2 agosto 2007

Polemica Prodi-Chiesa (2): le contraddizioni della politica


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IL BLOG DI ANDREA TORNIELLI

Messa tridentina: Mons. Mons.Salvatore Boccaccio scrive ai fedeli ed al Papa

Utilizziamo i libri come le api usano i fiori: esse traggono dai fiori solo quanto serve al miele e tralasciano il resto

Il Ratzinger dell'organo (Georg) e il Ratzinger dei libri (Joseph) di Angela Ambrogetti

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Chiesa e tasse: sinistra con Prodi, dubbi nei Dl

Le critiche del Professore alle omelie che «non toccano l'evasione». Casini: lunare

MILANO — Che l'argomento non fosse scontato, lo dimostra già il fatto che don Antonio Mazzi gli abbia dato ragione, «noi preti dovremmo essere più attenti ai veri problemi del Paese! » e il "laicista" Daniele Capezzone torto, «sono allibito». Di certo le parole di Romano Prodi a Famiglia cristiana, con relativa esortazione alla Chiesa perché si mobiliti contro l'evasione fiscale («Perché, quando vado a messa, questo tema non è quasi mai toccato nelle omelie?»), non sono passate inosservate. La polemica monta. E anche nel governo l'uscita di Beppe Fioroni, ministro (cattolico) dell'Istruzione, è sembrata più che altro una cauta presa di distanze: «Ritengo che ciascuno di noi debba fare fino in fondo il proprio dovere: ai politici spetta fare i politici, alla Chiesa fare la Chiesa». Stesso discorso per la teodem Paola Binetti: «Prodi fa bene a rimarcare il problema, ma non credo che la Chiesa non lo affronti abbastanza».
Per il resto è scontro. Con la Cdl scatenata, e basterebbe il tono sferzante di Pier Ferdinando Casini: «È molto singolare che il premier dica alla Chiesa quello che deve fare in campo fiscale. Evidentemente, ha una concezione lunare dei rapporti tra Stato e Vaticano». Del resto, aggiunge, «non è vero che non si senta mai un prete parlare contro l'evasione fiscale. A me, personalmente, è accaduto».
A sostenere la domanda «posta in forma rispettosissima e civile da Prodi» è stato anzitutto Franco Monaco, della Margherita, che da «praticante assiduo» fa notare come «il dovere fiscale non possa essere un tabù e interpelli tutte le agenzie educative, Chiesa compresa». Applausi anche dal verde Angelo Bonelli («chi esalta l'evasione danneggia i più deboli»), Massimo Donadi dell'Idv («richiamo giusto e sacrosanto »), Luigi Nieri del Prc («La Chiesa potrebbe essere utile») e dallo Sdi, che con Angelo Piazza polemizza: «E se anche la Chiesa pagasse le tasse? ».
L'opposizione, per contro, attacca le parole «inquietanti» del «cattolico adulto». Dall'azzurra Isabella Bertolini che vede Prodi «alla frutta» e gli suggerisce di «chiedere aiuto alle guardie svizzere anziché alla Guardia di Finanza» ad Alessandra Mussolini, «come può suggerire alla Chiesa ciò che deve dire?». Anche per l'udc Luca Volonté, il premier «viola apertamente quella laicità sempre invocata ». Mentre il leghista Roberto Calderoli, già che c'è, rilancia vaticinando «uno sciopero fiscale che nemmeno il buon Dio potrà fermare». Nella chiesa, monsignor Domenico Calcagno è prudente: «Concordo con Prodi sul fatto che bisogna pagare le tasse, ma la Chiesa si è occupata più volte di questo tema». Lo dice anche il cardinale Ersilio Tonini: «Pagare le tasse fa parte dell'insegnamento della Chiesa, rimproverarla come se avesse omesso un suo dovere mi pare fuori luogo». Don Gianni Baget Bozzo, invece, taglia corto: «Non è un tema da omelie. E comunque non pagare le tasse non è peccato».

© Copyright Corriere della sera, 2 agosto 2007

E' singolare come esponenti di partiti laicisti affermino che la Chiesa possa essere utile. Evidentemente se ne puo' servire a corrente alternata...peccato che alcuni esponenti politici abbiano la convinzione che gli elettori siano sciocchini...
R.


LA LETTERA

SAN PAOLO LO STATO E GLI EVASORI

Caro direttore, ho letto con molto interesse la bella e profonda intervista nella quale sul Corriere della Sera di ieri monsignor Bruno Forte ribadisce l'obbligo morale di compiere il proprio dovere di contribuente e la necessità di essere credibile da parte del legislatore che impone le tasse.
Tra gli argomenti, porta l'esempio di Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi che potevano chiedere alle loro nazioni sacrifici enormi perché erano credibili.
Non ho competenza riguardo a quanto fece Adenauer in Germania, ma posso affermare con sicurezza che anche ai tempi di De Gasperi, durante i quali gli italiani hanno saputo affrontare tanti sacrifici, l'evasione fiscale era in Italia un male diffuso.
Lo era in tutto il Paese e non solo nella categoria dei così detti «profittatori » post-bellici.
Basta leggere, a questo proposito, gli scritti di Luigi Einaudi.
E tutti ricordano ancora, a mezzo secolo di distanza, le violente polemiche contro la riforma fiscale del ministro Ezio Vanoni.
La verità è che il problema dell'evasione fiscale ce lo portiamo dietro fin dall'Unità d'Italia ed è questa la ragione principale per cui abbiamo insieme un peso fiscale troppo alto per le persone oneste e un pesante deficit nel bilancio dello Stato.
Finché il peso non sarà distribuito equamente fra tutti in proporzione dei loro redditi vi sarà sempre ingiustizia e mancherà all'Italia quel senso di solidarietà che condiziona il progresso di ogni paese moderno. È evidente che il governo sarà in grado di diminuire anche sensibilmente il peso fiscale nello stesso momento in cui diminuirà il livello di evasione.
È giusto cercare di capire le ragioni della gente (che spesso di ragioni ne ha tante) ma la responsabilità delle decisioni sui grandi problemi economici e fiscali spetta a coloro a cui è stata democraticamente affidata la responsabilità del governo.
E se non si pagano le tasse in modo equo «non si potranno mai aiutare le famiglie che non arrivano a fine mese né gli sposi giovani che non hanno né casa né lavoro stabile».
È evidente che i comportamenti dei governanti e dei legislatori influiscono enormemente sui comportamenti dei cittadini, ma è altrettanto evidente che l'obbedienza alle leggi è la condizione per l'esistenza di ogni convivenza civile.
Del resto, se non ricordo male, anche San Paolo esorta all'obbedienza nei confronti dell'autorità. Credo che utilizzi l'espressione quoque discolis, a significare che si deve obbedire alle regole dello Stato anche se dettate da «lazzaroni».
È qui in gioco l'esistenza stessa dell'autorità dello Stato, e quindi del bene comune, non tanto le figure dei singoli governanti.
È chiaro che noi, chiamati a responsabilità di governo, abbiamo prima di tutto l'obbligo di un comportamento etico irreprensibile (di non essere cioè lazzaroni), ma è altrettanto evidente che non è il singolo cittadino a poter decidere autonomamente quanto deve contribuire alla comunità in cui vive.
Credo che questa forma mentis, che, purtroppo ha trovato anche in tempi recenti qualche sponda politica, sia uno degli elementi che hanno impedito alla società italiana di crescere in modo ordinato, all'altezza dei paesi più moderni e più giusti.

© Copyright Corriere della sera, 2 agosto 2007


RISPONDE IL "GRANDE ACCUSATO":

Il parroco del premier: «Fisco? Sul pulpito parlo di Scritture»

Gian Guido Vecchi

MILANO —

Non è che per caso si è sentito chiamato in causa?

«Ma no, ma no. Io concordo sul dovere di pagare le tasse, ci mancherebbe. Ho nel cuore la dottrina morale e sociale che, tra l'altro, è pure la mia materia di insegnamento.
Però...».

Però, monsignore?

«Sa com'è, un'omelia dopo dieci minuti diventa lunga. E in quel tempo purtroppo non ci si può soffermare su temi specifici, ci sono insegnamenti e verità salvifiche più essenziali da annunciare ai fedeli. Perché è dalle Scritture che discende tutto il resto...».

Monsignor Stefano Ottani ha la voce piana e serena. «Sì, Romano Prodi viene a messa nella mia parrocchia », dice sobrio. Ma la chiesa dei santi Bartolomeo e Gaetano, sotto le due Torri e prossima alla casa del premier, è per Prodi la parrocchia d'adozione dai tempi di don Luciano Gherardi, sacerdote amatissimo a Bologna, poeta e scrittore vicino al cardinale Lercaro nonché, raccontò il Professore, «punto di riferimento intellettuale per noi, allora giovani docenti: Beniamino Andreatta, io...». Scomparso don Gherardi, nel '99, è stato don Ottani a raccoglierne l'eredità.

Non c'è tempo per parlare di tasse?

«Guardi, anche noi sacerdoti sentiamo la mancanza di occasioni non solo liturgiche per approfondire temi che hanno nei Comandamenti e nell'insegnamento biblico il loro fondamento».

Intende il settimo Comandamento?

«Certo: non rubare. Pagare le tasse è appunto una conseguenza dei fondamenti della fede. Ha a che fare con il servizio al bene comune come criterio che deve orientare tutta la vita sociale».

Ma quali potrebbero essere le occasioni che mancano?

«Una catechesi per gli adulti, ad esempio. Incontri formativi che mostrino l'attualità dei contenuti evangelici nelle tematiche civili e sociali. E ancora di più degli itinerari di teologia per dare una trattazione diffusa e specifica a temi così complessi. Purtroppo la partecipazione a tali iniziative non è così massiccia...».

Il vescovo Bruno Forte diceva che il fisco non sempre sembra equo.

«È questione di realismo: ci dev'essere una circolarità tra le tasse e i servizi forniti, soprattutto ai più bisognosi. Se c'è carenza di uno dei due elementi, il circolo virtuoso si blocca».

© Copyright Corriere della sera, 2 agosto 2007

Se la predica dura piu' di 10 minuti e' lunga? Io veramente resto allibita! Un sacerdote a me molto caro (purtroppo e' anziano e non sempre celebra Messa) tiene omelie molto lunghe ma bellissime. Nessuno fiata, tutti ascoltano il parroco che parla di Vangelo, di Dio, della bellezza del Cristianesimo. L'omelia dura anche mezzora! Nessuno si lamenta perche' non conta il tempo che si spende per ascoltare il sacerdote ma cio' che il sacerdote trasmette.
Raffaella

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Raffaella,

non è sui tempi che si può giudicare incisività e bellezza di un'omelia!!

Il Cardinal Biffi si è sempre vantato della sua fama di "predicatore rapido e breve"!!

Ti assicuro che Don Stefano è un ottimo parroco (omelie incluse!!), che non confonde mai il sacro con il profano. Le sue omelie durano di solito sui 15 minuti, e non commenta mai fatti di attualità, e giustamente si concentra sull'annuncio della Parola.
Mi viene da pensare che Don Stefano abbia voluto minimizzare i tempi dell'omelia per potere sottolineare che "ci sono insegnamenti e verità salvifiche più essenziali da annunciare ai fedeli". A me è sembrato un modo garbato per rimandare al mittente l'ennesima uscita sgraziata.

A titolo informativo: Prodi è stato assiduo frequentatore sino al 1999, poi dopo la scomparsa di Monsignor Gheredi si è visto molto più di rado...

Luigi, parrocchiano di San Bartolomeno e Gaetano in Bologna

Anonimo ha detto...

Grazie della precisazione, Luigi :-)
Siccome tu conosci bene Don Stefano puoi', piu' di tutti noi, portare la tua testimonianza. Da come ne parli, penso che la sua sia stata una semplificazione.
Grazie ancora.

brustef1 ha detto...

Semplicemente indegno, parla uno che ha passato due milioni di euro ai figli prima di riapplicare la tassa di successione anche a coloro che ereditano un appartamentino! E poi, perché questo appello solo ora e non durante il Governo Berlusconi, quando -a sentir lui e colleghi di coalizione- gli evasori impazzavano? Somma preveggenza, quella di Dante, nel porre i creatori di tesoretti in un certo girone...