22 settembre 2008

Cristianofobia: perchè l'Europa tace ancora? Gli Usa: "Il Governo indiano agisca"


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PERCHÉ L’EUROPA TACE ANCORA?

CRISTIANOFOBIA INGERENZA UMANITARIA. SUBITO

LUIGI GENINAZZI

Oggi tocca ai cattolici in India. Fino a quest’estate era l’Iraq a guidare la clas­sifica dei Paesi più a rischio per la comunità cristiana. Un anno fa nel mirino degli estre­misti violenti c’erano i missionari in Turchia. È la sequenza temporale dell’odio anti-cri­stiano che sembra colpire in ondate suc­cessive vari Paesi nel mondo. Ma è un’im­pressione superficiale e sbagliata.

La realtà è molto più tragica: le persecuzio­ni s’allargano a macchia d’olio, il numero dei martiri continua a crescere in Medio O­riente, in Asia ed in Africa, la caccia al cri­stiano è una folle e sanguinaria idea che tro­va sempre più seguaci.

Le cronache di que­sti giorni ci rimandano ai saccheggi, alle di­struzioni e alle violenze contro le comunità cristiane in varie regioni dell’India. Ma non dobbiamo dimenticare che in Iraq i credenti caldei sono sotto costante minaccia, a Mo­sul continua lo spargimento di sangue e an­che se in generale gli attentati terroristici so­no diminuiti la situazione per i cristiani non è certo migliorata, come ci ricorda l’ultimo rapporto diffuso dall’associazione 'Chiesa che soffre'. In Turchia le istituzioni della Chiesa ortodossa e cattolica continuano ad essere oggetto di pesanti discriminazioni e nel Paese che ha visto l’assassinio di don An­drea Santoro c’è chi incita all’odio contro i preti cattolici. Da I­stanbul a Gaza, dall’I­raq all’Indonesia, nei Paesi islamici le cui leggi s’ispirano alla 'sharia' come il Paki­stan ma anche in un Paese 'tollerante' co­me l’Algeria, i cristia­ni vengono processa­ti, condannati a mor­te da tribunali statali o uccisi da fanatici e­stremisti.

Siamo di fronte a una sorta di globalizzazio­ne dell’odio anti-cri­stiano. Perché quest’accanimento? Oggi, in gran parte del mondo non occidentale, co­lui che professa la fede cristiana pur essen­do d’origine medio-orientale, africana o a­siatica, è percepito come un 'diverso' dif­ficilmente catalogabile, un soggetto che su­scita diffidenza e sospetto.

Non può essere considerato un estraneo (come invece un credente europeo); è uno che per lingua e colore della pelle potresti scambiare per mu­sulmano o per induista. E questo rompe gli schemi prestabiliti, irrita la mentalità co­mune e dà fiato ai gruppi integralisti che mi­rano alla pulizia etnico-religiosa. Dopo due­mila anni torna di drammatica attualità quel che veniva indicato come modello ai cri­stiani nella 'Lettera a Diogneto': «Ogni pa­tria straniera è patria per loro, e ogni loro patria è sentita come straniera».

Nella terra di Madre Teresa di Calcutta do­ve è nata una carità senza confini, così co­me nel Medio Oriente dove i credenti caldei c’erano ancor prima che arrivasse Mao­metto, il cristiano è una pietra d’inciampo, uno scandalo. È il 'diverso' troppo simile a chi lo disprezza, come lo era l’ebreo della Mitteleuropa per i teorici della purezza a­riana.

C’è un nuovo anti-semitismo oggi, ed è l’o­dio anti-cristiano. Giusto combattere i ri­gurgiti anti-ebraici, doveroso combattere quella che i musulmani chiamano ' isla­mofobia'. Ci sono organismi internaziona­li come l’Antidiffamation League ebraica e, recentemente, anche islamica per monito­rare discriminazioni e violenze nei riguardi delle proprie comunità religiose. Allo stes­so scopo in Europa stanno sorgendo vari centri pubblici d’osservazione. Ma chi, a parte la Chiesa, si preoccupa della 'cristia­nofobia' dilagante in varie parti del mondo? Chi si prende a cuore la sorte di milioni di cristiani indifesi?

Ieri, l’amministrazione U­sa ha finalmente battuto un colpo, rivol­gendo un appello diretto al governo e al mondo politico indiano. Ma è urgente che anche la vecchia Europa applichi il diritto d’ingerenza umanitaria nei confronti delle nuove e vecchie democrazie.

L’occasione è a portata di mano: tra pochi giorni si terrà il vertice bilaterale Unione Europea-India. E’ troppo sperare che in agenda ci sia anche la questione delle violenze contro i cristiani?

© Copyright Avvenire, 21 settembre 2008

LA FEDE NEGATA

Il responsabile del dipartimento di Stato per la libertà religiosa John Hanford, che venerdì ha presentato il rapporto annuale, si è appellato all’esecutivo e ai partiti: «Condannare le atrocità»

Dopo gli attacchi alle chiese, migliaia sfilano a Bombay e Vijayavada. Tensione per le nuove minacce degli estremisti India, i cristiani in piazza

Gli Usa: il governo agisca

DA BANGKOK STEFANO VECCHIA

Un appello al governo indiano affinché garantisca il rispetto della libertà reli­giosa mettendo fine alle violenze in at­to contro i cristiani. Firmato Stati Uniti. A lan­ciarlo, il responsabile del dipartimento di Sta­to per la libertà religiosa, John Hanford, il qua­le, presentando venerdì il rapporto annuale sullo stato del diritto di culto nel mondo, ha espresso preoccupazione per quanto acca­duto in Orissa e in altri Stati indiani nelle ul­time settimane. Il rapporto, chiuso prima del­l’esplosione delle violenze, non cita l’India tra i primi otto Paesi delle “lista nera” stilata da- gli Usa, ma solleva comunque diversi inter­rogativi sulla legislazione adottata in alcuni Stati del subcontinente, tesa a restringere la li­bertà religiosa, peraltro in contrasto con la Co­stituzione nazionale. «Sollecitiamo tutti i par­titi a condannare le violenze – ha affermato Hanford presentando il rapporto – e i rappre­sentanti del governo a proteggere la libertà re­ligiosa in tutta l’India, preservando la lunga tradizione di tolleranza religiosa del Paese».
«Nonostante gli sforzi del governo centrale per favorire l’armonia fra Stati – ha aggiunto – abbiamo assistito all’aumento delle vio­lenze contro i cristiani nell’Orissa, dove fat­tori religiosi, insieme a tensioni sociali, eco­nomiche ed etniche, sono esplosi nelle ulti­me settimane». Il dipartimento di Stato Usa denuncia il carattere «organizzato» degli at­tacchi, « specialmente negli Stati governati dal partito nazionalista Bharatiya Janata», af­fermando che ad ispirarli sarebbero stati «motivi politici».
Intanto l’India scende in piazza. Venerdì a Bombay erano almeno 3.000; forse 25mila ieri i cristiani e i rappresentanti delle altre fedi che nella grande città di Vijayavada, nell’Andhra Pradesh, hanno ancora una vol­ta interpellato il governo di Delhi e la co­scienza dell’India sulla sorte delle mino­ranze e chiarito che non è più il tempo di su­bire passivamente. «Fermate le stragi» è stato il grido della piaz­za. Da settimane continua l’assedio alla pic­cola comunità cristiana, costretta, per la sua parte che abita le campagne e le foreste degli Stati di Andhra Pradesh, Karnataka e Orissa, ad abbandonare la abitazioni e i villaggi, la­sciando scuole e edifici di culto alla mercé di gruppi fanatici spalleggiati da politici senza scrupoli. Nonostante la giornata di ieri – do­po l’attacco di giovedì alla cattedrale di Jabal­pur in Madhya Pradesh –non abbia registra­to episodi di particolare gravità, la situazione resta tesa e nella regione del Kandhamal, in O­rissa, diverse fonti segnalano la continua a­zione intimidatoria degli estremisti indù con­tro i villaggi cristiani che vanno spopolando­si. Nelle regioni più colpite, le scuole cristia­ne restano chiuse. Sul piano politico il governo di New Delhi ha iniziato a premere sui governi locali di Oris­sa, Kerala, Andhra Pradesh e Karnataka – con l’eccezione del Kerala espressione di forze po­litiche che utilizzano la carta dell’estremismo religioso e dell’«estraneità» dei cristiani per ottenere ulteriori vantaggi elettorali. Una si­tuazione contro cui si è pronunciato ieri an­che il cardinale Telesphore Toppo, arcivesco­vo di Ranchi e già presidente della Conferen­za episcopale indiana.

© Copyright Avvenire, 21 settembre 2008

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