6 agosto 2007

8 per mille: cio' che Scalfari (e non solo) si e' dimenticato di scrivere...


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A proposito di un articolo di "Repubblica"

L'8 per mille equivocato Ristabiliamo la verità

Sac. Giovanni Nervo, Padova

Caro Direttore,
il quotidiano "La Repubblica" nel numero di giovedì 2 agosto ha pubblicato un articolo di Curzio Maltese dal titolo: "Le tasse e i silenzi della Chiesa", in cui si fanno pesanti accuse sul piano fiscale. Maltese parte da una risposta provocatoria alla domanda posta da Prodi: «Perché quando vado a Messa questo tema non è mai toccato nelle omelie?» e risponde: «Non sarà mai perché la Chiesa è la prima a non pagare le tasse?». Lascio a chi ha competenza giuridica e amministrativa la risposta alle pesanti accuse che seguono, anche se il professor Dalla Torre ha già dato ampia risposta in un precedente numero di "Avvenire", dopo la notizia che la Commissione europea aveva avviato un procedimento contro il governo italiano per il "regalo" dell'Ici alla Chiesa cattolica (Marco Tarquinio ha a sua volta avanzato delle controdeduzioni all'articolo di Maltese su "Avvenire" del 3 agosto, a pagina 2). Vorrei invece fare qualche osservazione sull'affermazione, ripresa dall'"Espresso", che «lo Stato italiano verserà al Vaticano quest'anno 991 milioni di euro dell'8 per mille». Purtroppo da alcuni anni l'8 per mille è presentato all'opinione pubblica, anche da autorevoli personalità ecclesiastiche, come una benevola concessione dello Stato italiano alla Chiesa cattolica come riconoscimento della funzione sociale che essa compie. Con un doppio pericolo: di rendere dipendente la Chiesa dai finanziamenti della Stato e di rendere precaria la sua situazione economica perché una maggioranza politica sfavorevole alla Chiesa può far modificare la normativa e togliere l'8 per mille.

Nessuno dice e informa la gente che lo Stato italiano, quando si è formato con l'unità d'Italia, ha sottratto forzatamente alla Chiesa italiana (sottrarre forzatamente dei beni a qualcuno in buon italiano si chiama "appropriazione indebita") i suoi beni, con cui provvedeva a se stessa senza chiedere nulla a nessuno.

Il Concordato del 1929 aveva trovato un compromesso e aveva impegnato lo Stato a restituire una parte dei beni tolti, in realtà una assai piccola parte, con la cosiddetta "congrua", già introdotta nel 1876 con la legge 3336 che aveva istituito il "fondo culto", cioè integrando il compenso ai sacerdoti titolari di parrocchie, là dove i proventi dei beni rimasti alla Chiesa, "i benefici", non erano sufficienti al loro mantenimento. L'aggiornamento e rinnovamento del Concordato fatto con il presidente del Consiglio Craxi nel 1984 sostituisce la forma della "congrua" con la nuova forma dell'8 per mille: il cittadino italiano sceglie liberamente, se vuole, di destinare l'8 per mille delle tasse che deve allo Stato a beneficio della Chiesa cattolica per il mantenimento del clero, per le iniziative pastorali e caritative, o di altre confessioni religiose, o alle iniziative assistenziali dello Stato. Ma c'è una differenza: nei confronti delle altre confessioni religiose è una liberalità dello Stato per la funzione sociale che svolgono, per la Chiesa cattolica invece è un parziale, molto parziale, risarcimento di quanto le è stato tolto. È da aggiungere che, assicurato il sostentamento del clero, una parte considerevole dell'8 per mille viene impiegata in attività caritative e di promozione umana. Cioè la Chiesa restituisce una parte dell'8 per mille in servizi. Per concludere, l'integrazione con l'8 per mille alla mia pensione di vecchiaia, che mi consente un tenore di vita modesto ma dignitoso, non è una benevolenza e un privilegio che mi viene concesso dallo Stato, ma un doveroso e saggio provvedimento della mia Chiesa che ho servito per 66 anni e che continuo a servire serenamente e gioiosamente. Gli italiani conoscono questa realtà storica? Dall'articolo di Curzio Maltese sembrerebbe di no. Del resto i mezzi di comunicazione sociale non ne parlano mai. La ringrazio e la saluto cordialmente

© Copyright Avvenire, 5 agosto 2007

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