8 gennaio 2008

Discorso del Papa al Corpo Diplomatico: il commento di Marelli (FOCSIV) e del filosofo Possenti (Radio Vaticana)


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Le grandi crisi internazionali, la difesa della vita, il dialogo interreligioso: il discorso a tutto campo di Benedetto XVI, al Corpo Diplomatico, ha destato ampia eco a livello internazionale. Molti media, inoltre, hanno legato le parole del Papa alla sua riflessione sulla globalizzazione sviluppata il giorno prima, nella Solennità dell’Epifania. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Le parole di Benedetto XVI al Corpo diplomatico hanno fatto, come si suol dire in questi casi, il giro del mondo. Tutti i principali media internazionali hanno dato spazio all’intervento del Pontefice mettendo, a seconda delle aree geografiche, l’accento su un tema piuttosto che un altro.
Il quotidiano cattolico francese La Croix ha titolato sul richiamo del Papa ad un “uso morale della scienza”, mentre “Le Monde”, riprendendo la France Presse, ha messo l’accento sull’esortazione del Papa a promuovere un dibattito globale sulla “sacralità della vita umana”.
L’agenzia Reuters, come anche in gran parte la stampa statunitense e “The Canadian Press”, evidenziano l’appello del Pontefice a far sì che le armi di distruzione di massa non finiscano in mano ai terroristi. Molti quotidiani titolano riprendendo le parole di Benedetto XVI sul Medio Oriente.
E’ il caso dell’agenzia di stampa kuwaitiana, KUNA, che sottolinea la contrarietà del Papa ad una soluzione parziale e unilaterale della crisi mediorientale.
Dal canto suo, il giornale spagnolo “ABC” richiama l’appello del Papa ad israeliani e palestinesi affinché diano seguito agli accordi di Annapolis. Il “Times” di Johannesburg sottolinea la preoccupazione del Papa per la crisi umanitaria nel Darfur, mentre l’“International Herald Tribune” si sofferma sull’appello del Papa per la pace in Kenya dopo le violenze dei giorni scorsi. Il venezuelano “El Nacional” riprende l’auspicio del Pontefice per un futuro migliore per il popolo cubano, mentre il quotidiano messicano “El Financiero” mette l’accento sull’attenzione riservata dal Papa alle popolazioni latinoamericane colpite da catastrofi naturali.
Da ultimo, il “Corriere della Sera” che, come la maggior parte dei giornali italiani, collega le parole del Papa sulla sacralità della vita al dibattito politico sull’aborto in corso in Italia.

Dunque, un discorso, quello del Papa, che ha sollecitato un ampio dibattito a livello internazionale. In uno dei passaggi chiave, Benedetto XVI ha affermato che la pace “non può essere una semplice parola o un'aspirazione illusoria. La pace è un impegno e un modo di vita”. Proprio da queste parole muove la riflessione di Sergio Marelli, direttore generale della FOCSIV, la Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario, intervistato da Fabio Colagrande:

R. - Da sempre, il Santo Padre ha sottolineato come la pace sia un’azione che deve essere costruita quotidianamente con degli stili di vita, con delle scelte quotidiane, attraverso le grandi politiche, ma anche attraverso l’assunzione a livello personale di piccole, quotidiane, continue scelte che possono andare o nella direzione della pace o nella direzione della violenza e del conflitto e quindi anche della guerra. Non è un caso che proprio il Santo Padre ricordi come l’adozione di uno stile di vita sobrio - così lui lo definisce - sia la via indispensabile per costruire la pace e per dare una garanzia di futuro a questo nostro mondo. Uno stile di vita sobrio, accompagnato dal serio impegno per un’equa distribuzione delle ricchezze, sono temi a noi carissimi, sono temi che fondano il nostro stesso impegno di volontari internazionali. Quando diciamo che le ricchezze non mancano, ma che c’è solo un problema di ridistribuzione di questa ricchezza attraverso gli uomini e le donne del pianeta, ci sentiamo in piena sintonia con Benedetto XVI.

D. - Il Papa è tornato a citare Paolo VI e, in particolare, la Populorum Progressio: lo sviluppo è il nuovo nome della pace. Sentirla citata dal Papa immagino abbia un significato particolare per voi?

R. - E’ il documento sul quale la FOCSIV è stata creata. La FOCSIV nasce proprio sull’onda della Pacem in terris di Giovanni XXIII e della Populorum Progressio di Paolo VI. Sono i due documenti fondanti che noi sentiamo come nostro DNA e come dei messaggi, dei principi ancora oggi assolutamente validi e attuali, con i quali continuiamo ad ispirare ed orientare la nostra azione. La pace deve essere costruita attraverso lo sviluppo.

D. - Il Papa ha voluto dare spazio anche all’impegno a favore della sicurezza. In questo caso, fa una richiesta specifica, uno sforzo congiunto da parte degli Stati per applicare tutti gli obblighi sottoscritti e per impedire l’accesso dei terroristi alle armi di distruzione di massa. Cosa pensa di questo passaggio?

R. - Mi sembrano delle parole molto chiare che, se posso liberamente tradurre, significano che occorre porre fine al commercio delle armi, perchè queste non finiscano nelle mani dei terroristi e possano essere usate per le drammatiche stragi con le quali i terroristi ormai insanguinano i nostri Paesi. Uno stop al commercio delle armi, la denuclearizzazione, una rinuncia alle munizioni a grappolo e alle mine antiuomo, sono anche questi dei messaggi altrettanto chiari e altrettanto in continuità con i predecessori. Quello che stupisce è che ancora a distanza di così tanti anni - dopo che i Pontefici continuano a richiamare questi principi - la politica e le politiche continuino a disinteressarsi e a non seguire questo insegnamento che ha una chiarezza eloquente.

Nel suo articolato intervento al Corpo Diplomatico, Benedetto XVI ha anche ribadito che “il diritto può essere una forza di pace efficace solo se i suoi fondamenti sono solidamente ancorati nel diritto naturale, dato dal Creatore”. Su questo richiamo, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del prof. Vittorio Possenti, docente di Filosofia politica all’Università di Venezia:

R. - Certamente, sia come Pontefice, sia in precedenza come cardinale, Benedetto XVI ci ha ricordato più volte l’importanza della legge morale naturale e del diritto naturale, che è il fondamento dei diritti umani. Quindi, il diritto più fondamentale, per così dire, che nutre tutti gli altri diritti, compreso il diritto internazionale è il diritto naturale. Benedetto XVI aggiunge una considerazione importante: “Non si può mai escludere Dio dall’orizzonte dell’uomo e della storia. Il nome di Dio è un nome di giustizia”. Sembra una considerazione di grande rilievo che fa giustizia di alcune posizioni “laicistiche” che vorrebbero procedere in tutte le questioni sociali, morali e politiche “etsi Deus non daretur”, cioè prescindendo da Dio, operando come se Dio non ci fosse.

D. - In un altro passaggio, il Papa ha detto: “Le nuove frontiere della bioetica non impongono la scelta fra la scienza e la morale, ma esigono piuttosto un uso morale della scienza”. Il Papa ancora una volta mostra che la fede non è nemica della scienza, ma certo non può accettare l’ideologia della scienza, lo scientismo...

R. - E’ un passaggio notevole, perché chiama in causa i grandi problemi bioetici nati a seguito delle grandi scoperte biotecnologiche. L’applicazione della tecnologia, dunque, alla radice stessa della vita umana. Si delinea pian piano questa idea che scienza e morale non siano tra loro opposte e che la morale abbia pieno diritto di regolare l’azione umana. Regolare l’azione umana significa anche indirizzare, regolare quel tipo particolare, molto importante di azione che è quella delle biotecnologie, delle scoperte della scienza. Consideriamo il problema fondamentale dell’embrione: difendendo il diritto alla vita, si potrebbe anche includere il diritto alla vita del concepito.

D. – La diplomazia è in un certo modo l’arte della speranza – ha detto Benedetto XVI al corpo diplomatico – un richiamo originale, se vogliamo. Il Papa della “Spe salvi”, dell’Enciclica sulla speranza, dice che la diplomazia, spesso percepita come l’arte del compromesso, è invece l’arte della speranza...

R. – E’ un cenno molto felice, che mi ha colpito favorevolmente. Noi, forse, come semplici cittadini, abbiamo qualche volte una precompresione negativa della diplomazia, come arte del mero compromesso. In realtà, la diplomazia può essere intesa in un senso più sano come un’arte delicata e difficile, anche molto inventiva e molto speranzosa: trovare ogni volta all’interno di gravi problemi una via d’uscita e di speranza.

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