25 ottobre 2008

Il facsimile del papiro Bodmer XIV-XV conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana donato dal Papa ai partecipanti all'assemblea sinodale (O.R.)


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Il facsimile del papiro Bodmer XIV-XV conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana donato dal Papa ai partecipanti all'assemblea sinodale

Quell'antichissimo manoscritto che conferma la tradizione dei vangeli

Nella serata di venerdì 24 ottobre Papa Benedetto XVI dona a tutti i partecipanti al Sinodo dei vescovi una copia del facsimile di due fogli del papiro Bodmer XIV-XV (P75), il manoscritto più antico dei vangeli di Luca e di Giovanni, trascritto negli ultimi decenni del ii secolo o poco più tardi. Accompagna la riproduzione una premessa del cardinale Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa che pubblichiamo quasi integralmente.

di Raffaele Farina

Il Papiro Bodmer XIV-XV (P75) è arrivato nella Biblioteca Apostolica Vaticana il 22 novembre 2006, il giorno dopo essere stato acquistato, ed è stato ufficialmente presentato e donato al Santo Padre Benedetto XVI dal signor Frank J. Hanna iii nel corso dell'udienza del 22 gennaio 2007. Dopo tale acquisizione la Biblioteca Apostolica Vaticana annovera un nuovo gioiello tra i suoi più preziosi tesori.

Di questo manoscritto eccezionale, in occasione della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, la Biblioteca Apostolica Vaticana è lieta di presentare ai padri sinodali due pagine significative. Si tratta del Padre Nostro secondo Luca (Luca, 11, 1-4) e del prologo del vangelo secondo Giovanni (Giovanni, 1, 1-18).
Il contesto in cui appare questo passo è tipicamente lucano. Più di ogni altro scritto del Nuovo Testamento, il vangelo di Luca ama ritrarre Gesù in atteggiamento di preghiera, spesso solitaria (cfr. Luca, 3, 21; 5,16; 6,12; 9,18-28, e così via).
I discepoli si sentono in qualche modo esclusi e ricordano al Signore che Giovanni il precursore aveva insegnato ai propri discepoli a pregare. Gesù recita allora il Padre nostro. La formulazione tramandata da Luca è diversa da quella, più lunga, del vangelo secondo Matteo (6, 9-13), che è sostanzialmente identica a quella in uso in tutte le liturgie cristiane.
Matteo e la tradizione liturgica precisano inoltre che il Padre al quale ci si rivolge sta nei cieli, aggiungono la petizione che "la tua volontà si compia, come in cielo così in terra" e si chiudono implorando la protezione del Padre contro le insidie del maligno.
La differenza più notevole è che, mentre il testo lucano si presenta come una preghiera, in qualche misura, informale, quello di Matteo è decisamente orientato verso la recitazione comunitaria. Da questo fatto sembra potersi dedurre che la formulazione lucana è più arcaica. Invece, il parallelo matteano, in armonia con le preoccupazioni ecclesiali del primo vangelo, sembra avere accolto una formulazione già in uso nelle celebrazioni liturgiche della comunità apostolica.
Riguardo al Padre Nostro, la testimonianza di P75 è estremamente importante anche sotto il profilo critico. Infatti, la recitazione quotidiana della formula matteana ha indotto spesso, molto spesso, i copisti a correggere il testo lucano per avvicinarlo il più possibile alla formulazione liturgica.
Il prologo del vangelo secondo Giovanni (1, 1-18) è uno dei passi più noti del Nuovo Testamento, le cui qualità poetiche sono state apprezzate fin dall'antichità cristiana. Al pari dei cosiddetti vangeli dell'infanzia di Matteo e di Luca, il prologo del Vangelo secondo Giovanni si allontana dalla tradizione evangelica più antica, rappresentata dal vangelo di Marco, che inizia direttamente con la testimonianza di Giovanni Battista come premessa al ministero di Gesù.
Uno dei probabili motivi di queste aggiunte iniziali è che molto presto ci si è resi conto che la presentazione marciana dava adito ad ambiguità sulla natura, e quindi sulla missione di Gesù. Ma mentre Matteo e Luca si accontentano di sottolineare il carattere eccezionale della nascita di Gesù, come avveramento delle promesse anticotestamentarie, Giovanni compie un passo in più e afferma esplicitamente che Gesù ha una relazione unica con Dio cioè che è di natura divina.
Questa pagina è forse la più importante del papiro, non tanto per il testo che trasmette, ma, piuttosto, per il fatto che è la prima testimonianza manoscritta dell'esistenza di un canone dei quattro vangeli.
Dal punto di vista testuale, P75 riproduce, tranne qualche variante ortografica, quasi esattamente il testo ricostruito nelle edizioni critiche. Anzi, nonostante il carattere sporadico e irregolare della sua punteggiatura, il suo apporto critico è rilevante là dove conferma l'antichità della lezione - probabilmente originale - che collega sintatticamente i versetti 3b e 4. Si tratta di una variante nota alla tradizione patristica, ma che evidentemente è andata perduta più tardi, quando si è operata la suddivisione del testo in versetti.
I due passi or ora citati sono soltanto un campione della qualità del testo tramandato da P75 ed evidenziano ancora una volta la cura con la quale la Chiesa ha preservato il tenore originale delle sacre Scritture.
Afferma infatti il concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica Dei Verbum sulla Divina Rivelazione: "La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli" (21). Questa interazione tra Parola di Dio e Corpo di Cristo come nutrimento e cibo quotidiano del discepolo di Cristo è tema ricorrente nella tradizione della Chiesa ed è adombrata con evidenza nella scelta fatta di queste due pagine che vengono offerte alla considerazione dei nostri lettori, ma anche nella storia del nostro prezioso manoscritto e sull'uso liturgico che di esso è stato fatto nei primi secoli della sua storia.
Scelgo tra i testi più significativi della tradizione patristica sulla Parola di Dio come nutrimento dell'anima, un brano di sant'Ambrogio di Milano: "Null'altro fa vivere l'anima razionale, se non la parola che le rivolge Dio. Come infatti il discorso di Dio cresce nell'anima nostra, quando esso viene accolto, capito, ritenuto, così anche cresce la vita dell'anima. E al contrario, come la parola di Dio vien meno nell'anima nostra, così succede che anche la vita dell'anima venga meno. Pertanto, come questa unione dell'anima e del corpo nostri è animata, nutrita e mantenuta dallo spirito vitale, così l'anima nostra è vivificata dalla parola di Dio e dalla grazia spirituale. Perciò dobbiamo cercare in ogni modo - come cosa primaria rispetto a tutto il resto - di radunare in noi le parole di Dio, di accumularle al centro del nostro essere, nei pensieri, nelle preoccupazioni, nelle attenzioni e nei nostri atti, affinché le nostre azioni corrispondano alle parole delle Scritture e il nostro agire non sembri discordare da tutta la serie dei precetti celesti. E possiamo anche noi dire: "La tua parola ci ha infuso la vita" (Salmi, 118, 50)".
L'assimilazione e la prolungata ruminazione della Parola di Dio porta di conseguenza ad un'adeguata condotta di vita. Significativo a questo proposito il riferimento all'Eucaristia e alla preghiera del Padre nostro nell'esortazione Sacramentum caritatis: "Il mistero dell'Eucaristia ci abilita e ci spinge ad un impegno coraggioso nelle strutture di questo mondo per portarvi quella novità di rapporti che ha nel dono di Dio la sua fonte inesauribile. La preghiera, che ripetiamo in ogni Santa Messa: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", ci obbliga a fare tutto il possibile, in collaborazione con le istituzioni internazionali, statali, private, perché cessi o perlomeno diminuisca nel mondo lo scandalo della fame e della sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo".
La scelta dei due passi, la cui splendida riproduzione dei rispettivi fogli è dovuta all'editore Testimonio Editorial di Madrid, non è casuale; è, invece, significativa e indovinata. Essa è stata voluta dal donatore del papiro, che al momento della pubblicazione dei Lineamenta della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 25 gennaio 2007, ha subito pensato ad un dono particolare da offrire al Santo Padre e in vista del Sinodo dei Vescovi.

(©L'Osservatore Romano - 25 ottobre 2008)

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