativa, per la pressione, ha avuto qualche cedimento e alcuni gruppi, nel caos degli arrivi, si sono dovuti accontentare di accamparsi all’aperto, ma solo la prima notte. Poi tutto è filato liscio.
© Copyright Il Messaggero, 18 luglio 2008 consultabile online anche qui.
Bellissimo questo articolo! Mi fa particolarmente piacere perche' Franca Giansoldati non sprizzava ottimismo nei giorni scorsi, ma oggi questo commento e' entusiasta ed entusiasmante.
Molto ben fatto ed originale...
R.
«Il nostro amico Benedetto», rito tribale di ringraziamento
dal nostro inviato
SYDNEY
Lo hanno accolto sul loro territorio con addosso qualche pelle, seminudi nonostante il freddo, disegnati di terra bianca sul viso, sulle braccia, sui capelli, sulle gambe; con una danza tribale, gli hanno liberato la strada dagli spiriti negativi, con dei rametti battevano ritmicamente la terra; poi lo hanno accompagnato fino all’ingresso del traghetto che avrebbe portato Papa Ratzinger dai papaboys, sull’altra sponda della baia di Sydney. Benedetto XVI per gli indigeni australiani è un amico. Gli aborigeni sanno bene che la Chiesa è sempre stata al loro fianco. Fin dall’inizio si è battuta contro il principio «terra nullius», terra di nessuno e dunque occupabile dall’impero anglosassone. Una finzione giuridica. Solo qualche mese fa hanno avuto le scuse del governo di Canberra per le violenze subite durante i 300 anni di colonizzazione inglese e solo ora si parla di risarcimenti. «Sa come lo chiamiano noi il Papa?» ha spiegato Allen Madden, il capo della tribù Eora. «Custode della Legge. E’ una figura degna perchè è interessato alle cose dello spirito e non al potere».
La tribù di Dharawal gli ha augurato un viaggio fortunato. In mattinata, durante l’incontro col presidente e col premier Ruud, ha ringraziato il governo «per la coraggiosa decisione di riconoscere le ingiustizie commesse in passato contro i popoli indigeni». Ancora oggi gli indigeni soffrono. Vivono in aree di degrado, hanno speranze di vita inferiori, tra loro vi è un alto tasso di suicidi, si rifugiano nell’alcol e nelle droghe.
«Questo esempio di riconciliazione offre speranza in tutto il mondo a quei popoli che anelano a vedere affermati i loro diritti».
F.Gia.
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